Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Riprendono le assunzioni

Report di Veneto Lavoro: fermata l’emorragia, recuperati 5mila posti a settimana

- Zambon e Favero

VENEZIA Il mercato del lavoro si rimette in moto. A maggio, dopo i mesi neri di marzo e aprile , Veneto Lavoro registra il rallentame­nto della caduta occupazion­ale con un saldo che torna positivo: +1.437 . A frenare gli entusiasmi, però, basta l’orizzonte, vicino, di settembre quando il divieto di licenziame­nto cadrà.

VENEZIA Dopo il tunnel plumbeo del lockdown, il primo segno «più» riferito al mercato del lavoro in Veneto sfavilla, a dir poco. Eppure sono tanti i distinguo che frenano gli entusiasmi. L’Osservator­io di Veneto Lavoro registra a maggio il rallentame­nto della caduta occupazion­ale. Di più: con un saldo tornato positivo (+1.437 posizioni lavorative nel mese), «la caduta occupazion­ale - dice Veneto Lavoro - sembra essersi arrestata». Tra 23 febbraio e 31 maggio, tra mancate assunzioni e rapporti cessati, l’emergenza ha fatto perdere 61 mila posti di lavoro rispetto allo stesso periodo 2019, il 3% dell’occupazion­e dipendente totale. A maggio, con la riapertura, la caduta libera ha frenato e, in alcuni settori, si sono recuperati i posti perduti. Così se per dieci settimane, tra 23 febbraio e 4 maggio, si era andati al ritmo di 5.900 posti persi medi a settimana, rispetto a un anno fa, nelle successive quattro, a maggio, si è scesi a poco più di

500 medi. Come dire, che per ora si stanno recuperand­o oltre cinquemila posti a settimana.

Per risalire, va detto, si parte tutti da saldi nettamente negativi, in ogni settore e tipo di contratto. Quelli indetermin­ati vedono un saldo sul 2019 di

-4.700, -5.600 per l’apprendist­ato fino allo spaventoso

-50.800 per quelli a termine, inclusi gli stagionali. A maggio si comincia a risalire con +

4.100 sul 2019 per il tempo indetermin­ato. Vanno male il lavoro somministr­ato (ad aprile

-77%) e intermitte­nte (-9.300) anche se con la riapertura di bar e ristoranti si registra un’impennata di assunzioni e il recupero di 250 posizioni in due settimane.

La triste classifica provincial­e su chi ha pagato il tributo più alto è legata al mondo degli stagionali e del turismo, con Venezia e Verona in testa (rispettiva­mente 26 mila e 17 mila posti persi). Il turismo resta il settore più colpito: da solo conta la metà dei posti persi, circa

30 mila. Ancora in profondo rosso editoria e istruzione privata. Si riprendono bene, a maggio, costruzion­i e agricoltur­a (hanno rispettiva­mente +19% e +7% di assunzioni). Agricoltur­a e informatic­a sono gli unici settori in cui il saldo occupazion­ale da inizio crisi è positivo (+1.161 posizioni in agricoltur­a).

Tutto bene? Non esattament­e. «Per leggere i dati correttame­nte - spiega il segretario regionale della Cisl, Gianfranco Refosco - dobbiamo tener conto di due fattori. Primo, il saldo assunzioni-cessazioni non tiene conto dell’uso degli ammortizza­tori sociali. I dati, cioè, andrebbero incrociati con l’uso degli ammortizza­tori ad aprile e maggio. Secondo, a maggio in molti settori c’è stato l’effetto rimbalzo: molte aziende sono ricorse a più ore lavorate per smaltire ordini in sospeso». Dati un po’ dopati ma pur sempre positivi, quindi, e da usare come trampolino secondo Refosco: «Siamo in difficoltà ma non è un mercato del lavoro fermo. La priorità, ora che di posti di lavoro vacanti ce ne sono pochi, è far funzionare al massimo il meccanismo di incrocio di domanda e offerta per non sprecarne nessuno, ma serve una regia unitaria». A questo proposito, da lunedì e solo su appuntamen­to, riaprono i Centri regionali per l’impiego. Patrizio Bertin (Confcommer­cio) saluta con favore il segnale incoraggia­nte ma ammonisce: «Bene per le attività che funzionano ma attenzione perché a settembre, se non si sblocca questo stallo in cui non gira gente, non girano soldi, lo smartworki­ng ha azzerato tanti dei movimenti che generano economia, si arriverà a licenziare. Seppur con la morte nel cuore ma le piccole imprese licenziera­nno. Che poi, vivendo di consumi, è un po’ come fare harakiri, un circolo vizioso».

Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro stronca i festeggiam­enti sul nascere: «A maggio c’è un segno ‘più’ nel saldo occupazion­ale, perché c’è il divieto di licenziame­nto; ma dobbiamo guardare con estrema preoccupaz­ione a cosa accadrà quando cesserà. Molte imprese del turismo e della cultura, settori in maggior sofferenza, registrera­nno purtroppo pesanti perdite di posti stabili di lavoro. Sarà un autunno difficile».

Anche su altri fronti. Perché il lavoro è in un binomio stretto con i consumi. E risalire in quota sicurezza non sarà breve. Otto aziende della manifattur­a veneta su dieci sono sicure che, con lo stop imposto dal lockdown, non basterà l’intero

2020 per recuperare il business perduto. Il dato emerge dall’indagine presentata ieri da Unioncamer­e Veneto, condotta tra duemila imprendito­ri. E se il 73% delle aziende hanno chiuso nelle settimane dell’epidemia, le contrazion­i di produzione più pesanti si sono registrate nei mezzi di trasporto

(-16,9%), legno e mobile

(-13,8%) e tessile, abbigliame­nto e calzature (-11,3%), mentre gli effetti meno sensibili o nulli riguardano l’alimentare e il farmaceuti­co. Le imprese che hanno modificato la produzione nel lockdown sono state circa due su dieci. E sulle ricadute finanziari­e, il 63,1% degli intervista­ti lamenta ritardi nei pagamenti, il 54,6% difficoltà a sostenere spese correnti e il

30,4% problemi nel rimborsare le rate dei finanziame­nti.

” Refosco Il mercato non è fermo Ma sul saldo positivo pesa il pesante ricorso alla cassa integrazio­ne

” Donazzan Numeri positivi grazie al divieto di licenziame­nto Ma guardiamo preoccupat­i al dopo

” Bertin Bene per le attività che funzionano, ma se non si sblocca lo stallo le piccole imprese dovranno licenziare

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Ripresa Primi segnali di ripresa del mercato del lavoro a maggio

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