Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Factotum del boss che firma tutto «Ma non so neppure leggere»

- Di Alberto Zorzi

” Volevo denunciare Donadio ma il carabinier­e mi sembrò impaurito e intimidito

” Disse a tutta Eraclea di votare per Mestre: “Se diventa sindaco andiamo bene”

Secondo l’accusa era la «testa di legno» di Luciano Donadio, quello che firmava gli atti dal notaio e i documenti in banca delle società Enjoy e Pulifin. «Ma io non sono mai andato a scuola e non so leggere, né scrivere», ha esordito il primo testimone del processo ai casalesi di Eraclea, Salvatore Salvati,

58enne napoletano, che dal

1997 al 2014, salvo una breve parentesi, è stato manovale della Donadio Costruzion­i e poi factotum del presunto boss, per il quale faceva le pulizie nel suo capannone e sistemava il giardino. «Mi dava

20 euro al giorno», ha raccontato Salvati, che oggi è disperato per ciò che gli ha causato «quell’uomo», come ha ripetuto più volte, citando il nome solo su richiesta esplicita. «Ho perso la memoria per colpa sua, quello che ho passato io non lo auguro a nessuno - ha aggiunto - Ho perso tutto, lavoro, casa e un po’ di pensione, mi ha anche truffato 22 mila euro».

Ovvero quell’indennità di disoccupaz­ione che gli sarebbe stata versata dall’Inps e che, dice lui, gli sarebbe stata rubata da Donadio in combutta con il bancario Denis Poles, pure lui a processo con l’accusa di aver fiancheggi­ato il clan. Versione che l’avvocato di Poles, Antonio Forza, ha però cercato di smentire, atti dell’Inps alla mano, che dimostrano che nel 2009, nel 2012 e nel 2014 gli vennero fatti versamenti per circa 19 mila euro in altre banche rispetto all’Antonvenet­a di cui Poles era direttore di filiale. Salvati ha raccontato che si era arrabbiato e aveva deciso di andare dai carabinier­i a denunciare tutto: «Ma il carabinier­e, che si chiamava Marco, mi sembrò intimidito, impaurito, quando feci quel nome».

Il cuore dell’interrogat­orio ha riguardato però la gestione delle due società. «Donadio mi disse di intestarmi la Enjoy e che non dovevo preoccupar­mi - ha continuato - Andammo da un notaio a Mestre e mi diede un assegno di mille euro per lui». Ma il lavoro principale era quello con la banca di Poles. «Donadio mi mandava a prelevare 500-600 euro all’Antonvenet­a - ha spiegato Di solito preannunci­ava il mio arrivo e mi diceva cosa dovevo fare o dire. A volte veniva anche lui e restava a parlare con Denis, dicendomi di aspettarlo fuori». Salvati ha raccontato che il direttore gli metteva davanti le carte da firmare. «Donadio e Poles le illustrava­no i contenuti?», gli ha chiesto l’avvocato Giuseppe Lombardino, parte civile per la Regione. «No», ha replicato Salvati, il quale ha poi ammesso che in banca «si mettevano a ridere» per il fatto che lui non sapesse leggere.

Salvati ha poi raccontato che lui stesso avrebbe fatto dei lavori a casa del bancario, secondo i pm un «regalo» per la sua collaboraz­ione. «Aveva una villa alle spalle della stazione di San Donà e ho dato una mano a pitturarla con un colore grigio topo comprato da Donadio - ha spiegato - Lui si mise anche a gridare perché diceva che non era venuto bene». D’altra parte il boss gli incuteva timore, anche se l’avvocato Renato Alberini gli ha fatto dire che per più di dieci anni, oltre allo stipendio, gli aveva anche dato vitto e alloggio in un appartamen­to in piazza a Eraclea. «Dopo l’arresto, in caserma a Marghera, si avvicinò, mi mise una mano sulla spalla e mi disse “mi raccomando”», ha aggiunto. In una telefonata sentita in aula si era molto arrabbiato perché nel 2011 non era salito da Napoli a Eraclea per fare dei prelievi: «Ho saltato dei pagamenti con i soldi in conto - gli gridava - ho fatto delle figure di m... Sei un uomo di m...».

Salvati ha infine ricordato di quando alle elezioni del 2016 Donadio diede l’ordine di votare Mirco Mestre, arrestato nel blitz con l’accusa di voto di scambio mafioso. «Diceva “se diventa sindaco andiamo bene” - ha spiegato Disse a tutta Eraclea di fargli questa cortesia». «E come fece a votare, non sapendo leggere?», gli ha chiesto l’avvocato di Mestre, Emanuele Fragasso. «Donadio mi diede il simbolo della lista - ha concluso - Andai a votare alle 7 e mezza del mattino».

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