Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Sì, il virus è clinicamente morto»
Navalesi, direttore della Scuola di specializzazione in Anestesia: spero di non vederlo più. Pronto un database con la storia clinica dei 650 degenti di Terapia intensiva
VENEZIA «Solo due pazienti ricoverati nelle Terapie intensive del Veneto sono positivi al coronavirus, quindi ha ragione il mio amico Alberto Zangrillo: clinicamente il Covid-19 non c’è più, è morto». Lo dice il professor Paolo Navalesi, direttore dell’Istituto di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda ospedaliera di Padova.
VENEZIA « Soltanto due pazienti ricoverati nelle Terapie intensive del Veneto sono ancora positivi al coronavirus, quindi ha ragione il mio amico Alberto Zangrillo (primario al San Raffaele di Milano, ndr): clinicamente il Covid-19 non c’è più, è morto, ho più degenti con infezioni batteriche». Lo dichiara il professor Paolo Navalesi, direttore dell’Istituto di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda ospedaliera di Padova e della Scuola di specialità. «Ormai la situazione è sotto controllo — aggiunge —. Nessuno ha la bacchetta magica, dobbiamo mantenere comportamenti virtuosi, però davvero dal mio punto di vista il problema è dietro le spalle, noi stiamo già guardando avanti. Il Covid-19 è niente in questo momento, ma è stato una sfida importante. Non mi aspettavo nulla di ciò che è successo, avrei scommesso su qualcosa di simile all’influenza H1N1, ero pronto a fare 150 Ecmo (tecnica di circolazione extracorporea, ndr) e invece ne ho effettuate due, insomma ho sbagliato in pieno. Forse a un certo punto noi anestesisti abbiamo iniziato a guardare la nuova infezione con gli occhi di un bambino: è una malattia che non avevo mai visto prima e che spero di non vedere mai più».
Tanto è vero che il clinico e docente non appartiene alla scuola di pensiero sicura di un ritorno del virus in autunno. «Chiunque oggi faccia una previsione su ciò che succederà a ottobre per me è un demente — dice — è come lanciare in aria la monetina. Non mi gioco la mia credibilità sul 50% di probabilità, perché quello è. Sono ottimista, se chiedete a me rispondo no, non torna. Siamo molto amici con Zangrillo, che ha detto una cosa di buon senso: clinicamente il virus è morto, l’influenza a febbraio è infinitamente peggio. Non ci ho capito più di tanto, non so quello che succederà, non sono un virologo e affronto i problemi che conosco. In base all’esperienza maturata in questi tre mesi, posso dire che se siamo riusciti ad affrontare in pochi giorni un’emergenza completamente sconosciuta, oggi saremmo in grado di rispondere nel giro di qualche ora, perciò mi sento tranquillo». L’altra certezza acquisita è che il passaggio chiave capace di evitare nel Veneto la strage vista in Lombardia si riferisce all’attivazione delle Terapie sub-intensive. Reparti intermedi, saliti da 85 a 383 letti, che hanno impedito la saturazione dei posti in Rianimazione (comunque portati dalla Regione da 494 a 829). «Sentivo tutti i giorni i colleghi di Milano, dove l’infezione è arrivata con una settimana di anticipo — rivela Navalesi — abbiamo fatto tesoro della loro esperienza e delle difficoltà che hanno incontrato. Tutti i giorni facevamo i calcoli dei pazienti in base a quello che stava succedendo in Lombardia. Mi ricordo una riunione del Comitato
Paolo Navalesi Ormai è dietro le spalle, guardiamo avanti Chi dice che tornerà in ottobre è un demente