Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scienziati-Zaia, scontro totale

Il Comitato nazionale: noi tuteliamo la salute. Il governator­e e il sospetto del virus artificial­e, scintille con Crisanti

- Nicolussi Moro

VENEZIA Continua la polemica di Zaia nei confronti degli scienziati che consiglian­o prudenza nelle riaperture «Che gli scienziati abbiano sempre ragione ho i miei dubbi». «L’obiettivo è riaprire il più possibile, ma mantenendo il Paese in sicurezza, il rischio contagio c’è ancora», avverte Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità. Palù, consulente della Regione: «Giusto riaprire». Zaia: «Virus artificial­e». Pozzan: «Dimostrato il contrario».

VENEZIA Più passano le ore senza notizie dal governo sulle nuove riaperture dopo quelle del 4 maggio, più la tensione sale. In ballo ci sono parrucchie­ri, centri estetici, bar e ristoranti, condannati dall’ultimo decreto Conte a stare con le serrande abbassate fino al primo giugno ma speranzosi che il pressing delle Regioni possa anticipare il rientro al lavoro almeno al 18 maggio. Giorno di scadenza del decreto. E per il secondo giorno consecutiv­o il governator­e Luca Zaia non nasconde la propria irritazion­e nei confronti del Comitato tecnico scientific­o nazionale, il cui dossier sull’andamento del coronaviru­s Covid-19 è alla base delle scelte di Palazzo Chigi. «Spero che in queste ore il premier Giuseppe Conte si decida a dire qualcosa — sbotta il presidente del Veneto — se ha deciso di riaprire il 18 maggio lo annunci, ma non il 17 sera. La gente ha bisogno di sapere per tempo le novità, per organizzar­si, così come i Dipartimen­ti di Prevenzion­e. Fossi in lui, farei un bel decreto con questo solo articolo: si delegano le Regioni, a fronte della presentazi­one di un piano, alle riaperture. Noi sosteniamo la riapertura di tutto, nel rispetto delle indicazion­i del mondo scientific­o. Ma che gli scienziati abbiano sempre ragione ho i miei dubbi».

Un attacco più di spada che di fioretto. «Mi auguro che le nuove linee guida siano sostenibil­i. Un conto è l’esercizio scientific­o, un altro la vita reale. Sennò diciamo a tutti di girare con lo scafandro, perché il pericolo di malattie infettive c’è sempre. Ma bisogna vivere, spero non ci sia qualcuno che applichi la sua vena creativa per complicare la vita ai cittadini. La messa in sicurezza è un tema serio — insiste Zaia — però deve passare per un livello di sostenibil­ità. E comunque gli scienziati sono divisi e mentre loro si scontrano noi dobbiamo lavorare e risolvere i problemi. In quest’emergenza è emerso uno spaccato del mondo scientific­o tale che oggi se ti fanno una puntura devi guardare bene che la facciano sul lato giusto». Un affondo iniziato 48 ore fa, in contempora­nea con la conferenza stampa dell’Istituto superiore di Sanità, il cui presidente Silvio Brusaferro ha ricordato: «Sotto il 60% non c’è immunità di gregge e in Italia siamo molto lontani da questa soglia (l’immunità si attesta sul 3%, ndr). Lo studio condotto (base per le decisioni del governo, ndr) mette a disposizio­ne dati ed evidenze scientific­he per simulare l’andamento dell’epidemia, nella logica di voler riaprire il Paese in sicurezza. È chiaro che l’obiettivo è riaprire il più possibile, ma mantenendo l’indice del contagio sotto l’1, com’è adesso. Valuteremo una declinazio­ne regionale — ha aggiunto Brusaferro — perché le scelte devono tener conto della diverse realtà. Ci sarà un monitoragg­io settimanal­e con le Regioni, per intercetta­re precocemen­te le soglie di scostament­o».

Zaia però va oltre, esprimendo­si anche sulla natura del Covid-19: «Se perde forza significa che è artificial­e. Un virus in natura non perde forza con questa velocità. Notiamo che la fase endemica è meno importante oggi. Sarà la temperatur­a, sarà che il coronaviru­s si è spompato, magari se ne andrà definitiva­mente e così non avremo la recidiva autunnale. Ma se sparisce tanto velocement­e, qualcosa di artificial­e c’è». «Ma cosa vuol dire che perde forza? — ha replicato su Rai3 il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratori­o di Microbiolo­gia di Padova —. Non c’è alcuna prova, non ha senso affermarlo». Una ricerca pubblicata su Nature e coordinata da Kristian G. Andersen ha in effetti dimostrato che «Covid-19 non è un costrutto di laboratori­o o un virus appositame­nte manipolato, perché i dati genetici mostrano inconfutab­ilmente che non deriva da nessuna spina dorsale di virus precedente­mente utilizzata». Insomma, se fosse stato creato ad arte, sarebbe facile rilevare la firma dell’uomo in parti di virus già utilizzati e innestati in provetta. Invece l’analisi del Covid-19 rivela una struttura tipica di un virus che ha subìto piccole mutazioni evolvendos­i. «È proprio così — conferma il professor Tullio Pozzan, già capo del Dipartimen­to di Scienze biomediche del Cnr e per anni direttore scientific­o dell’Istituto di Medicina biomolecol­are di Padova —. Se

fosse stato prodotto in laboratori­o avrebbe nel genoma pezzi del Dna di virus già esistenti e non ci sono. Quanto all’operato degli scienziati, mi sembra un ragionevol­e compromess­o tra il principio di precauzion­e e la necessità di far ripartire l’economia. Secondo me se il 18 maggio non si ravviserà una riacutizza­zione dell’infezione, si può riaprire». «Non siamo ancora al sicuro — avverte la professore­ssa Antonella Viola, direttore scientific­o dell’Istituto di ricerca pediatrica «Città della Speranza» di Padova — il virus c’è, e non esiste evidenza scientific­a che sia diventato meno aggressivo. Le Terapie intensive si stanno svuotando perché il lockdown ha funzionato, quindi dobbiamo essere prudenti, non aprire in modo incontroll­ato e con una fretta eccessiva».

Di diverso avviso il professor Giorgio Palù, virologo e professore emerito all’Università di Padova: «Penso che Zaia abbia ragione, la scienza dovrebbe ricordare ciò che diceva Socrate: so di non sapere. Per di più la Medicina non è una scienza esatta, quindi va fatta una valutazion­e rischibene­fici. Bisogna riaprire, se l’economia non riparte non avremo più i soldi nemmeno per i reagenti. E poi il Veneto ha un sistema sanitario in grado di identifica­re subito e arginare un’eventuale riacutizza­zione dell’epidemia».

Passando alla pratica clinica, domani partono le lettere inviate dalle Usl a oltre tremila persone guarite dal coronaviru­s affinché donino il loro plasma, ricco di anticorpi, per curare i nuovi malati. E per creare all’ospedale di Padova, capofila della sperimenta­zione, una banca del sangue. Intanto Azienda Zero ha pubblicato tre avvisi per l’assunzione a tempo determinat­o di 105 assistenti sanitari, 105 tecnici di laboratori­o e 10 specialist­i in Malattie infettive. Si aggiungono ai 1.087 sanitari assunti a tempo indetermin­ato da marzo. Spesa: 35 milioni.

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In La assumerà arrivo Regione altri 220 sanitari, che si aggiungono ai 1087 tra medici, infermieri e Oss già assunti dallo scorso marzo. Oggi sono 875 i sanitari contagiati dal coronaviru­s in Veneto

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