Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Imprese, l’agenda per ripartire
Confindustria, appello dal Veneto e dalle regioni del Nord a istituzioni e sindacati. «Patto per aprire presto»
VENEZIA Stop al lock down, uscire dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali e «definire un piano di aperture programmate mantenendo rigorose norme sanitarie». Le Confindustrie del Nord, a partire dal Veneto, lanciano un appello a istituzioni e sindacati per «aprire presto». I sindacati: «Sia la scienza a decidere i tempi». Variati: «Accordo chiaro con i controllori».
I presidenti delle 4 Confindustrie del Nord chiedono una roadmap con Pa e sindacati
VENEZIA Era nell’aria da un po’. Ieri la corazzata delle quattro Confindustrie del Nord (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) ha messo nero su bianco la propria richiesta: riaprire. Meglio, archiviare codici Ateco, filiere essenziali e, in buona sostanza, il lockdown. Almeno al Nord. E, va detto, con una dettagliata griglia di misure di sicurezza per garantire i lavoratori.
I 400 miliardi di liquidità annunciati nei giorni scorsi da Roma non sembra siano bastati a rassicurare l’impresa. La proposta dei quattro presidenti confindustriali, fra i quali per il Veneto Enrico Carraro, è di definire una agenda comune per una riapertura «ordinata e in piena sicurezza delle aziende». Dopo la premessa sulla piena consapevolezza dell’emergenza sanitaria in corso, ecco l’allarme: «Seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinché non si trasformi in depressione». Quasi superfluo ricordare che da queste 4 regioni zampilla il 45% del Pil italiano. La richiesta è quella «roadmap» verso la Fase 2 ipotizzata già nei giorni scorsi dal sottosegretario del Viminale, Achille Variati: «Dopo Pasqua dovremo entrare nella Fase 2 ma senza errori perché li pagheremmo in modo salato anche in termini di fiducia da parte dei lavoratori. Però penso anch’io che sia tempo di farsi una domanda, più che l’aumento dei codici Ateco, la tesi dovrebbe essere: apre chi è nelle condizioni di garantire la salubrità dei luoghi di lavoro. Tramite un accordo chiaro sia con i controllori, sia con le aziende di trasporto per garantire la stessa sicurezza anche sugli spostamenti casa-lavoro. Non si faranno sconti a nessuno, in gioco c’è la pelle dei lavoratori». E al tavolo, si legge infatti
” Variati Riapra chi può garantire la salubrità del luogo di lavoro ma si pensi anche a garantire in sicurezza il trasporto pubblico per i lavoratori
nella nota congiunta, dovranno sedere tutti: Pubblica Amministrazione, associazioni di categoria e sindacati. La premessa però è cristallina: «uscire dalla logica dei codici Ateco». Perno su cui ruota la garanzia di sicurezza sanitaria in fabbrica è quel protocollo regionale firmato da tutte le parti in causa a poche ore dal lockdown. Le richieste scendono poi nel concreto: garanzia per i dispositivi di protezione individuale per i lavoratori, velocizzare le autorizzazione dell’Iss per i dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie (dalle mascherine in giù), last but not least...«un pacchetto di misure di finanziamento a fondo perduto per gli investimenti nella sicurezza». Inclusi i test sierologici validati o con programmi coordinati di «tamponi». A stretto giro l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, raccontava l’emorragia di posti di lavoro già in corso: «A un mese e mezzo dall’inizio dell’emergenza si è registrata in Veneto una perdita netta di circa 35-40 mila posti di lavoro dipendente tra mancate assunzioni e diminuzione effettiva. I dati di Veneto Lavoro confermano le pesanti ripercussioni della crisi sanitaria sull’occupazione». E il calo è indistinto: dai tempi indeterminati agli stagionali anche se il turismo ha la poco invidiabile palma di settore più falcidiato con 20.000 posti di lavoro persi. «È un bollettino di guerra, chiosa Donazzan - e non si salva nessuno. Gli strumenti ordinari come gli ammortizzatori sociali non bastano».
I sindacati, seppur preoccupati, però, frenano. «Nessuno tifa per il blocco produttivo, ma in questa fase abbiamo bisogno di tutto fuorché di forzature e fughe in avanti, quando si apre lo decidono gli scienziati. La cosa peggiore, anche sul piano economico, che potremmo fare, sono scelte avventate che ci farebbero tornare indietro». Prudente anche Gianfranco Refosco, segretario regionale Cisl: «Del documento di Confindustria è condivisibile la parte operativa sui sistemi di sicurezza. La questione critica è la richiesta di far saltare i codici Ateco e quindi il lockdown. Tanto più che in Veneto già un dipendente su 2 è al lavoro. Nessuna fuga in avanti, qui il governo con la comunità scientifica deciderà come e quando aprire».
Refosco (Cisl)
Le proposte di Confindustria sulla sicurezza sono condivisibili ma la fine del lockdown tout court sarebbe un problema
Ferrari (Cgil)
Qui nessuno tifa per la il blocco delle attività produttive ma sbagliare i tempi, in questo momento, sarebbe fatale per tutti