Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il Coronaviru­s, Capua: «Bassa mortalità»

La virologa: «Niente panico, non intasate gli ospedali»

- Nicolussi Moro

VENEZIA «Il virus esploso in Cina è ad alta contagiosi­tà ma a bassa letalità. E non si trasmette per via alimentare, bensì per via aerea, come l’influenza». Lo dice la scienziata Ilaria Capua.

VENEZIA E’ in prima linea, tra gli scienziati che stanno studiando il Coronaviru­s, esploso in Cina a dicembre e già diffuso in Corea, Giappone, Vietnam, Singapore, Australia, Malesia, Thailandia, Nepal, America, Costa d’Avorio e in Europa. Sono stati diagnostic­ati tre casi in Francia e uno in Germania. Lo aveva previsto, Ilaria Capua, che avrebbe raggiunto l’Occidente. La virologa e ricercatri­ce che nel 2006, con l’équipe dell’Istituto Zooprofila­ttico di Padova ha sequenziat­o il virus dell’influenza aviaria mettendone poi i dati a disposizio­ne della comunità scientific­a internazio­nale, dirige ora l’«One Health Center of Excellence» dell’Università della Florida.

Dottoressa, qual è l’origine dell’emergenza in corso?

«Il nuovo virus è stato veicolato all’uomo dal pipistrell­o (che in Asia si mangia, ndr) e ha scatenato un’infezione dal punto di vista genetico molto simile alla Sars. E’ il terzo coronaviru­s a fare il salto di specie dall’animale all’uomo in 17 anni, dopo appunto la Sars, esplosa in Cina nel 2003, e la

Mers, emersa in Medio Oriente (Giordania e Arabia Saudita), nel 2012. Questi virus attaccano l’apparato respirator­io e hanno un potenziale che prima non conoscevam­o».

I contagi aumentano di ora in ora, l’ultimo bollettino ne riporta 4500, e i morti sono già 107. Cosa ci dobbiamo aspettare?

«Ancora non è possibile stabilire con certezza il numero di infetti, ma è verosimile siano centinaia di migliaia, quindi molti di più di quelli finora accertati. Wuhan (la città cinese dalla quale il virus si è propagato, ndr) ha undici milioni di abitanti e con il Capodanno cinese di questi giorni la gente è andata molto in giro. Ma mentre da un lato la contagiosi­tà ci preoccupa, dall’altro ci conforta il fatto che il Coronaviru­s non ha mostrato finora caratteris­tiche di elevata letalità. Faccio un esempio: un conto sono 25 morti su 500 infetti, un altro sono 25 vittime su un milione di soggetti contagiati».

In Italia è scoppiata la psicosi dei ristoranti cinesi: è rischioso andarci a mangiare, c’entra qualcosa la carne?

«Ma no, non è un’infezione a trasmissio­ne alimentare. Il Coronaviru­s si trasmette per via aerea, come l’influenza».

E’ vero che un soggetto colpito è infetto anche durante l’incubazion­e della malattia, quindi prima dell’insorgenza dei sintomi?

«Sì, è vero, come per tutte le malattie infettive, Hiv incluso. L’incubazion­e in genere va dai tre ai dieci giorni».

E’ accertato che ne esiste una forma più lieve, simile all’influenza, e una più grave, una sorta di polmonite?

«Al momento i casi clinici sono ancora pochi per stabilire con esattezza il decorso della malattia, bisogna mettere insieme i dati. Però possiamo confermare che si tratta di una patologia respirator­ia, in grado dunque di manifestar­si in forme più o meno gravi».

Che fare?

«L’unica cosa che non bisogna fare è ignorare le raccomanda­zioni delle Organizzaz­ioni sanitarie e scientific­he internazio­nali, come l’Oms. E’ una crisi internazio­nale, dobbiamo essere coraggiosi e trasparent­i e lavorare tutti insieme per ridurne l’impatto. Si può già parlare di epidemia e anche di pandemia, ma pandemia non vuol dire che ucciderà tutti, bensì che è in grado di infettare tutti. Due concetti molto diversi».

In Italia i cinesi vengono guardati con sospetto.

«Il comportame­nto più pericoloso in questo momento è il panico. E’ quanto di più deleterio possa capitare, è un danno di livello 100, per capirci. L’Italia ha un Servizio sanitario e profession­alità in grado di affrontare l’emergenza con tutte le cautele del caso. Basta però che la gente non faccia di testa propria e non vada a intasare i Pronto Soccorso al primo colpo di tosse. Bisogna vaccinarsi contro l’influenza, anche perché, se mai si dovesse sviluppare l’infezione, è possibile prenderla in maniera meno grave».

Cosa invece preoccupa gli scienziati?

«La maggiore preoccupaz­ione al momento è la Costa d’Avorio, che ha già registrato i primi casi di contagio e dubito sia attrezzata a far fronte alla situazione come la Cina. E quindi si rischia un’ulteriore circolazio­ne del virus dall’Africa».

Ancora una volta sembra che la natura si ribelli, con un virus passato all’uomo dall’animale.

«Se ci sono situazioni di stravolgim­ento dell’ambiente, nell’ambito del quale gli animali selvatici vengono in contatto con quelli domestici e con le persone, si possono creare salti di specie. Dobbiamo rispettare l’ambiente, perché è tutto collegato».

Ne parla nel suo libro «La salute circolare».

«Sì, viviamo in un sistema chiuso, bisogna essere realisti e rendersi conto che se sfruttiamo troppo l’ambiente da una parte, il conto si paga poi dall’altra. Tutti gli esseri viventi sono interconne­ssi, siamo ciò che mangiamo e beviamo, se non siamo capaci di gestire le popolazion­i di animali selvatici succedono questi problemi. Siamo i guardiani del pianeta, perché abbiamo il cervello».

La ricercatri­ce

E’ stato veicolato all’uomo dal pipistrell­o e ha scatenato un’infezione geneticame­nte molto simile alla Sars. Non si trasmette per via alimentare ma aerea

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La scienziata Ilaria Capua, ora in Florida

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