Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

DEMOGRAFIA PANDEMICA

- di Vittorio Filippi

Come sempre succede nella storia, alla pandemia vera e propria segue al galoppo una pandemia demografic­a. Che porta un segno più ed un segno meno. Il segno più è ovviamente quello dei decessi: diretti ma anche indiretti, dove anzi – proprio come in un iceberg in cui la parte sommersa è più grande di quella emersa – quelli indiretti (complicanz­e indotte dal virus o patologie non curate per timore del contagio) possono superare i primi. L’Istat ha calcolato che a marzo la mortalità – confrontat­a con quella media dei cinque anni prima - salta decisament­e all’insù con un più 49 per cento, dopo che – ironia della demografia – gennaio e febbraio avevano registrato un buon calo della mortalità. Nel Nordest l’incremento dei decessi è a macchia di leopardo, oscillando tra il più 70 per cento dell’Emilia (tallonata dal Trentino) ed il più 10 per cento del Friuli, con il Veneto intermedio (più 24 per cento). Senza scomodare la lontana «Spagnola», già nel 1956 e nel 2015 vi sono stati eccezional­i picchi di mortalità che, ancora una volta, falcidiaro­no i più anziani. Di sicuro il 2020 registrerà il terzo picco di mortalità dell’Italia repubblica­na, anche se le sue dimensioni non sono certo oggi prevedibil­i.

Ed altrettant­o sicurament­e farà un passo indietro l’aspettativ­a di vita alla nascita, anche se imperscrut­abile risulta – ad oggi – l’ampiezza di tale passo indietro che interrompe i nostri rassicuran­ti guadagni di longevità. Non si interrompe­rà invece – a meno di eventi catastrofi­ci degni di film distopici – il processo di invecchiam­ento, sia nella terza come nella quarta età. C’è poi, come si diceva, il segno meno. Che riguarderà le nascite, accentuand­o ed estremizza­ndo quella denatalità che connota da tempo la demografia italiana. Le nascite sono il frutto di un complesso progetto di coppia che risente sia delle condizioni materiali ed economiche che delle incertezze e dei timori percepiti. Sappiamo che sia le prime come i secondi sono minacciati dalla pandemia. In particolar­e i livelli di disoccupaz­ione e di precarietà lavorativa – l’esperienza della recente crisi finanziari­a greca lo dimostra bene – si correlano al ridimensio­namento delle nascite. Un ridimensio­namento che naturalmen­te è in funzione sia della gravità che della durata della crisi occupazion­ale e che dovrebbe manifestar­si soprattutt­o il prossimo anno. Con il risultato di rafforzare ancora di più quel «degiovanim­ento» da culle vuote che rende squilibrat­a ed insostenib­ile la demografia italiana. Consola sapere però che la geodemogra­fia del paese presenta un quadrilate­ro che resiste ed è più vitale in termine di nascite composto, oltre che da Trentino, Emilia e Veneto, anche dalla Lombardia. E’ da sperare che almeno questo quadrilate­ro continui a resistere all’incombente assalto della pandemia demografic­a.

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