Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Andy si racconta: «Io e la mia famiglia bianca e nera tra Vicenza e il Senegal»
Nata e cresciuta a Schio e a Cogollo, ha pubblicato un libro su di sè
VICENZA Due mamme, «una nera e l’altra bianca», due famiglie, una senegalese e l’altra vicentina; pochi chilometri di distanza a dividerle ma con un grande divario culturale. E una ragazzina ormai donna che si sente «contesa» da tutta una vita, alla ricerca di una propria identità. Che ha trovato e consolidato, anche attraverso la scoperta del suo Paese di origine, il Senegal, un viaggio affrontato quando ancora non era maggiorenne, nel 2014, a sedici anni. «Andando in Africa con tutti i pregiudizi di qui, scoprendo un’Africa bellissima, che – spiega - ho lasciato mi insegnasse chi sono e che cosa significa vivere». Lei è Ndeye Fatou Faye, Andy per tutti,
21enne nata a Schio da genitori immigrati, cresciuta tra la città laniera e Cogollo del Cengio, tra la famiglia d’origine e quella vicentina che le ha aperto le porte di casa e del cuore. Studentessa universitaria, è iscritta alla facoltà di Scienze dell’investigazione e della sicurezza all’università di Narni (Terni), inseguendo il sogno di diventare una detective. Del suo viaggio «fisico ma anche interiore, mentale alla ricerca di chi diventare, di un cambio di mentalità» ha fatto un libro. «Allergica al pesce, Hakuna Matata», edito da
S4M, «che è un po’ come dire che un italiano è allergico alla pizza, un veneto alla polenta» spiega la giovane quanto al titolo. Una sorta di diario introspettivo fatto di ricordi, il suo, in cui altri potrebbero rispecchiarsi. «È un libro scritto come un diario, in cui non mancano metafore e provocazioni anche su tematiche importanti come quelle del razzismo – fa sapere la giovane autrice – un libro che dedico soprattutto a chi come me è un italiano di seconda generazione, a chi vive tra due culture e continenti, chi cresce col dubbio di non sapere a che società appartiene e cerca la sua identità. Del resto la mia è la storia di tanti».
Ed ecco la sua esperienza, il viaggio che le ha fatto decidere chi voleva essere, oltre il colore della pelle, la religione, la società. «Io sono vissuta con due famiglie, contesa da una e dall’altra, da persone convinte che la loro sia la cultura giusta, che mi hanno fatto crescere con la propria mentalità». Così come per gli amici. «Quelli italiani non mi hanno mai fatta sentire diversa, mentre gli amici senegalesi pensano sia troppo integrata con gli italiani, “troppo italiana” – spiega – la verità è che ho avuto più allontanamenti e discriminazioni dai senegalesi». Insomma, un’esperienza di integrazione in tutte le sue sfaccettature. Quando le si chiede chi è lei oggi, chi si sente, Ndeye Fatou Faye, che parla anche in dialetto vicentino, dice convinta: «Riconosco di essere più vicina alla cultura veneta perché sono cresciuta in Veneto ma non rinnego le mie origini senegalesi. Avere due culture è qualcosa che va a mio vantaggio, essere italiana di seconda generazione per me è assolutamente una fortuna». E agli altri figli di immigrati nati in Italia come lei augura «di essere felici, ma soprattutto coraggiosi, in una società dove ancora c’è chi non è pronto per noi, noi dobbiamo essere leoni».