Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
L’ora più buia vista da Pablito: «È molto triste senza il calcio però la partita vera è un’altra»
Il campione del mondo: «Fermarsi era giusto, facciamo la nostra parte»
Come tutti sta vivendo questo momento così particolare e difficile da casa. Perché a suo modo il coronavirus è «democratico», non guarda in faccia a nessuno. Nemmeno a un fuoriclasse assurto al ruolo di «padre della patria» calcistica. Limitando i movimenti allo stretto indispensabile e cercando di informarsi, di capire come evolve la situazione. Il calcio, ora, passa del tutto in secondo piano. Ma gli effetti, immediati e futuri anche sul sistema del pallone, nazionale e non solo, si sono già visti e si vedranno. E allora vale la pena di parlarne con Paolo Rossi, il grande attaccante del Real Vicenza di Gibì Fabbri, il Pablito azzurro, eroe italico ai Mondiali di Spagna 1982 e mito assoluto con la tripletta al Brasile, al Sarria di Barcellona.
Rossi, come sta vivendo questi momenti?
«Penso un po’ come tutti, chiuso in casa e con una certa preoccupazione... Non pensi mai che ti possa toccare da vicino e invece quando l’emergenza arriva devi riposizionarti. Magari ci sarà anche utile, chi può dirlo? Lo dico un po’ per sdrammatizzare ma forse riusciremo a recuperare un modo di vivere meno frenetico e convulso».
Stiamo vivendo tutti giorni davvero complicati...
«Assolutamente sì. Certo è che sarà una batosta anche a livello economico, senza contare l’aspetto umano di tutta la vicenda, E penso anche a chi vive questo in prima linea, medici e personale sanitario. Veri eroi. A noi tocca fare la nostra parte, è questa ora la partita da vincere. E insieme ne usciremo».
Intanto il calcio si è fermato in Itaia e in Europa, una cosa che sembrava impossibile a pensarci solo qualche settimana fa. Che effetto le fa, da ex calciatore e attuale dirimo
gente del Vicenza?
«Era impensabile, sì... Il calcio è anche una valvola di sfogo alle nostre emozioni, un divertimento. E per di più offre lavoro a tantissime persone. Ho visto le ultime partite giocate a porte chiuse, una tristezza infinita».
Certo è che non si poteva trovare altra soluzione, per poi arrivare addirittura al blocco totale.
«Certo, strada obbligata. Ma non posso non pensare che il calcio è uno spettacolo: giocarlo senza pubblico è triste. Ma poi abbiamo visto che il virus è piombato anche nel mondo dello sport e quindi sì, si doveva fermare tutto. Giusto così».
Lei ha vissuto da calciatore periodi tra i più tristi in Italia, dal terrorismo alle stragi, eppure mai nemmeno lontanamente si era pensato a un fer
del calcio...
«Questo fa capire quanto grave sia l’emergenza che stiamo vivendo...».
Venendo per un attimo alla parte agonistica, per quanto ora lontana, facciamo un rapido excursus sulle venete: sarà dura riprendere?
«Beh, sarà dura per tutti. In A il Verona sta facendo un grande campionato, una bella squadra e un tecnico capace come Juric, nessuno ci avrebbe scommesso».
Anche in serie B tutti avevano un obiettivo ben preciso: salvezza, playoff o serie A diretta.
E adesso?
pezzo «Adesso al meglio. bisogna Il Venezia stare deve sul rimettersi in corsa mentre Cittadella e Chievo possono pensare ai playoff per la serie A, come minimo». Rossi, e il suo Vicenza capolista in serie C?
«Io mi auguro che il campionato riprenda. Noi puntiamo dritti alla serie B ma comunque si decida ritengo che promozioni e retrocessioni vadano assegnate».
Lei parlava di “stare sul pezzo”: quanto è difficile per un calciatore restare a casa un mese, forse più, e rimanere concentrato?
«Molto, il calcio è lo sport di squadra per eccellenza, tutto il suo essere richiama il gruppo e il collettivo. Bisogna essere bravi e professionisti fino in fondo».