Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Siero dei guariti «Ora i pazienti sono migliorati»
La dottoressa Giustina De Silvestro, a capo del Centro trasfusionale di Padova: «Sono tutti migliorati. Ma non conosciamo la durata della risposta immunitaria»
Primi risultati della terapia al plasma su 23 pazienti curati a Padova. «Sono tutti migliorati».
VENEZIA Da inizio aprile sono
23 i pazienti colpiti da Covid19 trattati all’ospedale di Padova con il plasma iperimmune, cioè donato dai malati guariti e quindi dotato degli anticorpi che neutralizzano il coronavirus. Quattro sono casi compassionevoli, che non rispondono ai criteri di valutazione di efficacia o meno della sperimentazione, da cui potrebbero però trarre beneficio; gli altri sono degenti soprattutto della Terapia intensiva, oltre la metà in ventilazione assistita. Solo una minima parte è stata trattata in Malattie infettive e un terzo in Terapia sub-intensiva. Lo rivela la dottoressa Giustina De Silvestro, primario del Centro trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Padova, che riepiloga: «Un paziente è morto, era uno dei primi ed era ricoverato in Rianimazione da 14 giorni, afflitto da altre gravi patologie che hanno impedito al trattamento di fare effetto. I rimanenti, tolti i 4 casi compassionevoli, hanno risposto bene. Alcuni sono già stati dimessi, altri sono in fase di riabilitazione respiratoria. Nessuno ha reagito in 24-36 ore, come accaduto all’ospedale di Pavia, ma tutti sono migliorati dopo la somministrazione del plasma iperimmune. Va detto che i colleghi lombardi hanno selezionato malati precoci, ricoverati in reparto medico e non in ventilazione assistita, quindi molto meno gravi dei nostri, perciò le due esperienze non sono confrontabili». Il progetto è partito all’inizio di marzo, 8-10 giorni dopo l’esplosione dell’epidemia, e dopo il via libera del Comitato tecnico scientifico della Regione è stato redatto il protocollo sperimentale.
La raccolta del plasma è cominciata un mese dopo, man mano che si presentavano i guariti, arruolati quando non c’era più la massa critica di ricoverati, bensì la coda dell’infezione con degenti particolarmente impegnativi. Fin dall’inizio, ma soprattutto dopo l’appello lanciato dal governatore Luca Zaia deciso a creare una banca del sangue, si sono presentati molti donatori. Quelli già selezionati in tutto il Veneto sono 199, soprattutto di Padova, che conta pure una lista d’attesa di altri 350, già contattati e in attesa della visita di routine. Hanno tra 18 e 65 anni. Intanto si sono attivati gli ospedali di Verona e Vicenza e adesso iniziano quelli di Treviso e Venezia, per reclutarne ancora. «Da ogni donatore ricaviamo tre unità terapeutiche di plasma — spiega la dottoressa De Silvestro — ad oggi ne abbiamo conservate 481 e trasfuse 101 ai 23 pazienti in terapia. Con un donatore non riusciamo a trattare un malato, c’è bisogno di almeno uno e mezzo. Il problema è il dosaggio degli anticorpi: non tutti i guariti li sviluppano in quantità notevole, sufficiente a garantire una cura efficace. Chi ha avuto pochi sintomi ha sviluppato pochi anticorpi neutralizzanti e noi possiamo utilizzare solo il plasma che ne conta un titolo, cioè una quantità, di 160». Poco più del
50% dei donatori ha un titolo superiore a 80 e solo il 33% uguale o superiore a 160. Viene comunque raccolto anche il plasma con un titolo anticorpale inferiore a 80, che sarà ceduto all’industria farmaceutica per ricavarne prodotti indispensabili da restituire agli ospedali. Il secondo problema è che i più colpiti dal
Covid-19 sono gli anziani, molti dei quali non in grado di offrire il proprio plasma e ciò riduce ulteriormente il numero di donatori.
E poi resta la grande incognita: quanto durano gli anticorpi? Un guarito si può reinfettare? «Stiamo monitorando i donatori per vedere come si comportano gli anticorpi nel tempo ma siamo in una fase ancora molto precoce — illustra De Silvestro —. Nell’eventualità di un ritorno del
Covid-19 in autunno dovremo capire se avranno la forza di essere prodotti di nuovo dallo stesso organismo o se andranno aiutati. In alcune infezioni si è visto che le cellule deputate a produrre gli anticorpi conservano la memoria e quando si ripresenta il virus li ricreano. In altri casi la risposta immunitaria non è così rapida. Credo che tra settembre e ottobre qualche caso ci sarà, non so con quale intensità. Dipenderà molto anche dai nostri comportamenti, che l’epidemia ha cambiato. E’ un coronavirus — chiude il primario — come Sars e Mers potrebbe andarsene oppure potrebbe scatenare infezioni periodiche ma meno intense dell’attuale. In un mese ha collezionato un numero di casi e decessi che l’influenza causa in otto mesi. Stiamo allora creando una scorta di plasma da usare in fase molto più precoce in vista della seconda ondata. Io, potendo, mi vaccinerei e mi iscriverei pure alla App per immuni».