Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Noi tutelati, tagliamoci gli stipendi»
PADOVA Paolo Gubitta, docente dell’ateneo di Padova, lancia un appello. «Noi, garantiti e tutelati dallo Stato, tagliamoci lo stipendio». Un prelievo volontario e temporaneo.a
PADOVA «Noi, garantiti e tutelati dallo Stato, tagliamoci lo stipendio». Paolo Gubitta, docente dell’Università di Padova, lancia un appello per un prelievo alla fonte, volontario e temporaneo, dallo stipendio di chi ha un lavoro garantito dallo Stato. Un’idea, non certo una provocazione, come si desume dalle parole che il docente dell’ateneo padovano utilizza per spiegare la ratio della sua proposta, destinata comunque a far discutere
Professor Gubitta, ci può spiegare questa proposta?
«Un appello pubblico per manifestare la disponibilità immediata ad un “prelievo alla fonte, volontario e temporaneo dallo stipendio” da parte di tutte le persone con la paga e il posto di lavoro garantiti e tutelati dalla mano sicura dello Stato (nelle sue diverse articolazioni): gente che non corre il concreto rischio né di non vedersi accreditare lo stipendio a fine mese né di trovarsi a spasso senza lavoro».
La mano statale sarà anche «sicura» ma non è sempre «generosa»...
«È vero ed è per questa ragione che il prelievo deve essere volontario e temporaneo. Chi, come me, ha uno stipendio adeguato alle proprie esigenze ordinarie manifesti fin d’ora la disponibilità a ridursi lo stipendio. E chi ha uno stipendio garantito ma di sopravvivenza non si senta a disagio».
Ma perché farlo con atto volontario dal basso e non chiedere un taglio degli stipendi pubblici per legge?
«Per una duplice ragione. Il taglio degli stipendi pubblici per legge è un ossimoro (come lo sono state le patrimoniali). È un’opzione che, nella malaugurata ipotesi che si dovesse realizzare, arriverà solo quando il Paese sarà già con un piede dentro la fossa. In più, rischia di essere un taglio generalizzato, che colpirà indistintamente tutti e peserà soprattutto sulle fasce con redditi più bassi. Sarebbe come accendere una candela dentro una polveriera: rischia di scoppiare la società intera».
L’art. 66 Decreto Legge Cura Italia del 17 marzo 2020 prevede già incentivi fiscali per chi fa erogazioni liberali a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza Coronavirus...
«Non è la stessa cosa. Anzi, questo appello è tutta un’altra cosa. L’atto volontario di fare una donazione liberale vincolata a uno scopo riguarda la coscienza di ogni persona e coinvolge i suoi valori e le sue priorità. Lo facciamo già in milioni di persone. È un déjà vu».
La sua proposta invece...
«Quello di cui stiamo parlando è un vero e proprio appello al senso civico nazionale, che può contribuire a risollevare il Paese, e che proviene dalla parte più garantita della popolazione italiana che lavora. Sarà anche il modo per cambiare l’idea vetusta di dipendente pubblico come persona pigra, burocrate e fondamentalmente fannullona».
E perché non recuperare le risorse stanando chi evade le tasse?
«È una strada impraticabile, un po’ perché storicamente non è mai stato fatto fino in fondo e un po’ perché non c’è tempo».
Che fare con le somme trattenute dagli stipendi?
«Dobbiamo fidarci della capacità allocativa di chi ci governa e basta. Nell’emergenza, le uniche cose che contano sono prontezza ed efficacia: le risorse servono adesso e vanno portate subito a chi ne ha manifestamente più bisogno e senza metterci a fare i conti con il bilancino. I conti li faremo usciti dall’emergenza».
Quindi?
«Raccogliamo le adesioni e portiamole all’attenzione di chi ha le leve per permetterci di farlo adesso».
Gubitta Le risorse ricavate servono adesso e vanno portate subito a chi ne più bisogno e senza metterci a fare i conti