Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA VERA LEZIONE: SANITÀ EQUA E LA RICERCA CHE HA VISIONE

- Di Claudio Ronco

Covid-19 ci ha portato nel mondo della insufficie­nza respirator­ia e dei ventilator­i meccanici. Ma pochi sanno che quasi un 40 % dei pazienti finiti in terapia intensiva hanno anche una insufficie­nza renale e metà di loro richiede..

Covid-19 ci ha portato nel mondo della insufficie­nza respirator­ia e dei ventilator­i meccanici. Ma pochi sanno che quasi un 40% dei pazienti finiti in terapia intensiva hanno anche una insufficie­nza renale e metà di loro richiede procedure tipo dialisi. Il problema è emerso prepotente­mente negli Usa dove il New York Times ha pubblicato recentemen­te un articolo segnalando una grave carenza di strutture e apparecchi di dialisi per i pazienti Covid-19. Inutile dire che l’accesso a queste terapie diventa una questione di scelte. Il fatto che nel Veneto tale carenza non si sia verificata sta ancora una volta a dimostrare che siamo preparati con una sanità di prim’ordine, ma anche che siamo coscienti di voler erogare una sanità per tutti e non di élite. Allo stesso modo la nostra ricerca si è fatta valere con importanti pubblicazi­oni internazio­nali e decisivi suggerimen­ti da parte del mondo accademico che sono stati presi a modello in altri Paesi. Ora gli italiani e i veneti sembrano aver riscoperto la loro sanità con medici e infermieri che chiamano eroi ma che fino a due mesi fa erano francament­e dimenticat­i, soggetti a contratti miseri e scaduti da anni, a volte aggrediti e il più spesso delle volte considerat­i una realtà scontata. Gli stessi italiani e veneti sembrano aver riscoperto l’importanza delle università e della ricerca fingendo di non ricordare che un mare di ricercator­i precari tirano a campare con stipendi da fame quando non hanno borse di studio ridicole. Se davvero c’è un nuovo sentire e la memoria si è risvegliat­a per questi eroi di oggi che sono stati gli attori di una sanità e di una ricerca eccezional­e a dispetto di tutto e che saranno anche i protagonis­ti del nostro futuro, allora serve uno slancio e un cambiament­o di rotta. Meno burocrazia? Ben venga ma devono cambiare anche gli italiani per i quali i 19 moduli da compilare sono uno strumento per evitare scorciatoi­e o soluzioni furbesche. Un modo semplice? Usiamo un modulo unico, ma chi mente venga emarginato e punito in modo esemplare. Le varie cabine di regia dovranno gestire più che il presente e dovranno disegnare un futuro fatto di organizzaz­ione e pianificaz­ione. Un gruppo di ricerca non si crea dall’oggi al domani iniettando una cifra anche considerev­ole qua e là. Come abbiamo sperimenta­to a Vicenza con il nostro istituto internazio­nale di ricerca renale, il gruppo di ricerca si crea in anni di lavoro, costruendo modelli, formando leaders e ricercator­i e medici straordina­ri. È così che una piccola città può diventare un modello per far crescere un programma multidisci­plinare fatto di giovani che collaboran­o per vincere le sfide della ricerca. È così che oggi, grazie alle nuove tecnologie e mezzi di comunicazi­one, la rete di ricercator­i va dalla Cina alla Russia, dagli Usa all’india, dal Canada all’America Latina. È una famiglia di ragazzi che hanno le loro radici scientific­he a Vicenza ma che hanno portato i loro frutti a livello planetario. E questa famiglia aveva previsto e pubblicato su «The Lancet», la prestigios­a rivista britannica, ancora il 6 di febbraio la catastrofe che si stava per abbattere sul nostro Paese. Per questo il Veneto su circa 3.000 dializzati ha avuto solamente l’1% di contagiati fra questi pazienti fragili e pure a rischio. È per questo che altri centri hanno seguito le nostre raccomanda­zioni scientific­he e hanno evitato disastri annunciati. Se impariamo la lezione di Covid-19, oltre che dedicarci a fiaccolate o concerti di ringraziam­ento a medici infermieri e ricercator­i, per altro graditi, oltre che raccoglier­e fondi sull’onda dell’emozione e del panico per la ricerca e la sanità, peraltro utili, dobbiamo dedicarci tutti assieme a volere fortemente una sanità pubblica equa e una ricerca proiettata al futuro che fra l’altro trattenga in Italia i nostri cervelli e li gratifichi. Per fare tutto questo ci vogliono soldi, ma non solo quelli.

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