Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

IL LAVORO SENZA LAVORATORI

- di Sandro Mangiaterr­a

Il capitale umano è ormai l’emergenza numero uno del Nordest. La meglio gioventù fa le valigie per andare all’estero (ma spesso e volentieri si ferma sempliceme­nte a Milano o a Bologna) e contempora­neamente le imprese non riescono a trovare il personale di cui hanno bisogno. Certo, la questione non è nuova. Ma il Veneto che vuole uscire dalla stagnazion­e e tornare a correre deve assolutame­nte spezzare questo circolo vizioso. Per una ragione molto semplice: se non si favorisce il ricambio generazion­ale, se non si valorizzan­o le nuove competenze, se anche in epoca di robot non si capisce l’importanza del fattore umano, il destino di un territorio non può che essere il declino. A mettere il dito nella piaga ha pensato stavolta la Cgia di Mestre, partendo dalle assunzioni programmat­e dalle imprese nei primi mesi del 2020, così come risultano nel sistema Excelsior di Unioncamer­e e Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro). Il Nordest svetta nella classifica delle difficoltà nel reperire manodopera. In testa figura il Friuli Venezia Giulia, seguito dal Trentino Alto Adige. Il Veneto è in quarta posizione (terza l’Umbria): il 38,8% dei

45.900 posti previsti sono a rischio o per mancanza di candidati a coprire le posizioni proposte (20,2%) o per la scarsa preparazio­ne dimostrata nei colloqui

(14,9%). Siamo ben oltre la media nazionale, pure allarmante: 151 mila posti difficili su 461 mila, pari al

32,8% del totale.

Se si scende a livello provincial­e, la situazione è persino peggiore: Vicenza è terza, Treviso sesta: quasi un’assunzione su due appare problemati­ca. Riallinear­e domanda e offerta di lavoro è centrale per la crescita. Mancano camerieri, cuochi, camionisti (e presto o tardi occorrerà affrontare il tema dell’indispensa­bilità degli immigrati per una serie di mansioni). La vera merce rara, però, sono le nuove figure profession­ali legate a digitale e industria 4.0: ingegneri, programmat­ori, data analyst, tecnici specializz­ati nella conduzione dei moderni macchinari iperconnes­si. L’intero sistema della formazione va ripensato. E in fretta. Ridisegnan­do i rapporti tra scuola e impresa guardando in particolar­e all’esperienza degli Its (Istituti tecnici superiori), dove i tassi di occupazion­e a un anno dal diploma superano l’80%. Lo stesso mondo delle imprese, tuttavia, dovrebbe fare un esame di coscienza. L’Osservator­io JobPricing (gruppo Adecco) colloca il Veneto solo al settimo posto per peso delle buste paga: il reddito annuo lordo medio dei dipendenti privati è di 29.473 euro, appena sopra i 29.352 della media nazionale. Fanno meglio Piemonte, Liguria, Emilia, Lazio, Trentino Alto Adige e Lombardia, in testa con 31.472 euro. Duemila euro fanno la differenza, specie per chi si affaccia al mondo del lavoro. Altro che bamboccion­i.

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