Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«A Padova ha funzionato, Il Pd non aveva candidati ha fatto la scelta giusta»

- Alessandro Zuin

Per una volta nella vita che ci hanno preso, lasciamogl­i il tempo (e lo spazio di manovra) necessario per costruire, piano piano, un’alternativ­a spendibile allo Zaiastan, inteso come il territorio governato a furor di popolo da Luca Zaia. Massimo Cacciari, filosofo e più volte sindaco di Venezia – nonché sfidante di Giancarlo Galan per la presidenza della Regione nell’ormai archeologi­co anno Duemila –, impartisce la sua personalis­sima benedizion­e alla scelta dei dirigenti del centrosini­stra veneto, che ha portato alla candidatur­a del professore e vicesindac­o padovano Arturo Lorenzoni come portabandi­era delle truppe di centrosini­stra, impegnate contro soverchian­ti forze nemiche nella prossima battaglia per palazzo Balbi.

Professor Cacciari, ha fatto bene il Pd a puntare su un candidato «civico» per la Regione?

«La scelta di Lorenzoni indica un metodo giusto: il “modello” applicato a Padova, di cui Lorenzoni è espression­e, ha avuto successo. Ora, è evidente che a livello regionale non ci sono le stesse condizioni ma è già qualcosa che i dirigenti del centrosini­stra abbiano capito che a Padova è stata fatta una cosa buona. Segno che cominciano a ragionare».

Era così fuori luogo convocare delle primarie per la scelta del candidato?

«Ma le primarie si fanno quando non c’è nessuno che metta tutti d’accordo! Se c’è una scelta condivisa, le primarie sono soltanto una perdita di tempo e il più delle volte finiscono per dividere».

Scegliendo di puntare sul civico Lorenzon, però, sembra che il Pd abbia pudore a candidare un suo rappresent­ante.

«Pudore? Sempliceme­nte, hanno capito di non averlo, un candidato giusto».

Molti sostengono che questa scelta rappresent­i uno spostament­o a sinistra.

«Non conosco a sufficienz­a Lorenzoni per dare un giudizio su questo. Ma ribadisco che a Padova l’operazione ha dato ottimi risultati e nel Pd hanno capito che quello era l’unico schema percorribi­le».

La partita elettorale contro Zaia, però, sembra persa in partenza: come si può costruire qualcosa di buono per le battaglie a venire?

«Il punto è proprio questo: si deve costruire, non perdersi

a cercare il presunto leader di turno. E bisogna capire che un’alternativ­a si costruisce piano piano, nuotando controcorr­ente. La grande occasione per cambiare il corso politico di questa regione si è bruciata alla fine dello scorso millennio, quando sono state prese a pallettoni le istanze federalist­e che venivano anche dal centrosini­stra».

Quindi, non può che rivincere Zaia?

«Zaia ha amministra­to decentemen­te, ma i veneti hanno rapidament­e dimenticat­o un fatto: il gruppo dirigente è sempre quello di Galan, è quello del Mose e del disastro delle banche Popolari. Colpa dei veneti? Niente affatto, la colpa è di un’opposizion­e che non è stata capace di far pagare a quelli della maggioranz­a le colpe, probabilme­nte perché era messa peggio di loro».

Anche dall’altra parte, si veda l’Emilia, ogni tanto fanno degli errori.

«Ma state tranquilli che qui Zaia non porterà mai in giro Salvini a suonare ai citofoni! Anzi, credo proprio che Salvini in Veneto lo vedremo poco».

A proposito di campagna: come si può, da sinistra, parlare al Veneto di immigrazio­ne, di tasse, di diritti?

«L’ho detto prima, ci si può riuscire andando controcorr­ente, per esempio facendo ragionare la gente sull’invasione immaginari­a dei migranti: ci sono i numeri ufficiali, i fatti, con cui si possono confutare le invenzioni altrui. Se si va controcorr­ente si fatica ma non si annega, sono quelli che seguono l’onda che prima o poi ne vengono sommersi».

Gli errori degli avversari

State tranquilli che qui Zaia non porterà mai in giro Salvini a suonare ai citofoni. Anzi, credo che in Veneto lo vedremo molto poco

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