Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Verona, il trend record «Noi preparati anche a scenari più critici»

- di Davide Orsato

I numeri che la Regione rende pubblici due volte al giorno lo evidenzian­o da giorni: Verona è la provincia (e la città) che più di ogni altro territorio, in Veneto, è alle prese con un aumento di casi di Covid 19. Una tendenza, purtroppo, rispettata anche ieri, con una «curva di crescita» che punta al 25% giornalier­o, ben oltre la media regionale, che è al 15%.

I casi emergono mano a mano: nonostante l’impegno della Regione nell’aumentare i tamponi, ancora in molti sono a casa con sintomi senza sapere se hanno contratto il virus oppure no. Sono casi, quelli diagnostic­ati in questi giorni, che pur non avendo richiesto un ricovero ospedalier­o, statistica­mente potranno avere in parte delle complicanz­e. E che potranno, quindi, finire in corsia. Giusto ricordare i numeri: si tratta di 645 positività rilevate da fine febbraio, circa duecento solo nelle ultime 48 ore. A Verona, città popolosa, certo, ma più colpita di tutto il Veneto, ce ne sono oltre un terzo, 245. La domanda è d’obbligo: cosa succederà nei prossimi giorni negli ospedali cittadini? A dare la risposta, non facile, sono Francesco Cobello, direttore dell’azienda ospedalier­a, ed Evelina Tacconelli, direttrice dell’unità di Malattie infettive. «Come tutte le altre strutture ospedalier­e – afferma Cobello – ci stiamo dando un’organizzaz­ione flessibile, mediata da un’unità di crisi. Si ragiona giorno per giorno Non è facile

” Cobello Come tutte le strutture ospedalier­e ci stiamo dando un’organizzaz­ione flessibile Si ragiona giorno per giorno non è facile

essere ottimisti in una situazione del genere, ma allo stato attuale la nostra azienda ha dimensioni attuali da poter reggere garantendo standard ordinari. La situazione è in continua evoluzione, ci basiamo su ogni possibile ipotesi di peggiorame­nto».

In questo gioca un ruolo importante il Polo Confortini, l’ospedale chirurgico che, grazie all’alto numero di terapie intensive, potrebbe attivare dei posti d’emergenza. «In questo momento - prosegue Cobello - contiamo, tra Borgo Trento e Borgo Roma, 35 posti letto di terapia intensiva occupati da pazienti Covid. Ce ne sono altri venti liberi e altri potenzialm­ente attivabili».

Per quanto riguarda i pazienti veronesi più gravi, si conferma quell’ «identikit» merso anche negli altri ospedali. «Sono in gran parte maschi, quasi tutti ultrasessa­ntenni e con patologie pregresse», afferma Tacconelli. Certo, come è emerso, ci sono le eccezioni, che possono anche deviare molto dalla “regola”. «I due pazienti più giovani che abbiamo avuto – precisa la direttrice della clinica di Malattie infettive – avevano 25 e 30 anni: sono già stati dimessi». Quanto tempo ci vuole per guarire? «Nei casi non sia necessaria la terapia intensiva, i giorni di ricovero sono quattro – cinque, altrimenti si estendono attorno alle due settimane», precisa Tacconelli. Ma le prime dimissioni, non poche (28) ci sono già state. «Una volta a casa – sottolinea Cobello – è necessario prolungare l’isolamento. Nel caso di anziani soli questo può essere un problema. Ecco perché è importante proseguire con l’individuaz­ione di strutture per la quarantena» .

Capitolo contagi: i numeri di Verona, come si diceva, sono ora tra i più alti del Veneto, a livello comunale i più alti in assoluti. C’è timore di un acluster», ossia di un focolaio cittadino. «Quando si guardano dati di questo tipo – è la lettura di Tacconelli – non ci si può fermare solo al conteggio numerico. Dalle analisi epidemiolo­giche che abbiamo potuto fare sul nostro territorio, non emerge una discordanz­a rispetto al resto della Regione. I casi appaiono sparsi e non c’è evidenza certa di un contagio locale. Ci sono tantissime variabili da prendere in consideraz­ione e potremo farci un’idea più precisa solo con il passare dei giorni”.

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Cobello, direttore dell’azienda ospedalier­a. «Organizzaz­ion e mediata da una unità di crisi»
I Francesco vertici Cobello, direttore dell’azienda ospedalier­a. «Organizzaz­ion e mediata da una unità di crisi»

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