Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA VERA LEZIONE: SANITÀ EQUA E LA RICERCA CHE HA VISIONE
Covid-19 ci ha portato nel mondo della insufficienza respiratoria e dei ventilatori meccanici. Ma pochi sanno che quasi un 40 % dei pazienti finiti in terapia intensiva hanno anche una insufficienza renale e metà di loro richiede..
Covid-19 ci ha portato nel mondo della insufficienza respiratoria e dei ventilatori meccanici. Ma pochi sanno che quasi un 40% dei pazienti finiti in terapia intensiva hanno anche una insufficienza renale e metà di loro richiede procedure tipo dialisi. Il problema è emerso prepotentemente negli Usa dove il New York Times ha pubblicato recentemente un articolo segnalando una grave carenza di strutture e apparecchi di dialisi per i pazienti Covid-19. Inutile dire che l’accesso a queste terapie diventa una questione di scelte. Il fatto che nel Veneto tale carenza non si sia verificata sta ancora una volta a dimostrare che siamo preparati con una sanità di prim’ordine, ma anche che siamo coscienti di voler erogare una sanità per tutti e non di élite. Allo stesso modo la nostra ricerca si è fatta valere con importanti pubblicazioni internazionali e decisivi suggerimenti da parte del mondo accademico che sono stati presi a modello in altri Paesi. Ora gli italiani e i veneti sembrano aver riscoperto la loro sanità con medici e infermieri che chiamano eroi ma che fino a due mesi fa erano francamente dimenticati, soggetti a contratti miseri e scaduti da anni, a volte aggrediti e il più spesso delle volte considerati una realtà scontata. Gli stessi italiani e veneti sembrano aver riscoperto l’importanza delle università e della ricerca fingendo di non ricordare che un mare di ricercatori precari tirano a campare con stipendi da fame quando non hanno borse di studio ridicole. Se davvero c’è un nuovo sentire e la memoria si è risvegliata per questi eroi di oggi che sono stati gli attori di una sanità e di una ricerca eccezionale a dispetto di tutto e che saranno anche i protagonisti del nostro futuro, allora serve uno slancio e un cambiamento di rotta. Meno burocrazia? Ben venga ma devono cambiare anche gli italiani per i quali i 19 moduli da compilare sono uno strumento per evitare scorciatoie o soluzioni furbesche. Un modo semplice? Usiamo un modulo unico, ma chi mente venga emarginato e punito in modo esemplare. Le varie cabine di regia dovranno gestire più che il presente e dovranno disegnare un futuro fatto di organizzazione e pianificazione. Un gruppo di ricerca non si crea dall’oggi al domani iniettando una cifra anche considerevole qua e là. Come abbiamo sperimentato a Vicenza con il nostro istituto internazionale di ricerca renale, il gruppo di ricerca si crea in anni di lavoro, costruendo modelli, formando leaders e ricercatori e medici straordinari. È così che una piccola città può diventare un modello per far crescere un programma multidisciplinare fatto di giovani che collaborano per vincere le sfide della ricerca. È così che oggi, grazie alle nuove tecnologie e mezzi di comunicazione, la rete di ricercatori va dalla Cina alla Russia, dagli Usa all’india, dal Canada all’America Latina. È una famiglia di ragazzi che hanno le loro radici scientifiche a Vicenza ma che hanno portato i loro frutti a livello planetario. E questa famiglia aveva previsto e pubblicato su «The Lancet», la prestigiosa rivista britannica, ancora il 6 di febbraio la catastrofe che si stava per abbattere sul nostro Paese. Per questo il Veneto su circa 3.000 dializzati ha avuto solamente l’1% di contagiati fra questi pazienti fragili e pure a rischio. È per questo che altri centri hanno seguito le nostre raccomandazioni scientifiche e hanno evitato disastri annunciati. Se impariamo la lezione di Covid-19, oltre che dedicarci a fiaccolate o concerti di ringraziamento a medici infermieri e ricercatori, per altro graditi, oltre che raccogliere fondi sull’onda dell’emozione e del panico per la ricerca e la sanità, peraltro utili, dobbiamo dedicarci tutti assieme a volere fortemente una sanità pubblica equa e una ricerca proiettata al futuro che fra l’altro trattenga in Italia i nostri cervelli e li gratifichi. Per fare tutto questo ci vogliono soldi, ma non solo quelli.