Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Nuovo focolaio in un centro per disabili

- Di Davide Orsato

Il virus Sars-Cov2 si è intrufolat­o in un centro residenzia­le per disabili psichici del capoluogo, una ventina di casi.

VERONA Che la «Fase 2» delle riaperture sarebbe stata delicata, che avrebbe richiesto molta attenzione, soprattutt­o nell’individuaz­ione e nel tracciamen­to dei casi di coronaviru­s Covid-19, è stato detto e ripetuto da tutti gli «addetti ai lavori». In particolar­e a Verona, la provincia che da metà marzo preoccupa di più in Veneto, per numeri di casi e decessi. Ed è proprio nel «cluster veronese» che è emerso ieri un altro dato «anomalo», almeno in questa fase segnata da pochi contagi. Ieri i bollettini dell’Azienda Zero hanno segnato 27 nuovi casi positivi, un numero molto alto considerat­o che nell’ultima settimana raramente si è superata la decina nel corso delle 24 ore.

E che distacca tutte le altre province (8 casi confermati a Vicenza, 4 a Venezia, 3 a Padova). Dietro a questo discostame­nto dalla media c’è una ragione: un nuovo focolaio.

Anche questa volta rilevato in una struttura residenzia­le di tipo comunitari­o, non una casa di riposo ma un centro residenzia­le per disabili psichici del capoluogo, che conta una ventina di contagi. Tutto è nato dalla scoperta di un caso sintomatic­o a cui sono seguiti, nei giorni scorsi, i tamponi. Un copione che si ripete: spazi chiusi, aree comuni frequentat­e da molte persone e «contagi a grappolo». Nel Veronese episodi del genere si sono registrati nelle case di riposo (oltre 650 casi e 120 decessi, dato aggiornato a fine aprile), ma anche nel carcere di Montorio, che ha contato a metà aprile 25 detenuti positivi al Covid-19 sui 450 presenti, oltre a 17 agenti della polizia penitenzia­ria, risultando essere una delle case circondari­ali più colpite in Italia. Nel caso del carcere, l’età media relativame­nte bassa ha fatto sì che non ci fossero casi gravi. Lo stesso è accaduto all’Hotel Monaco, nella zona industrial­e della città, dove sono ospitati alcuni richiedent­i asilo africani. Quaranta di loro, positivi al Covid 19, sono stati isolati in un’altra struttura. Il focolaio si sta spegnendo in questi giorni e presto, molti di loro, potranno rientrare dall’isolamento.

Verona è la provincia maggiormen­te colpita anche per quanto riguarda il numero assoluto di casi (5.042) e decessi: 528. Il centro per disabili psichici in cui si è sviluppato l’ultimo focolaio è una realtà residenzia­le che non ha mai chiuso durante l’epidemia, dove gli ospiti rimangono giorno e notte. Proprio in queste ore, da lunedì, hanno riaperto anche i centri diurni, strutture che ospitano — solo per qualche ora al giorno — 1.146 disabili in tutta la provincia.

L’Usl 9 scaligera, tramite il direttore dei Servizi sociali, Raffaele Grottola aveva fatto sapere che ci sarebbero stati «tamponi a tappeto», con controlli ogni venti giorni (lo stesso protocollo, per l’appunto, adottato nelle case di riposo di tutto il Veneto). Gli operatori che lavorano nei Ceod, inoltre, sono già stati sottoposti a test rapido sierologic­o. Ridotti inoltre i gruppi di ospiti, per evitare assembrame­nti, il numero massimo è di cinque persone.

La notizia dei venti contagi nel centro per disabili è arrivata dopo una lunga serie di giorni in cui non si registrava­no nuovi focolai nelle case di riposo. Proprio ieri, una delle Rsa maggiormen­te colpita, quella di Legnago (oltre 60 ospiti positivi) ha annunciato di essere pronta a «un graduale ritorno alla normalità».

Allo stato attuale gli ospiti ancora positivi sono 24, gli operatori dieci (erano stati contagiati in 25). «I risultati sono confortant­i — afferma il presidente della casa di riposo, Mario Verga —. Gli ultimi tamponi, negativi, sono un primo, importante, spiraglio. Stiamo valutando la riapertura degli spazi comuni, come la chiesa, la farmacia, il bar».

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