Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
L’OSSIGENO DELLA NORMALITÀ
Come si vive ai tempi di questa quarantena di massa nazionale? I problemi, è evidente, non sono solo sanitari, o economici. Perché, ed anche questo è evidente, stiamo facendo in queste settimane un inedito esperimento di psicologia sociale. Che l’esperimento sia complesso ed inusitato lo conferma addirittura un recentissimo studio della prestigiosa rivista medica britannica «The Lancet».
Lo studio è proprio sull’impatto psicologico della forzata quarantena. Perché ciò che si è drasticamente rotto nelle nostre vite è la compagnia della cosiddetta normalità. La normalità è un qualcosa che diamo per assolutamente scontato e che, proprio per questo, tendiamo a nemmeno cogliere nelle pieghe della quotidianità. Eppure la normalità è rassicurante, magari noiosa, ma evita o assorbe i rischi dell’imprevisto. D’altronde da secoli tutta la costruzione della società è stata tesa ad acquisire sempre maggiori sicurezze e sempre maggiori certezze. Ora la pandemia – per di più proprio nelle regioni più «solide» ed attrezzate del nord – sgretola sicurezze e certezze. Proprio come quei malati affamati di ossigeno nelle ingolfate terapie intensive anche noi, a casa, sentiamo l’insufficienza dell’ossigeno con il quale poter respirare a pieni polmoni. L’ossigeno si chiama normalità. Perché l’anormalità, l’imprevedibilità della situazione creano naturalmente - e come potrebbe essere altrimenti – ansia, paura, irritabilità, noia, tensione. Se non depressione ed assenza di futuro. Sicurezze e certezze sono virate, con velocità impressionante, in insicurezze ed incertezze. Il catalogo è lungo: perché interessa in primis la salute mentre la morte si riaffaccia con prepotenza dopo che la longevità ci aveva fatto illudere di avere una vita a tempo indeterminato, e poi la capacità di cura di un sistema sanitario in apnea, il lavoro, gli investimenti ed i tanti redditi che possono o potranno mancare all’appello (è stato ipotizzato che 15 giorni di attività sospese producono un danno di 1,5 miliardi di euro solo in Veneto), lo sfogo azzerato di una socialità esterna (come i riti del caffè o del prosecco) ed una socialità interna o familiare che invece può diventare bulimica e nevrotica, con i figli compressi in casa (per loro il numero dei computer e i metri quadrati abitabili fanno una grande differenza) e con rapporti di coppia tutti da reinventare nei confronti divenuti continui ed obbligati. E poi sappiamo tutti che viviamo in un paese fragilissimo in una Europa fragilissima. Il che non conforta e non rassicura. «Ogni volta che pensiamo al futuro del mondo», scriveva il filosofo austriaco Wittgenstein, «intendiamo il luogo in cui esso sarà se continua a procedere come ora lo vediamo procedere e non pensiamo che esso non procede seguendo una linea retta, ma una linea curva, e che la sua direzione muta costantemente». E’ questa maledetta linea curva che ci ha strappato la normalità.