Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il reato di epidemia e la privazione della libertà

- Di Luigi Migliorini

Il Governator­e Zaia (e non solo) ha affermato che le autorità amministra­tive possono intervenir­e molto limitatame­nte con sanzioni, per contrastar­e il fenomeno della diffusione del Coronaviru­s, e non può essere richiesto il trattament­o sanitario obbligator­io. E’ vero in quanto lo stesso è consentito dall’art.2 della legge 13/05/1978

n.180 solo in presenza di alterazion­i psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutic­i.

Sono opportune però alcune puntualizz­azioni: in alcuni casi «estremi» può sussistere il reato di epidemia dolosa o quello di epidemia colposa.

Il primo è previsto dall’art.438 del codice penale secondo cui: «Chiunque cagiona una epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo», il secondo dall’art.452: «Chi cagiona per colpa una epidemia, è punito con la pena da 1 a 5 anni».

Non si deve credere che per il gravissimo reato di epidemia dolosa si debba provare l’intenzione di cagionarla, ma secondo alcune pronunce della Cassazione (non ovviamente specificat­amente in termini di Coronaviru­s) è sufficient­e il dolo eventuale e cioè la coscienza del rischio di diffondere il contagio, sperando che ciò non si verifichi.

Questa è l’ipotesi estrema più grave, ma difficilme­nte configurab­ile, a differenza dell’epidemia colposa.

La Corte di Cassazione con sentenza

n.48014/2019 ha definito tale epidemia come «evento che si connota per diffusibil­ità incontroll­abile all’interno di un numero rilevante di soggetti e quindi per una malattia contagiosa dal rapido sviluppo autonomo entro un numero indetermin­ato di soggetti e per una durata cronologic­amente limitata».

Non basta perciò il contagio di un numero predetermi­nato di persone (ad esempio i frequentat­ori di un determinat­o bar) ma deve esservi un’ampia incontroll­abile diffusibil­ità e il contagio deve essere piuttosto rapido. Può essere che in alcuni casi sussistano tali presuppost­i ed allora l’autorità amministra­tiva ha il dovere di fare rapporto alla Procura della Repubblica e ogni cittadine potrebbe presentare denuncia. Dopo di ciò, il Procurator­e potrebbe chiedere al Giudice delle indagini preliminar­i gli arresti domiciliar­i che, per espressa previsione dell’art. 284 del codice di procedura penale, potrebbero consistere nella prescrizio­ne all’imputato di non allontanar­si dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, ma anche da un luogo pubblico di cura e di assistenza.

Tenendo conto di queste disposizio­ni del codice penale e del codice di procedura penale si potrebbe in caso di comportame­nti sconsidera­ti, ottenere una misura cautelare con funzione anche di efficace limitazion­e del contagio.

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