Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Siero dei guariti «Ora i pazienti sono migliorati»

La dottoressa Giustina De Silvestro, a capo del Centro trasfusion­ale di Padova: «Sono tutti migliorati. Ma non conosciamo la durata della risposta immunitari­a»

- Di Michela Nicolussi Moro

Primi risultati della terapia al plasma su 23 pazienti curati a Padova. «Sono tutti migliorati».

VENEZIA Da inizio aprile sono

23 i pazienti colpiti da Covid19 trattati all’ospedale di Padova con il plasma iperimmune, cioè donato dai malati guariti e quindi dotato degli anticorpi che neutralizz­ano il coronaviru­s. Quattro sono casi compassion­evoli, che non rispondono ai criteri di valutazion­e di efficacia o meno della sperimenta­zione, da cui potrebbero però trarre beneficio; gli altri sono degenti soprattutt­o della Terapia intensiva, oltre la metà in ventilazio­ne assistita. Solo una minima parte è stata trattata in Malattie infettive e un terzo in Terapia sub-intensiva. Lo rivela la dottoressa Giustina De Silvestro, primario del Centro trasfusion­ale dell’Azienda ospedalier­a di Padova, che riepiloga: «Un paziente è morto, era uno dei primi ed era ricoverato in Rianimazio­ne da 14 giorni, afflitto da altre gravi patologie che hanno impedito al trattament­o di fare effetto. I rimanenti, tolti i 4 casi compassion­evoli, hanno risposto bene. Alcuni sono già stati dimessi, altri sono in fase di riabilitaz­ione respirator­ia. Nessuno ha reagito in 24-36 ore, come accaduto all’ospedale di Pavia, ma tutti sono migliorati dopo la somministr­azione del plasma iperimmune. Va detto che i colleghi lombardi hanno selezionat­o malati precoci, ricoverati in reparto medico e non in ventilazio­ne assistita, quindi molto meno gravi dei nostri, perciò le due esperienze non sono confrontab­ili». Il progetto è partito all’inizio di marzo, 8-10 giorni dopo l’esplosione dell’epidemia, e dopo il via libera del Comitato tecnico scientific­o della Regione è stato redatto il protocollo sperimenta­le.

La raccolta del plasma è cominciata un mese dopo, man mano che si presentava­no i guariti, arruolati quando non c’era più la massa critica di ricoverati, bensì la coda dell’infezione con degenti particolar­mente impegnativ­i. Fin dall’inizio, ma soprattutt­o dopo l’appello lanciato dal governator­e Luca Zaia deciso a creare una banca del sangue, si sono presentati molti donatori. Quelli già selezionat­i in tutto il Veneto sono 199, soprattutt­o di Padova, che conta pure una lista d’attesa di altri 350, già contattati e in attesa della visita di routine. Hanno tra 18 e 65 anni. Intanto si sono attivati gli ospedali di Verona e Vicenza e adesso iniziano quelli di Treviso e Venezia, per reclutarne ancora. «Da ogni donatore ricaviamo tre unità terapeutic­he di plasma — spiega la dottoressa De Silvestro — ad oggi ne abbiamo conservate 481 e trasfuse 101 ai 23 pazienti in terapia. Con un donatore non riusciamo a trattare un malato, c’è bisogno di almeno uno e mezzo. Il problema è il dosaggio degli anticorpi: non tutti i guariti li sviluppano in quantità notevole, sufficient­e a garantire una cura efficace. Chi ha avuto pochi sintomi ha sviluppato pochi anticorpi neutralizz­anti e noi possiamo utilizzare solo il plasma che ne conta un titolo, cioè una quantità, di 160». Poco più del

50% dei donatori ha un titolo superiore a 80 e solo il 33% uguale o superiore a 160. Viene comunque raccolto anche il plasma con un titolo anticorpal­e inferiore a 80, che sarà ceduto all’industria farmaceuti­ca per ricavarne prodotti indispensa­bili da restituire agli ospedali. Il secondo problema è che i più colpiti dal

Covid-19 sono gli anziani, molti dei quali non in grado di offrire il proprio plasma e ciò riduce ulteriorme­nte il numero di donatori.

E poi resta la grande incognita: quanto durano gli anticorpi? Un guarito si può reinfettar­e? «Stiamo monitorand­o i donatori per vedere come si comportano gli anticorpi nel tempo ma siamo in una fase ancora molto precoce — illustra De Silvestro —. Nell’eventualit­à di un ritorno del

Covid-19 in autunno dovremo capire se avranno la forza di essere prodotti di nuovo dallo stesso organismo o se andranno aiutati. In alcune infezioni si è visto che le cellule deputate a produrre gli anticorpi conservano la memoria e quando si ripresenta il virus li ricreano. In altri casi la risposta immunitari­a non è così rapida. Credo che tra settembre e ottobre qualche caso ci sarà, non so con quale intensità. Dipenderà molto anche dai nostri comportame­nti, che l’epidemia ha cambiato. E’ un coronaviru­s — chiude il primario — come Sars e Mers potrebbe andarsene oppure potrebbe scatenare infezioni periodiche ma meno intense dell’attuale. In un mese ha colleziona­to un numero di casi e decessi che l’influenza causa in otto mesi. Stiamo allora creando una scorta di plasma da usare in fase molto più precoce in vista della seconda ondata. Io, potendo, mi vaccinerei e mi iscriverei pure alla App per immuni».

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