Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Scienziati-Zaia, scontro totale
Il Comitato nazionale: noi tuteliamo la salute. Il governatore e il sospetto del virus artificiale, scintille con Crisanti
VENEZIA Continua la polemica di Zaia nei confronti degli scienziati che consigliano prudenza nelle riaperture «Che gli scienziati abbiano sempre ragione ho i miei dubbi». «L’obiettivo è riaprire il più possibile, ma mantenendo il Paese in sicurezza, il rischio contagio c’è ancora», avverte Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità. Palù, consulente della Regione: «Giusto riaprire». Zaia: «Virus artificiale». Pozzan: «Dimostrato il contrario».
VENEZIA Più passano le ore senza notizie dal governo sulle nuove riaperture dopo quelle del 4 maggio, più la tensione sale. In ballo ci sono parrucchieri, centri estetici, bar e ristoranti, condannati dall’ultimo decreto Conte a stare con le serrande abbassate fino al primo giugno ma speranzosi che il pressing delle Regioni possa anticipare il rientro al lavoro almeno al 18 maggio. Giorno di scadenza del decreto. E per il secondo giorno consecutivo il governatore Luca Zaia non nasconde la propria irritazione nei confronti del Comitato tecnico scientifico nazionale, il cui dossier sull’andamento del coronavirus Covid-19 è alla base delle scelte di Palazzo Chigi. «Spero che in queste ore il premier Giuseppe Conte si decida a dire qualcosa — sbotta il presidente del Veneto — se ha deciso di riaprire il 18 maggio lo annunci, ma non il 17 sera. La gente ha bisogno di sapere per tempo le novità, per organizzarsi, così come i Dipartimenti di Prevenzione. Fossi in lui, farei un bel decreto con questo solo articolo: si delegano le Regioni, a fronte della presentazione di un piano, alle riaperture. Noi sosteniamo la riapertura di tutto, nel rispetto delle indicazioni del mondo scientifico. Ma che gli scienziati abbiano sempre ragione ho i miei dubbi».
Un attacco più di spada che di fioretto. «Mi auguro che le nuove linee guida siano sostenibili. Un conto è l’esercizio scientifico, un altro la vita reale. Sennò diciamo a tutti di girare con lo scafandro, perché il pericolo di malattie infettive c’è sempre. Ma bisogna vivere, spero non ci sia qualcuno che applichi la sua vena creativa per complicare la vita ai cittadini. La messa in sicurezza è un tema serio — insiste Zaia — però deve passare per un livello di sostenibilità. E comunque gli scienziati sono divisi e mentre loro si scontrano noi dobbiamo lavorare e risolvere i problemi. In quest’emergenza è emerso uno spaccato del mondo scientifico tale che oggi se ti fanno una puntura devi guardare bene che la facciano sul lato giusto». Un affondo iniziato 48 ore fa, in contemporanea con la conferenza stampa dell’Istituto superiore di Sanità, il cui presidente Silvio Brusaferro ha ricordato: «Sotto il 60% non c’è immunità di gregge e in Italia siamo molto lontani da questa soglia (l’immunità si attesta sul 3%, ndr). Lo studio condotto (base per le decisioni del governo, ndr) mette a disposizione dati ed evidenze scientifiche per simulare l’andamento dell’epidemia, nella logica di voler riaprire il Paese in sicurezza. È chiaro che l’obiettivo è riaprire il più possibile, ma mantenendo l’indice del contagio sotto l’1, com’è adesso. Valuteremo una declinazione regionale — ha aggiunto Brusaferro — perché le scelte devono tener conto della diverse realtà. Ci sarà un monitoraggio settimanale con le Regioni, per intercettare precocemente le soglie di scostamento».
Zaia però va oltre, esprimendosi anche sulla natura del Covid-19: «Se perde forza significa che è artificiale. Un virus in natura non perde forza con questa velocità. Notiamo che la fase endemica è meno importante oggi. Sarà la temperatura, sarà che il coronavirus si è spompato, magari se ne andrà definitivamente e così non avremo la recidiva autunnale. Ma se sparisce tanto velocemente, qualcosa di artificiale c’è». «Ma cosa vuol dire che perde forza? — ha replicato su Rai3 il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di Microbiologia di Padova —. Non c’è alcuna prova, non ha senso affermarlo». Una ricerca pubblicata su Nature e coordinata da Kristian G. Andersen ha in effetti dimostrato che «Covid-19 non è un costrutto di laboratorio o un virus appositamente manipolato, perché i dati genetici mostrano inconfutabilmente che non deriva da nessuna spina dorsale di virus precedentemente utilizzata». Insomma, se fosse stato creato ad arte, sarebbe facile rilevare la firma dell’uomo in parti di virus già utilizzati e innestati in provetta. Invece l’analisi del Covid-19 rivela una struttura tipica di un virus che ha subìto piccole mutazioni evolvendosi. «È proprio così — conferma il professor Tullio Pozzan, già capo del Dipartimento di Scienze biomediche del Cnr e per anni direttore scientifico dell’Istituto di Medicina biomolecolare di Padova —. Se
fosse stato prodotto in laboratorio avrebbe nel genoma pezzi del Dna di virus già esistenti e non ci sono. Quanto all’operato degli scienziati, mi sembra un ragionevole compromesso tra il principio di precauzione e la necessità di far ripartire l’economia. Secondo me se il 18 maggio non si ravviserà una riacutizzazione dell’infezione, si può riaprire». «Non siamo ancora al sicuro — avverte la professoressa Antonella Viola, direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica «Città della Speranza» di Padova — il virus c’è, e non esiste evidenza scientifica che sia diventato meno aggressivo. Le Terapie intensive si stanno svuotando perché il lockdown ha funzionato, quindi dobbiamo essere prudenti, non aprire in modo incontrollato e con una fretta eccessiva».
Di diverso avviso il professor Giorgio Palù, virologo e professore emerito all’Università di Padova: «Penso che Zaia abbia ragione, la scienza dovrebbe ricordare ciò che diceva Socrate: so di non sapere. Per di più la Medicina non è una scienza esatta, quindi va fatta una valutazione rischibenefici. Bisogna riaprire, se l’economia non riparte non avremo più i soldi nemmeno per i reagenti. E poi il Veneto ha un sistema sanitario in grado di identificare subito e arginare un’eventuale riacutizzazione dell’epidemia».
Passando alla pratica clinica, domani partono le lettere inviate dalle Usl a oltre tremila persone guarite dal coronavirus affinché donino il loro plasma, ricco di anticorpi, per curare i nuovi malati. E per creare all’ospedale di Padova, capofila della sperimentazione, una banca del sangue. Intanto Azienda Zero ha pubblicato tre avvisi per l’assunzione a tempo determinato di 105 assistenti sanitari, 105 tecnici di laboratorio e 10 specialisti in Malattie infettive. Si aggiungono ai 1.087 sanitari assunti a tempo indeterminato da marzo. Spesa: 35 milioni.