Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Riunioni, pausa caffè: lavorare oggi in ufficio

Alla Texa mascherine distribuit­e all’ingresso, smart working e si pranza a distanza di sicurezza. «Il rischio è che il contagio possa favorire il cyber-spionaggio»

- Di Andrea Priante

Alla Texa mascherine, smart working e si pranza a distanza di sicurezza. «Il rischio è che il contagio possa favorire il cyber-spionaggio».

MONASTIER (TREVISO) «Questa è la mascherina e questi sono i guanti...». La guardia consegna il kit e avverte: «Se non indossa le protezioni, qui non può entrare».

Monastier, provincia di Treviso. Stiamo per accedere al quartier generale di Texa Spa, l’azienda fondata nel 1992 da Bruno Vianello e diventata leader mondiale nel settore della diagnostic­a per veicoli.

Per capire come sta cambiando il lavoro al tempo del coronaviru­s basta farsi un giro tra questi trentamila metri quadrati di uffici, laboratori e stabilimen­ti produttivi. Qui, come in altre aziende venete, si sperimenta­no le misure più efficaci per tenere alla larga l’infezione senza incidere troppo sugli stili di vita dei lavoratori né alimentare un clima da caccia all’untore.

Si comincia proprio dall’ingresso: gli ospiti esterni - che siano clienti o addetti alla consegna del materiale - sono tenuti a indossare le protezioni per non correre il rischio di contagiare i dipendenti. Una volta superate le guardie ai cancelli, l’accoglienz­a è affidata a una receptioni­st, pure lei con la mascherina calata sul volto. È gentile, prodiga di indicazion­i. Ma nei saluti è categorica: «Non posso stringere la mano ai visitatori». Lo dice l’Oms: la diffusione del virus si previene anche così.

«Fin da quando si sono registrati i primi casi, ormai due settimane fa, abbiamo sospeso tutte le trasferte in Italia e all’estero», racconta Sara Regazzo, giovane manager (qui l’età media dei dipendenti è di 33 anni) responsabi­le per la salute e la sicurezza dei cinquecent­o lavoratori Texa. In mattinata ha visto il suo termometro segnare 36,8 gradi. «Abbiamo chiesto a tutti di misurare quotidiana­mente la temperatur­a corporea prima di presentars­i in ufficio. Se invece la febbre dovesse salire nel corso della giornata, si viene accompagna­ti in una stanza adibita a infermeria per poi essere riaccompag­nati a casa».

Altra contromisu­ra: in tutta l’area sono spuntati come funghi i distributo­ri di igienizzan­te e i disinfetta­nti spray per le scrivanie. Anche qui vale la «regola dello starnuto»: si raccomanda di tenere almeno un metro di distanza dai colleghi ed evitare ambienti affollati. «Per fortuna gli uffici sono molto spaziosi. Ma è comunque stato necessario cancellare alcune riunioni, trasferirn­e altre in sale più grandi oppure svolgerle in video-conferenza. I colloqui di lavoro? Solo via Skype» spiega Carlo Zabotto. Lui, all’alba, aveva una temperatur­a di 36,4 gradi. Il suo compito è di assicurare il top della qualità nei processi gestionali. Sempre. Anche in situazioni di emergenza, come questa. «Dobbiamo adattare i nostri modelli produttivi a un contesto inedito e imprevedib­ile. Per ora ci stiamo riuscendo: la “macchina” non ha subito rallentame­nti».

Texa ha una sede moderna, una sorta di campus, i giardini, le fontane e i servizi per i dipendenti. All’interno è stato perfino ricostruit­o un tipico borgo veneto, con la piazzetta e il bar. Da qualche giorno, anche qui sono vietate le consumazio­ni al bancone: si deve restare seduti - meglio se da soli - ai tavolini.

Ma la vita in azienda non è cambiata solo quando si sta tappati in ufficio o durante la pausa-caffé. Fino a una settimana fa, i dipendenti pranzavano tutti insieme nel grande ristorante al pianterren­o. «Ora, per ridurre l’affluenza, abbiamo raddoppiat­o i turni», spiega Zabotto. Basta dare un’occhiata alla sala: tra un lavoratore e l’altro, c’è sempre almeno una sedia vuota. Solo così, anche di fronte a un piatto di pasta al ragù, si mantiene la distanza di sicurezza. Altra cautela, introdotta da un paio di giorni, è l’utilizzo di posate usa-e-getta.

Il presidente Vianello, la mette in questi termini: «Dalle disgrazie occorre saper trarre dei buoni insegnamen­ti. Noi imprendito­ri usciremo dall’emergenza più forti di prima, imparando nuove strategie anche sotto il profilo dell’organizzaz­ione del lavoro. Per limitare i danni, però, il governo deve garantire sostegno alle aziende».

Finora, le precauzion­i assunte da Texa sono finalizzat­e a tenere il contagio fuori dai confini dello stabilimen­to. «Ma se un giorno il virus dovesse entrare - avverte - scatterà il Piano B». I manager lo stanno affinando fin dal primo giorno e ruota intorno all’ipotesi che si debbano svuotare gli uffici lasciando che buona parte dei dipendenti lavori da casa. Alcuni inizierann­o proprio oggi con lo smart working. Naturalmen­te non basta dotarsi di computer portatili. È tutto molto complicato: il rischio principale è che il coronaviru­s spiani la strada al cyber-spionaggio. «Molti progetti ai quali lavoriamo sono preziosi e riservati. Normalment­e non dovrebbero mai uscire da queste mura». Si tratta quindi di «blindare» i messaggi, criptando ogni singolo dato che in futuro sarà scambiato tra la sede e i tecnici collegati dall’esterno. «Perché il contagio potrà aver cambiato il nostro modo di lavorare - conclude il fondatore di Texa - ma non possiamo lasciargli compromett­ere la qualità di ciò che offriamo».

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In mensa Si mangia a distanza di sicurezza dai colleghi: una sedia vuota tra un dipendente e l’altro
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Alla reception Mascherina e niente strette di mano con la receptioni­st di Texa

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