Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
IL LAVORO SENZA LAVORATORI
Il capitale umano è ormai l’emergenza numero uno del Nordest. La meglio gioventù fa le valigie per andare all’estero (ma spesso e volentieri si ferma semplicemente a Milano o a Bologna) e contemporaneamente le imprese non riescono a trovare il personale di cui hanno bisogno. Certo, la questione non è nuova. Ma il Veneto che vuole uscire dalla stagnazione e tornare a correre deve assolutamente spezzare questo circolo vizioso. Per una ragione molto semplice: se non si favorisce il ricambio generazionale, se non si valorizzano le nuove competenze, se anche in epoca di robot non si capisce l’importanza del fattore umano, il destino di un territorio non può che essere il declino. A mettere il dito nella piaga ha pensato stavolta la Cgia di Mestre, partendo dalle assunzioni programmate dalle imprese nei primi mesi del 2020, così come risultano nel sistema Excelsior di Unioncamere e Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro). Il Nordest svetta nella classifica delle difficoltà nel reperire manodopera. In testa figura il Friuli Venezia Giulia, seguito dal Trentino Alto Adige. Il Veneto è in quarta posizione (terza l’Umbria): il 38,8% dei
45.900 posti previsti sono a rischio o per mancanza di candidati a coprire le posizioni proposte (20,2%) o per la scarsa preparazione dimostrata nei colloqui
(14,9%). Siamo ben oltre la media nazionale, pure allarmante: 151 mila posti difficili su 461 mila, pari al
32,8% del totale.
Se si scende a livello provinciale, la situazione è persino peggiore: Vicenza è terza, Treviso sesta: quasi un’assunzione su due appare problematica. Riallineare domanda e offerta di lavoro è centrale per la crescita. Mancano camerieri, cuochi, camionisti (e presto o tardi occorrerà affrontare il tema dell’indispensabilità degli immigrati per una serie di mansioni). La vera merce rara, però, sono le nuove figure professionali legate a digitale e industria 4.0: ingegneri, programmatori, data analyst, tecnici specializzati nella conduzione dei moderni macchinari iperconnessi. L’intero sistema della formazione va ripensato. E in fretta. Ridisegnando i rapporti tra scuola e impresa guardando in particolare all’esperienza degli Its (Istituti tecnici superiori), dove i tassi di occupazione a un anno dal diploma superano l’80%. Lo stesso mondo delle imprese, tuttavia, dovrebbe fare un esame di coscienza. L’Osservatorio JobPricing (gruppo Adecco) colloca il Veneto solo al settimo posto per peso delle buste paga: il reddito annuo lordo medio dei dipendenti privati è di 29.473 euro, appena sopra i 29.352 della media nazionale. Fanno meglio Piemonte, Liguria, Emilia, Lazio, Trentino Alto Adige e Lombardia, in testa con 31.472 euro. Duemila euro fanno la differenza, specie per chi si affaccia al mondo del lavoro. Altro che bamboccioni.