Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Aperture anticipate, si tratta
Zaia chiama Roma: bar, ristoranti e parrucchieri al lavoro prima del 18 maggio. Variati: sì se la curva lo consente
Bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici, ovvero le ultime categorie con l serrande abbassate, potrebbero riaprire il 18 maggio. Forse prima. C’è trattativa aperta tra governo e Regione, deciderà la curva del contagio.
Stavolta ha scelto il
VENEZIA giorno giusto la delegazione di parrucchieri che ieri si è presentata di nuovo nella sede regionale della Protezione civile di Marghera, dove lavora l’Unità di crisi per l’emergenza coronavirus e dalla quale quotidianamente il governatore Luca Zaia tiene il punto stampa di aggiornamento. Fatalità, quello di ieri era dedicato a loro, che insieme a estetiste, baristi e ristoratori potrebbero riaprire in anticipo rispetto alla data del primo giugno indicata nell’ultimo decreto firmato dal premier Giuseppe Conte. Viste le proteste delle categorie e la pressione delle Regioni, il governo sarebbe intenzionato a concedere la ripresa dell’attività il 18 maggio. Ma il Veneto spera di fare ancora meglio. «Non possiamo riaprirli noi, non c’è base giuridica, se lo facessimo l’ordinanza durerebbe come una stella cadente — spiega Zaia —. Però stiamo lavorando con il governo sull’ipotesi di poter avere un anticipo sulle riaperture rispetto al 18 maggio, data limite perché scadrà l’ultimo decreto Conte. Se riusciamo a negoziare una forma di autonomia territoriale, siamo disposti a riavviare questi esercizi anche prima. Potrebbe essere l’occasione, e ho visto che il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Francesco Boccia ha concesso un’apertura in tal senso, per affidare competenze in maniera differenziata alle Regioni sui propri territori».
Insomma, si torna a parlare di autonomia. «Se il presidente di Regione è responsabile della salute dei cittadini, allora dovrebbe poter decidere se aprire i negozi o meno — è l’assioma —. Tutti abbiamo coscienza del dovere di mettere in sicurezza la popolazione, ma se l’operatore indossa la mascherina e il cliente anche, è più che sufficiente a garantire la salute di entrambi. Ci vuole buonsenso, stiamo lavorando su questo fronte». Un impegno vissuto come il primo spiraglio di speranza per professionisti fermi da due mesi e mezzo e che domani tornano in piazza a Padova e in alcuni Comuni trevigiani, dopo aver manifestato in tutto il Veneto. «Capisco la tragedia che stanno vivendo e spero si possa portare a casa l’obiettivo di vedere le Regioni delegate a decidere nei propri territori sulla materia in oggetto — ha proseguito il governatore —. Non voglio parlare ancora di autonomia, però questa potrebbe essere una forma di autonomia utile. Ogni Regione ha la sua storia sanitaria, ha fatto le proprie scelte e ottenuto risultati diversi, è importante ricordarlo. Siamo in una fase di interlocuzione serena con il governo, che conosce la nostra posizione: non vogliamo essere irresponsabili, il virus c’è e bisogna fare in modo di non prenderselo: se uno non si mette la mascherina lo aspettiamo alle porte dell’ospedale. Spero però — la chiosa — che si possa trovare una soluzione, perché attendere ancora a lungo non è possibile. Fermo restando che i dati epidemiologici ci devono dare conforto: se aumenteranno in modo significativo i ricoveri nelle Terapie intensive, scatterà nuovamente la chiusura per le attività già tornate al lavoro».
Questo, ribadiscono dal governo, è il vero snodo dell’intera vicenda: come evolverà la curva del contagio di qui a domenica. In questo senso va inteso il monito di ieri di Zaia: «In questa settimana ci giochiamo il futuro». Il decreto firmato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, fissa i parametri del monitoraggio che, confermano dagli Affari regionali, indicherà all’esecutivo se aprire, dove aprire, quando aprire e cosa aprire. Si tratta di 21 indicatori, dall’indice di trasmissione del virus Rt sotto 1 alla capacità di fare test entro 3 giorni dai sintomi, dal personale adeguato al tasso di occupazione delle Terapie intensive, al trend in calo, naturalmente, e all’assenza di focolai, anche nelle case di riposo.
«Se, come io credo e come ci auguriamo tutti, il Veneto sarà in grado di rispettare questi parametri, se il monitoraggio darà esiti confortanti e il sistema sanitario regionale fornirà garanzie di tenuta in caso di ripresa dell’epidemia, allora sì, le attività oggi chiuse potrebbero riaprire in anticipo rispetto alle date previste — conferma il sottosegretario all’Interno, Achille Variati —. Vorrei fosse chiaro a tutti, infatti, che qui non ci troviamo davanti allo Stato “cattivo” che vuol chiudere i veneti in casa e alla Regione “buona” che li vuole liberare: se Zaia rinuncia a fare il primo della classe, nel governo troverà sempre collaborazione. Dobbiamo lavorare insieme per evitare di vanificare i dolorosi sforzi fatti fin qui, ma anche per riaprire in un giusto clima di ottimismo razionale. Se non siamo in grado di garantire ai cittadini la sicurezza, siamo davvero convinti che affollerebbero bar e negozi? Che senso ha riaprire i ristoranti, se poi i tavoli restano desolatamente vuoti?».
Non si fermano in tutto il Veneto le proteste di chi è ancora costretto a rimanere chiuso Il sottosegretario «Settimana chiave Via libera se l’indice di contagio migliora»