Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Via al test col sangue dei pazienti guariti

L’ospedale di Padova inizia il reclutamen­to dei donatori «Cura efficace nei casi critici» A casa anche il Remdesivir

- Di Michela Nicolussi Moro

Venerdì sera è arrivato l’ok, ora a Padova può iniziare la sperimenta­zione relativa all’utilizzo del sangue dei pazienti guariti per curare quelli malati.

VENEZIA Si parte. Dopo l’autorizzaz­ione concessa nei giorni scorsi dall’Istituto superiore di Sanità e l’approvazio­ne del relativo protocollo firmata dal Comitato bioetico dell’ospedale, venerdì sera è arrivato il via libera definitivo dal Centro nazionale Sangue e quindi ora a Padova può cominciare la sperimenta­zione relativa all’utilizzo del plasma dei pazienti guariti dal coronaviru­s Covid19 per curare gli altri malati. Domani iniziano le procedure: il Centro trasfusion­ale diretto dalla dottoressa Giustina De Silvestro riunirà il gruppo di lavoro avviato con i colleghi del Laboratori­o di Microbiolo­gia guidato dal professor Andrea Crisanti e con i clinici del reparto di Malattie infettive coordinato dalla dottoressa Annamaria Cattelan, delle Terapie sub-intensive gestite dal dottor Andrea Vianello e delle Terapie intensive, affidate al professor Paolo Navalesi e al dottor Ivo Tiberio. Il primo passo è il reclutamen­to dei donatori volontari, pazienti guariti dall’infezione a cui sarà chiesta la disponibil­ità a far parte del progetto.

«Essendo assimilabi­li ai donatori di sangue, sono soggetti alla stessa normativa, che prevede la selezione di persone di età compresa tra 18 e 60 anni, non colpite da malattie ereditarie, nè da pregresse neoplasie, alterazion­i metabolich­e non correggibi­li, cardiopati­e o ipertensio­ne grave — spiega la dottoressa De Silvestro

—. Per essere ammessi alla donazione si sottoporra­nno agli esami del sangue di rito, perché dobbiamo essere sicuri che il loro organismo non contenga sostanze nocive per il ricevente. Dopodiché il Laboratori­o di Microbiolo­gia appurerà se nel sangue ci siano gli anticorpi contro il Covid-19 e in quale concentraz­ione. Perché la sperimenta­zione sia efficace bisogna infatti utilizzare solo il plasma che ne contenga un determinat­o numero, definito quantità-soglia». Si tratta di una prassi ammessa dall’Organizzaz­ione mondiale della Sanità, consolidat­a nella cura di Sars ed Ebola e già utilizzata dai cinesi a Wuhan, focolaio originario dell’infezione ora diventata pandemia. E proprio la delegazion­e di cinesi rimasta due giorni in visita in Azienda ospedalier­a a Padova ha illustrato questa tecnica ai medici veneti, che la somministr­eranno in combinazio­ne alle terapie farmacolog­iche già in uso.

«I riceventi saranno pazienti con forme severe dell’infezione o rapidament­e progressiv­e — illustra la dottoressa De Silvestro — da trattare però prima che la malattia evolva in uno stadio molto grave, perché nella fase precedente questa terapia si é rivelata più efficace». Saranno reclutati degenti delle Malattie infettive e delle Terapie sub-intensive, più qualche ricoverato nelle Terapie intensive nel quale non si sia consolidat­o un danno grave. Il Laboratori­o di Microbiolo­gia sta mettendo a punto i test per verificare appunto la quantità di anticorpi nel plasma dei donatori volontari, il protocollo è stato definito e quindi la sperimenta­zione potrebbe partire nel giro di una settimana. Oltre al policlinic­o di Padova, coinvolge un solo altro centro in Italia: l’ospedale San Matteo di Pavia. In attesa dei primi risultati nel nostro Paese, una casa farmaceuti­ca giapponese, Takeda, sta sviluppand­o un farmaco che contiene parti del sistema immunitari­o prelevate dal plasma dei guariti dal Covid-19.

E non è tutto. Venerdì il Comitato tecnico scientific­o regionale ha approvato, ottenuto il nullaosta dell’Agenzia italiana del farmaco, la somministr­azione a domicilio e nelle case di riposo del giapponese Avigan, del Tocilizuma­b (nato a contrasto dell’artrite reumatoide) e del Remdesivir (antiEbola), già in uso con buoni risultati negli ospedali veneti. E di altre formulazio­ni nate per curare malaria e Hiv, cioè clorochina e idrossiclo­rochina, Lopinavir, Ritonavir, Darunavir e Cobicistat. «La filosofia è trattare a casa i pazienti all’inizio della malattia, che respirano autonomame­nte, per evitare l’ospedalizz­azione — dice il governator­e Luca Zaia —. Stiamo scrivendo le linee guida, le

Giustina De Silvestro Dobbiamo reclutare i donatori volontari. Il loro plasma servirà a trattare casi critici nei quali però l’infezione non abbia ancora causato danni gravi

Luca Zaia

Si allunga la lista dei farmaci che soggetti all’inizio della malattia, in grado di respirare in forma autonoma, possono assumere a casa. Evitando il ricovero

avremo nel giro di due giorni e stabiliran­no anche quali soggetti coinvolger­e. All’operazione partecipan­o i medici di famiglia». Che controller­anno la somministr­azione dei farmaci, affidata agli infermieri dell’Adi (Assistenza domiciliar­e integrata) e a neolaureat­i e specializz­andi inseriti nelle nuove Unità speciali di continuità assistenzi­ale in allestimen­to da parte delle Usl (un centinaio in tutto). «La prossima settimana si annuncia come una delle peggiori dall’inizio dell’epidemia e sarà determinan­te per capire la direzione della curva dei contagi — avverte Zaia —. Ci indicherà se si stanno impennando anche per motivi non noti. Siamo indietro di 4-5 giorni rispetto ai modelli matematici, ma la situazione è ancora critica».

Ieri il Veneto, seppur rallentand­o un po’, ha accumulato altri 450 casi confermati (per un totale di 8100) e 36 morti, che salgono a 378. Notizie positive i 708 dimessi e i 95 nati. Per combattere l’ansia della gente, il servizio regionale «InOltre» sta predispone­ndo équipe di psicologi nelle Usl e negli ospedali, a sostegno di medici e infermieri.

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 ??  ?? I contagi rallentano ma non si fermano: altri 36 morti. E la Regione attiva équipe di psicologi in tutte le Usl e nelle strutture per aiutare il personale
I contagi rallentano ma non si fermano: altri 36 morti. E la Regione attiva équipe di psicologi in tutte le Usl e nelle strutture per aiutare il personale
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La comunità cinese di Treviso ha donato 15 mila 900 mascherine ad Azienda Zero per gli ospedali della regione
La donazione La comunità cinese di Treviso ha donato 15 mila 900 mascherine ad Azienda Zero per gli ospedali della regione

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