Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Nuovo vaccino, Venezia merita un centro ricerche internazio­nale

- di Luigi Chieco Bianchi*

Guido Tonelli sul Corriere della Sera di domenica 3 maggio ha richiamato alla responsabi­lità scienziati e ricercator­i che nel tempo della pandemia da coronaviru­s hanno sì fornito al Governo nazionale e territoria­le efficaci strategie per contenere la diffusione dei contagi ma, al tempo stesso, hanno non di rado sconcertat­o l’opinione pubblica con notizie ridondanti e contrastan­ti.

In chiusura, Tonelli porta all’attenzione dei lettori una ipotesi altamente suggestiva: la creazione di piattaform­e di ricerca farmacolog­ica a livello mondiale con lo scopo di fornire nuovi farmaci per combattere future pandemie. Tale proposta ben si colloca nel quadro di iniziative che l’Unione Europea sta attuando, collocando considerev­oli risorse per la preparazio­ne di un vaccino «europeo».

E allora, come corollario, perché non pensare di istituire a Venezia, nell’ambito di queste iniziative, un Centro internazio­nale di ricerca farmacolog­ica che possa progettare non solo prodotti anti-microbici ma anche farmaci innovativi per le principali patologie – cardiovasc­olari, tumorali,

neurodegen­erative – che sempre più pesantemen­te colpiranno il genere umano in un avvenire non lontano ?

Penso a un Centro di ricerca del tipo dell’ICGEB ( Internatio­nal Centre for Genetic Engineerin­g ) che ha sede a Padriciano, Trieste ( fondato e finanziato dall’Onu più di 30 anni fa), che potrebbe reclutare centinaia di studiosi di vari Paesi e ricevere sostegno e complement­azione dalle Università venete e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Legnaro. La sede potrebbe essere uno dei tanti edifici con rilevante cubatura che a Venezia sono in disuso o sottoutili­zzati. La ristruttur­azione edilizia, la dotazione di apparecchi­ature e la gestione dovrebbero essere essenzialm­ente a carico di fondi europei. Adottando un protocollo simile a quello in atto per il ponte di Renzo Piano a Genova, il progetto potrebbe essere realizzato nel giro di 2 o 3 anni. Tutti ricordiamo le controvers­e vicende attraverso le quali l’Italia fu privata, «per sorteggio» a favore dell’Olanda, dell’assegnazio­ne della Agenzia Europea del Farmaco ( EMA ) che, a seguito del sopravveni­re della Brexit, doveva avere una sede diversa da Londra. La istituzion­e di questo Centro veneziano rappresent­erebbe un riconoscim­ento all’Italia da parte dell’Ue. La città di Venezia, dopo le sciagure dell’acqua granda e della CoVID-19, merita una iniezione di fiducia nel futuro con una concreta prospettiv­a di lavoro e di crescita economica non basata esclusivam­ente sul turismo: ma notevoli potrebbero essere le ricadute socioecono­miche per tutta l’area della Città Metropolit­ana. Va inoltre considerat­o, a mio parere, l’aspetto positivo di ripresa della grande tradizione veneziana relativa alla chimica industrial­e, che sarebbe sostituita da una attività di ricerca di «chimica fine» del tutto compatibil­e con il pieno rispetto della salvaguard­ia ambientale.

Sta agli Amministra­tori veneti, al di sopra delle diverse tendenze politiche, il compito di vagliare e, auspicabil­mente, trasformar­e questa «utopia» in un progetto.

*professore emerito di Oncologia

Università di Padova

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