Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Vicenza antifascista», 1.500 al corteo
Sono arrivati da tutto il Veneto. Qualche tensione alla fine della manifestazione
VICENZA Sono arrivati da tutto il Veneto per urlare «Vicenza è antifascista». In 1.500, almeno (stando alla questura) sono partiti da piazza Castello per arrivare a Palazzo Trissino dove hanno issato una bandiera antifascista, per poi colorare di rosso con i fumogeni piazza dei Signori. Qualche piccola tensione a fine serata, fermata dalle forze dell’ordine, non ha guastato il corteo voluto contro il Comune che, primo in Italia, ha cancellato la clausola antifascista.
VICENZA I referenti del centro sociale Bocciodromo avevano annunciato che non si sarebbero attenuti alle prescrizioni del questore per la manifestazione antifascista prevista ieri sera e così hanno fatto. Dalle 21.40, il «rompete le righe» dai megafoni in una piazza Castello gremita di ragazzi, genitori con passeggini e pensionati, tra bandiere (No Dal Molin, Asion Veneta Antifascista, Rifondazione Comunista, Anpi e Cub), tshirt con slogan, musica e tamburi. Presenti anche i politici, da Isabella Sala a Federico Formisano a Raffaele Colombara. Almeno 1.500 persone stando alla questura, con appartenenti ai centri sociali arrivati da tutto il Veneto e in particolare da Padova e Venezia. E quella che doveva essere una manifestazione antifascista statica, limitata allo spazio della piazza, così come imposto in primis dal decreto con le misure anti Covid, si è trasformata in un corteo. Aperto dallo striscione con la scritta rossa «Vicenza è antifascista», accompagnato da cori e mani che battevano il ritmo. «Siamo tutti antifascisti», «Vicenza libera» e ancora «Le nostre idee non moriranno mai» i cori del serpentone che è avanzato tra i fumogeni rossi alla vista di polizia e carabinieri presenti in gran numero e fino a piazza dei Signori, passando per corso Palladio e facendo tappa davanti a Palazzo Trissino, lì dove è stata affissa una bandiera con la scritta «Azione antifascista» sul balcone. Proprio quando la testa del corteo avanzava alcuni dei manifestanti hanno fatto cordone per bloccare la zona di fronte al municipio e permettere ad altri di usare una scala per arrivare in alto e appendere la bandiera, mentre i fumogeni coloravano di rosso l’azione. Il messaggio ribadito al megafono, in riferimento all’abolizione della norma antifascista dal regolamento comunale, è stato chiaro: «Vogliamo il reinserimento della clausola anti fascista, vogliamo che finisca questa maledetta guerra tra poveri, noi continueremo a lottare finché non lo otterremo» le parole condivise con i partecipanti. E ancora accuse agli amministratori comunali: «Sono collusi con i neofascisti, chiediamo le dimissioni di Silvio Giovine, di Nicolò Naclerio e di Mattia Ierardi, che l’apertura ai fascisti cessi subito, Casapound è stata fatta entrate in Comune» le parole al megafono. Un attacco poi diretto a Giovine, assessore alle attività Produttive, oggetto di recente di minacce su Facebook: «Non ha mai aperto un libro di storia».
Attimi di tensione si sono poi registrati una volta arrivati in piazza dei Signori, la tappa finale del corteo avanzato sotto gli occhi delle forze dell’ordine (presente anche la polizia locale) con i reparti antisommossa della polizia che ha bloccato le vie di fuga dalla piazza anche per evitare azioni contro la sede del Msi. Alcuni giovani dei centri sociali padovani e veneziani sono corsi improvvisamente sotto i portici, verso piazzetta Palladio. Hanno poi spiegato di essere stati provocati da alcuni fascisti, ma dovrà essere chiarito. A chiedere agli amici di indietreggiare sono stati anche gli attivisti del No Dal Molin, davanti agli scudi alzati dei poliziotti. Nessuno scontro, ma conseguenze sì: almeno per i promotori del corteo. Una denuncia per inosservanza delle prescrizioni del questore e sanzione per aver violato le misure anticovid.