Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Tagliariol e il sospetto dopo i mondiali in Cina L’Usl: venga per il test
TREVISO Il dubbio, a distanza di sette mesi, è difficile da sciogliere. Tuttavia c’è un modo per capire se il caso esploso attorno allo schermidore trevigiano Matteo Tagliariol, colpito da una forma influenzale con sintomi simili a quelli del Covid dopo essere stato a Wuhan a ottobre, può essere associato all’epidemia che ha messo in ginocchio il pianeta: un test sierologico. Non può indicare quando e dove il contatto col virus si sia verificato ma può, con precisione scientifica, evidenziare se il contatto c’è stato. Tagliariol si è detto pronto a sottoporsi all’esame e l’Usl 2 assicura piena disponibilità: «Ci contatti, lo faremo anche ai suoi familiari». Il 37enne è una figura di spicco del mondo sportivo veneto e italiano, oro nel 2008 alle Olimpiadi di Pechino. Ma il filo rosso con la Cina non si ferma lì. L’atleta, con una nutrita delegazione italiana che comprendeva anche le venete Elisabetta Bianchin e Martina
Sinigalia, è stato protagonista dei Mondiali militari disputati a Wuhan in autunno, città ora famosa come l’epicentro del Covid19. Il trevigiano e i compagni di nazionale sono tornati da quell’esperienza con diverse medaglie, ma non solo: lui come altri avevano lamentato un forte attacco influenzale. Poco dopo il ritorno a casa, la stessa forma virale aveva contagiato la moglie e il figlio di Tagliariol. «Per una settimana sono stato benino, poi ho avuto la febbre altissima – ha raccontato alla Gazzetta dello Sport -. Sono lievemente asmatico ma in quei giorni non respiravo. Nemmeno gli antibiotici hanno funzionato. Sono stato ammalato tre settimane, sempre con tosse, molto debilitato». Parole che hanno destato preoccupazione e sconcerto: del virus si è saputo con certezza solo nei primi giorni del 2020, due mesi dopo. Altro dettaglio del caso: nei giorni scorsi alcuni atleti francesi hanno raccontato che, durante i Mondiali a Wuham, le mascherine erano già molte e trovare anche semplici aspirine quasi impossibile. Se più indizi fanno una prova, il sospetto che a Wuhan stesse accendendosi già allora la futura pandemia diventa lecito. Eppure nessuno di questi atleti sembra essere stato sottoposto ai test. L’Usl 2 si rende disponibile per fare gli esami necessari: «Se qualcuno si fosse trovato a Wuhan, nella zona rossa, è verosimile che possa essere stato contagiato – dice Carlo Agostini, primario di Medicina all’ospedale di Treviso -. Ci sono già diverse aneddotiche relative al mese di dicembre che possono essere interpretate come
vettori dell’infezione in Europa». I campioni sportivi non sono esclusi da questo ragionamento ma saperlo, oggi, è sostanzialmente impossibile: «Con un test sierologico possiamo capire se il soggetto è entrato in contatto con il Covid in base alla presenza degli anticorpi – continua Agostini -. Se l’esito risulterà positivo significa che c’è stato un contatto con il virus in precedenza, fino al giorno prima. Non possiamo però sapere quando questo contatto sia avvenuto, se in Cina o al ritorno in Italia». Ad ogni modo ieri il racconto di Tagliariol ha avuto un’importante appendice, smorzando le frasi pronunciate il giorno prima. «Avevo fatto delle dichiarazioni semplici, che per un popolo in cerca di scoop si sono ingigantite – ha specificato –. Era noto che dopo i Mondiali di Wuhan molti atleti si fossero ammalati, e anche io ero tra questi. Era una forma influenzale acuta da cui sono guarito, con un decorso più lungo ma normale e senza prendere medicinali particolari. Ha colpito i polmoni, c’era la possibilità che fosse coronavirus. Ma non lo so, perché non sono mai stato testato e non ho le competenze scientifiche per saperlo. Appena potrò andrò a fare gli esami». Il direttore generale dell’Usl 2 Francesco Benazzi coglie la palla al balzo, invitando il campione, la moglie e il figlio già nei prossimi giorni: «Penso al progetto della banca del plasma della Regione, poter raccogliere il sangue di un olimpionico non sarebbe male».