Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Due settimane di stop, persi 1,5 miliardi in export
Le richieste di Unioncamere al governo: «Regolarità fiscale impossibile da rispettare, va eliminato innanzitutto il Durc»
VENEZIA Uno stop di 15 giorni, prendendo come riferimento le esportazioni generate in un identico arco di tempo nel primo trimestre 2019, vale per le imprese venete 1,5 miliardi di fatturato internazionale in meno. Lo annuncia il presidente di Unioncamere Mario Pozza, che spiega: «Il sistema camerale sta mettendo in campo tutto l’immaginabile per sostenere le aziende».
Perdite di esportazioni e di Pil, forniture di componenti e semilavorati che non arrivano dalla Cina, consumi interni congelati e sistema del credito senza direttive. Tutto questo «in un’ Europa troppo lenta», con un governo nazionale «volonteroso ma inefficiente», nel vischio di una «burocrazia indifferente alle urgenze della crisi» e con minacce palpabili di appetiti aggressivi sulle imprese migliori di investitori stranieri se non della malavita organizzata. L’economia nel Veneto del coronavirus è stata sintetizzata ieri dal presidente regionale di Unioncamere, Mario Pozza, incontrando la stampa assieme a leader di altre camere provinciali, all’assessore regionale allo sviluppo Roberto Marcato ed all’eurodeputato leghista Paolo Borchia.
La prima leva per la vita o la morte di imprese di ogni dimensione sembrano ad oggi le politiche del credito. Qualche dato. Nel secondo trimestre che ci attende si stima che il Pil italiano possa crollare di 5 punti rispetto a quello, già minato, dei primi tre mesi dell’anno. Unioncamere nazionale, immaginando una chiusura dell’emergenza al 30 marzo (data che sarà ovviamente di gran lunga sfondata) per le sole 12 province coinvolte nelle prime «zone rosse» dell’inizio del mese ha quantificato una diminuzione delle esportazioni intorno ai 20 miliardi di euro. Quattro di questi riguardano Padova, Treviso e Venezia. Poco dopo a diventare area rossa è stata tutta l’Italia e il calcolo, negli ultimi giorni, è stato allora riproposto considerando il blocco delle attività rientranti nei codici Ateco ritenuti non necessari, oggi il 44% del totale. Uno stop di 15 giorni, prendendo come riferimento le esportazioni generate in un identico arco di tempo nel primo trimestre 2019, per Unioncamere vale 1,5 miliardi di fatturato internazionale in meno. Si tratta di flussi di beni diretti prevalentemente in Germania, Francia, Spagna e
Regno Unito il cui importo per il Veneto è di 22 miliardi di euro l’anno.
Per quanto riguarda le importazioni, voce altrettanto essenziale se riguarda prodotti non finiti o materie prime, già alla fine di febbraio i canali dalla Cina verso l’Italia si erano ridotti di quasi il 28% (per il Veneto
la quota si traduce in 285 milioni in meno) e un’azienda regionale su cinque lamentava il mancato recapito di componenti indispensabili alla produzione. «Il sistema camerale sta mettendo in campo tutto l’immaginabile – sottolinea Pozza – ma non bastano creatività e forza dei nostri imprenditori se lo Stato e la Ue non si spendono con provvedimenti straordinari». Invero un provvedimento di emergenza ieri è arrivato: altri 4,3 miliardi ai Comuni per gestire le prime tensioni sociali e aiutare le categorie più deboli.
Certo per il tessuto produttivo servirà molto altro. Le misure fiscali e a supporto della liquidità, in sostanza, devono arrivare subito perché le perversioni del meccanismo sono dietro l’angolo e un esempio basta a comprendere. Molte imprese tarderanno a pagare tasse e imposte e questo le porterà in una zona esterna a quella richiesta dal Documento unico di regolarità contributiva (Durc). Il quale però è condizione necessaria per accedere alle misure di sostegno finanziario e così il circolo si chiude senza soluzione. In un contesto simile, con una crisi che permea tutti i settori, è il warning di Marcato, «dobbiamo creare attorno alle nostre aziende una griglia ferrea che impedisca l’ingresso della criminalità organizzata».