Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Commesse in trincea «Dateci più protezione»
VENEZIA Dopo medici, infermieri e forze di soccorso, l’altro fronte dell’emergenza è quello difeso da commesse e cassiere dei supermercati veneti, presi d’assalto fin dalla prima avvisaglia di epidemia. «Dateci più protezione». «Serve la chiusura domenicale».
Lo smart working non sanno neppure cosa sia, ogni giorno si trovano faccia a faccia con centinaia - se non migliaia - di persone e, come se non bastasse, da settimane sentono gli altri lamentarsi della «noia da quarantena», mentre loro hanno dovuto raddoppiare gli sforzi ben prima che si arrivasse a dichiarare tutta Italia zona rossa. Dopo medici, infermieri e soccorsi, l’altro fronte dell’emergenza è quello di commesse e cassiere dei supermercati.
La «linea Maginot» delle porte a vetri degli alimentari, dove si ammassano - in file distanziate - le «truppe» anticipa scaffali da riempire schivando i carrelli in corsie larghe poco più di un metro e mezzo, casse disposte a spina di pesce dove è impossibile tenere a distanza il cliente, figuriamoci il collega seduto a fianco. Guai a pretendere il rispetto delle normative: nel clima di nervosismo generale si rischia il casus belli. E infatti, nei giorni scorsi, hanno cominciato a chiudere i primi punti vendita «positivi»: basta un solo tampone per abbassare una saracinesca due settimane, come è capitato a un mini market di Venezia, in
Strada Nova.
«Ci sono ancora negozi dove al personale si consegnano mascherine fatte in casa, ricavate da panni statici antipolvere - denuncia Nicola Pegoraro, segretario di Fisascat Cisl - Se le cose non cambieranno faremo arrivare lo Spisal». Le catene più attente hanno ovviato alla penuria di dispositivi di protezione individuali montando davanti ai cassieri delle lastre di plexiglass, come negli sportelli pubblici, nelle farmacie e in molte tabaccherie: Coop Alleanza lo ha fatto nei giorni scorsi, Leroy Merlin ci aveva pensato ancora prima.
«Abbiamo scritto al governo, serve la chiusura domenicale per tutti e, possibilmente, anche la riduzione dell’orario di apertura, almeno per permettere gli allestimenti senza la clientela», spiega Fabio Marchiori di Uiltucs Uil. In realtà, quasi tutte le strutture si sono adeguate a queste proposte, con l’eccezione di Pam e Carrefour. Diversa la situazione di Conad: a gestire i punti vendita sono i singoli dettaglianti, è difficile imporre una linea. C’è chi si è spinto oltre: il gruppo Unicomm (Famila, A&O, Emisfero) ha sottoscritto una polizza per i suoi settemila dipendenti. «Ci sono sproporzioni tra i punti vendita - sottolinea Caterina Boato, segretaria di Filcams Cgil - A Venezia, ad esempio, senza turisti, non si lavora più, mentre in terraferma serve sempre gente. Coop ha deviato il personale, ma non tutti possono».