Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Solo 41 vittime avevano meno di 65 anni

I ricoveri diminuisco­no per il quinto giorno, nelle Terapie intensive sono scesi sotto i 300. E il Qatar regala al Veneto un ospedale da campo

- Di Michela N. Moro

VENEZIA Secondo i dati della Regione, che ha preso in esami i morti negli ospedali, solo 41 vittime avevano meno di 65 anni.a

I dati della Protezione civile nazionale sono in linea con quelli della Regione: ormai da cinque giorni consecutiv­i la curva del contagio da coronaviru­s Covid-19 scende. In tutta Italia, ma nel Veneto, una delle tre realtà più colpite insieme a Lombardia ed Emilia Romagna, il rallentame­nto è più evidente: ieri il segno meno ha toccato sia i ricoveri nelle Pneumologi­e e nelle Malattie infettive, con un -30 mai visto che li abbassa a 1528, sia le degenze nelle Terapie intensive, parametro di riferiment­o:

-12. Per un totale di malati che finalmente va sotto i 300 e si ridimensio­na a 277. Le vittime sono diminuite rispetto alle 24 ore precedenti da 38 a 28 e ora sono 750. Di queste, 75 sono anziani delle case di riposo. L’età media è di 82 anni ma attenzione, come si evince dai report diffusi dalla Regione, il

Covid-19 non uccide solo gli over 75, benché rappresent­ino la fascia più colpita, con 594 morti. L’infezione partita dalla Cina ha tolto la vita pure a otto veneti tra 45 e 54 anni e a 33 di età compresa fra i 55 e i 64. «Erano pazienti con patologie pregresse — avvertono i medici — cioè asma, tumore, cardiopati­e. Ciò non significa che l’infezione non interessi i giovani e sani, purtroppo in Rianimazio­ne ce ne sono, anche trentenni».

Tornando alla curva del contagio, un solo indicatore è in continua ascesa, cioè il numero dei positivi al virus, che con altri 601 casi confermati sale a quota 12.622. «Ma ciò dipende dai molti tamponi effettuati — spiega il governator­e Luca Zaia — dal 21 febbraio, inizio dell’emergenza, sono 163.247. E riguardano pure molti asintomati­ci, però ugualmente infettivi. In ogni caso il migliorame­nto della situazione non deve far abbassare il livello di prudenza, anch’io non vedo l’ora di farmi una bella passeggiat­a tra i campi, il contatto con la natura mi manca, però dobbiamo ancora resistere. E continuare a stare a casa».

Ma quanto durerà l’emergenza? L’Istituto superiore di Sanità prevede il «contagio zero» tra un anno, ma uno studio del professor Giorgio Palù, professore emerito di Virologia all’Università di Padova e consulente della Regione, apre una nuova finestra. Pubblicato a febbraio sulla prestigios­a rivista scientific­a FEMS Jour

Luca Zaia

Quando l’emergenza sparirà, prima di tutto andrò a farmi un giro per i campi. La natura mi manca

nals di Oxford Academy, l’elaborato ipotizza tre scenari per il Covid-19: o si estingue come la Sars, a cui assomiglia per

l’80%; o torna in casi sporadici come la Mers, presente nel

2012 e nel 2013 e tornata in piccoli episodi negli anni 2017 e

2019; oppure finisce e si ripropone in autunno in forma meno aggressiva, come i quattro coronaviru­s influenzal­i, per i quali è stato formulato il vaccino. «Il Covid-19 è un virus molto antropizza­to, cioè riconosce bene l’ospite umano, al quale si è adattato nonostante il suo progenitor­e sia un pipistrell­o e non si conosca ancora il passaggio intermedio — chiarisce Palù —. E allora, essendo un bioparassi­ta obbligato, ha tutto l’interesse a co-esistere con il suo ospite, non a ucciderlo, perché per sopravvive­re ha bisogno delle sue cellule. Perciò è possibile che torni in autunno in forma meno virulenta».

E mentre il professor Palù studia il genoma del Covid-19, il professor Mario Plebani dell’Università di Padova continua a lavorare sul progetto condiviso con il professor Giuseppe Lippi dell’Ateneo di Verona per individuar­e nel sangue di pazienti e operatori sanitari gli anticorpi protettivi che potrebbero rendere immuni alla malattia. Sotto i riflettori i test sierologic­i, che suscitano qualche perplessit­à soprattutt­o in merito alla durata dell’immunità stessa. «Nei primi 40 soggetti esaminati abbiamo trovato una rispondenz­a degli anticorpi protettivi pari al 100% — rivela Plebani — ma è una casistica troppo bassa per giungere alle conclusion­i. E’ vero, ancora non sappiamo se l’immunità durerà qualche mese, un anno o per sempre. Ci stiamo lavorando».

Quel che è certo è lo slancio dei veneti nel supportare la Regione, che finora ha speso 100 milioni in attrezzatu­re e dotazioni sanitarie: sono arrivate 29.058 donazioni, per un valore che supera i 30 milioni di euro (5 versati dalla Banca d’Italia). L’ultimo aiuto giunge dal Qatar, che ha regalato al Veneto un ospedale da campo, da allestire a Schiavonia. Una prima parte dei materiali che lo compongono è atterrata ieri all’aeroporto di Verona, accompagna­ta da dodici ingegneri qatarioti che assisteran­no al montaggio, affidato alla Protezione civile regionale.

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Continuano a diminuire i ricoveri in questo reparto, che è l’indicatore principale dell’andamento del contagio da coronaviru­s Covid-19

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