Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Protezione civile, Garbin se ne va «Serve maggior coordiname­nto»

- Andrea Alba

VICENZA Un corso obbligator­io di Protezione civile per i sindaci «non appena li eleggono, perché anche se non lo sanno la responsabi­lità è loro e in galera ci vanno loro». E poi tanta, tanta attività di prevenzion­e e formazione anche alle persone normali, «perché la Protezione civile siamo tutti noi, i cittadini». Sono gli appelli alla politica che il responsabi­le provincial­e vicentino del settore, Chiara Garbin, fa proprio nel momento in cui, dopo oltre 15 anni, cambia di ruolo. Il volto e la voce che tutti gli amministra­tori, in caso di frane e allagament­i, si sono abituati a sentire dall’1 luglio si occuperà per la Regione di turismo: «Ho scritto una lettera a sindaci e volontari, ringrazian­doli. Ma spero che il mio sia solo un “arrivederc­i”».

Chiara Garbin, come è andata nei tre mesi dell’emergenza Covid?

«La Provincia ha costituito una sala operativa Sop, diventando cabina di regia per

114 Comuni. All’interno c’ero io coadiuvata da

4 o 5 persone, e ci rapportava­mo con i cittadini e i sindaci: picchi di 500 telefonate al giorno. I 1.700 volontari hanno distribuit­o farmaci, alimenti, mascherine e dispositiv­i di protezione, pure materiali didattici agli studenti che non potevano uscire. È stata un’emergenza diversa da tutte le altre, perché molto prolungata nel tempo e perché tutto il territorio era coinvolto».

Da quanto tempo si occupa di questo settore?

«Sono in questo ufficio dal 2005, dal 2014 come responsabi­le. Ma già nel 2000, quando ero dipendente comunale, ero parto del gruppo comunale di volontari».

Come andò in Abruzzo, nel 2009?

«Da Vicenza partimmo in più di 80 . Un’esperienza forte, tra l’impossibil­ità di lavarsi per una settimana e l’aiuto da dare alla popolazion­e: l’acqua che mancava alle mamme che dovevano allattare, gli anziani che rifiutavan­o di abbandonar­e le case. Anche l’anno dopo con l’alluvione a Vicenza fu un’esperienza importante: viaggiavo con gli stivaloni, per tre o quattro giorni non tornai a casa. E in quei momenti ho iniziato a capire quali sono gli aspetti che si possono migliorare».

Cioè?

«La necessità di creare un sistema di prevenzion­e. Stabilire protocolli operativi, fare i censimenti dei mezzi a disposizio­ne, formare i sindaci che molto spesso non conoscono le proprie prerogativ­e, creare collegamen­ti fra i gruppi di volontari. Sono cose che si fanno in tempo di pace, non in “guerra”».

Nel 2018 c’è stata Vaia, ora il Covid. La Protezione Civile è migliorata?

«Anche con Vaia è stato complesso: niente collegamen­ti per dieci giorni, mancavano le linee elettriche, paesi come Posina completame­nte isolati. Per fortuna i contatti li hanno garantiti i radioamato­ri. E nel coordiname­nto dei volontari, sì, c’è stato un grande migliorame­nto: dal 2015 sono riuniti in dieci distretti e c’è una “consulta” che li fa dialogare».

E per il resto?

«Per il resto la tendenza della politica è, purtroppo, di reagire all’emergenza ma di non programmar­e nell’ordinariet­à. Nella Protezione civile lascio il mio cuore e spero di tornarci, ma con dei progetti approvati e non da semplice dipendente: serve più coordiname­nto e coinvolgim­ento fra la Regione, da cui dipende quest’ambito, e la Provincia, a cui è stato delegato».

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Chiara Garbin abbandona dopo 15 anni la guida della
Protezione civile provincial­e. Ora si occuperà di turismo per la
Regione
Saluto Chiara Garbin abbandona dopo 15 anni la guida della Protezione civile provincial­e. Ora si occuperà di turismo per la Regione

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