Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Maxi traffico di rifiuti speciali nove arresti, quattro veneti
Residui speciali provenienti dalla Campania e altre regioni smaltiti illegalmente. «Affare da oltre 700 mila euro»
VERONA Smaltivano rifiuti speciali in capannoni abbandonati per non pagare i costi di smaltimento, i carabinieri del Noe hanno arrestato nove persone, quattro dei quali sono veneti. Gli edifici si trovavano a Roverchiara, nella Bassa Veronese, e in Emilia Romagna. Almeno 2.700 le tonnellate depositate.
VERONA Fabbricati in disuso isolati da centri abitati ma abbastanza vicini alle vie di grande comunicazione, superstrade e autostrade, diventati discariche abusive di rifiuti speciali (urbani, plastici e tessili), ammassati senza alcuna autorizzazione per evitare le regolari (e costose) operazioni di smaltimento. Per il Veneto, la base dell’illegalità è stata scoperta ancora una volta nel Veronese: 4, dei 9 totali, gli arrestati in regione.
Avrebbero smaltito illegalmente, stoccandoli all’interno di capannoni abbandonati a Roverchiara, nella Bassa Veronese, e in Emilia Romagna, almeno 2.700 tonnellate di rifiuti indifferenziati urbani, plastici e tessili, per lo più speciali, destinati alla discarica o al termovalorizzatore. Un’attività illecita che attraversava l’intera penisola, perché il materiale da smaltire proveniva da Campania, Toscana, Lombardia e altre regioni del Nord.
Un traffico abusivo, questo il reato contestato, che avrebbe consentito ai responsabili di risparmiare sulle spese di smaltimento e di attuare prezzi assolutamente fuori dagli standard di mercato e dunque altamente vantaggiosi per i proprietari dei rifiuti. Il business è stato scoperto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso, che hanno contato almeno 25 trasporti illeciti a costi fuori mercato. «Dalle indagini, finora, non sono emersi legami con la criminalità organizzata - evidenzia il comandante del Noe trevigiano, tenente colonnello Massimo Soggiu -. Si tratta comunque di una delle più importanti operazioni a tutela dell’ambiente mai eseguite in Veneto». I risultati dell’operazione lo dimostrano: 9 arrestati, tutti sottoposti ai domiciliari con il braccialetto elettronico, di cui 4 veneti, 3 casertani e 2 lombardi.
Per quanto riguarda la nostra regione, a essere finiti agli arresti sono stati un padovano di 61 anni e tre veronesi: padre e figlio, rispettivamente di 58 e 27 anni, e un altro imprenditore di 63 anni. Per altri due veneti, invece, è stato disposto dal gip di Venezia, che procederà nei prossimi giorni agli interrogatori, l’obbligo di dimora: si tratta di un veronese di 46 anni e di un vicentino della stessa età. Tre le aziende che sono state poste sotto sequestro cautelare unitamente a impianti e uffici: le due ditte veronesi di trattamento rifiuti intestate ai tre arrestati scaligeri, con sedi a Legnago e Villa Bartolomea, e una società di trasporti campana. Inserita in una più ampia azione di monitoraggio finalizzata a contrastare, anche in Veneto, il fenomeno degli incendi a impianti per rifiuti e capannoni industriali dismessi, l’indagine era stata avviata a febbraio 2019, quando i carabinieri di Legnago avevano segnalato un via vai sospetto di mezzi pesanti nei pressi di un capannone a Roverchiara in disuso da anni e il cui proprietario è risultato estraneo ai fatti e parte lesa nella vicenda.
Da lì, l’inchiesta si è inizialbero mente sviluppata sotto la direzione della Procura scaligera ed è poi passata per la competenza dell’ipotesi di reato che si andava delineando, alla Distrettuale di Venezia. Con il blitz effettuato nelle prime ore di ieri dal Noe e scattato dopo quasi un anno di indagini dirette dall’Antimafia di Venezia, sono stati posti sotto sigilli motrici e rimorchi variamente utilizzati per il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti, per un valore complessivo di circa 500 mila euro, e oltre 700 mila euro a carico complessivo delle tre ditte indagate, ritenuti il profitto del traffico illecito. Secondo il Noe, tutti i guadagni scaturiti dalle attività svolte dagli indagati sarebillegali, in quanto le ricostruzioni eseguite avrebbero evidenziato l’assenza di qualsiasi regolarità nel modus operandi e nelle varie fasi dell’attività, il trasporto dei rifiuti su rimorchi non autorizzati e l’abbandono degli stessi in siti dismessi e privi di ogni autorizzazione, l’uso spregiudicato di formulari artefatti e di copertura per le tratte stradali percorse, con l’indicazione come siti di smaltimento di sedi di società fallite o sottoposte a sequestro. «Abbiamo inflitto un durissimo colpo al crimine ambientale, un grande risultato che è scaturito dall’attenzione che lo Stato ha impresso negli ultimi anni al contrasto del fenomeno dei roghi dei depositi di rifiuti ha commentato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa -. Questo importante risultato ha consentito di fermare un traffico illecito di rifiuti provenienti da varie regioni, tra cui la Campania, diretti e poi scaricati in capannoni abbandonati del Veneto e dell’Emilia Romagna per poi essere dati alle fiamme». Per il collega Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, «il tema dello smaltimento dei rifiuti non ha confini geografici ed è indispensabile non abbassare la guardia e fare aumentare ai cittadini il senso di responsabilità sulle questioni ambientali». L’assessore veneto all’Ambiente e Protezione Civile Gianpaolo Bottacin sottolinea come «una delle varie mission che in questa legislatura come Regione ci siamo posti, in stretta collaborazione con altre forze espressamente deputate a tale compito, è stata certamente la lotta agli illeciti in materia di rifiuti. La stiamo combattendo con plurime iniziative anche per dare supporto alle tante operazioni che - rivela lo stesso Bottacin - mi hanno pure procurato delle minacce di morte, senza peraltro aver frenato, né fino ad ora né per il futuro le nostre iniziative».
È stato inferto un colpo durissimo al crimine ambientale