Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Obbliga i due figli a fare i lavori di casa e li umilia, condannato per maltrattamenti
Respinta l’accusa di molestie. L’impiegato: è una macchinazione della mia ex
SCHIO Figli trattati come Cenerentola e costretti a vederlo girare nudo per casa, ad assistere alle sue esibizioni senza vestiti mentre si vantava del suo fisico, dei suoi attributi. Soprattutto con la primogenita, alla quale il padre fotografava con il cellulare il lato b, imponendole di dormire senza coperte o assieme a lui e il fratello. L’impiegato 52enne di Schio finito a processo per maltrattamenti nei confronti dei due figli (all’epoca minori) e pure di violenza sessuale ai danni della figlia, aveva sempre respinto le accuse, sostenendo che erano frutto di una ritorsione dell’ex compagna, un’invenzione della donna. Ma il collegio del tribunale di Vicenza (presieduto dal giudice Lorenzo Miazzi) ieri mattina ha riconosciuto il genitore colpevole del reato di maltrattamenti e lo ha condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione, concedendogli la sospensione condizionale della pena. È stato invece assolto dalla pesante accusa di atti sessuali con la figlia, quando questa aveva dai 12 ai 14 anni: per la procura l’aveva toccata in più occasioni in modo morboso dicendole «ti amo» e altre frasi riferite al suo lato b.
L’uomo, assistito dall’avvocato Paolo Spagnolo, dovrà pagare le spese processuali e risarcire 17mila euro di danni ai familiari che si erano costituiti parte civile con l’avvocato
ARSIERO Era a processo per l’appropriazione indebita di 112 mila euro, accusata (dai fratelli, dalla madre e dalla procura) di essersi tenuta i soldi dell’eredità, di non aver restituito tre certificati di deposito al portatore e un libretto del padre deceduto. Ma il troppo tempo ha cancellato ogni contestazione: il giudice ha dichiarato sentenza di non doversi procedere nei confronti di Valeria Dal Molin, 66 anni, nata ad Arsiero e residente ad Asolo (Treviso), per intervenuta prescrizione. Le veniva contestata anche l’aggravante: per il danno patrimoniale di rilevante gravità e l’abuso di relazioni domestiche visto che la disponibilità di quei beni oggetto di appropriazione erano legati appunto ai rapporti familiari. La vicenda finita nelle aule di tribunale (penale e civile) è iniziata nel marzo 2006, quando è morto Dante Dal Molin. Stando alla ricostruzione della procura la donna, alla morte del padre, nonostante le insistenze e ripetute diffide della madre e dei due fratelli, residenti a Pedemonte e Thiene, non ha restituito certificati e libretti, per dividerli tra gli eredi. Anzi, la 62enne nel 2012 aveva proceduto a farsi liquidare i certificati di deposito al portatore emessi dalla banca per un importo complessivo di 103mila euro e aveva chiuso il libretto di quasi novemila, ottenendo un assegno circolare di 112mila euro. Valeria Dal Molin, rispondendo all’avvocato della madre, aveva fatto sapere che non era intenzionata a consegnare i titoli. Si era opposta alla restituzione sollecitata dai fratelli e dalla madre che nel frattempo hanno intentato causa civile. La 62enne, stando a quanto emerso, aveva negato che i certificati di deposito e il libretto al portatore rientrassero nell’eredità, sostenendo che ne aveva l’esclusiva proprietà. Era quindi scattata la querela dei due fratelli e una seconda dell’amministratore di sostegno dell’anziana madre. A fare accertamenti, coordinata dalla procura, era stata poi la guardia di finanza. La 62enne era quindi finita a processo, che si è concluso giovedì con la prescrizione che ha scritto la parola fine. (b.c.)
Marilena Gasparella. E cioè ottomila euro alla primogenita che oggi ha 20 anni, seimila al figlio da poco maggiorenne e tremila all’ex convivente (con cui non è mai stato sposato). Dopo che ognuno degli adulti aveva preso la sua strada, i figli avevano mantenuto la residenza nella casa del padre e lì vi trascorrevano metà della settimana essendoci l’affido condiviso. E in quei giorni, tra il 2012 e il 2014, quando i figli avevano dai 12 ai 14 anni la prima e tra i 10 e i 12 il secondo, l’impiegato li maltrattava stando al capo di imputazione. Li obbligava ad occuparsi della casa, a fare le faccende domestiche e a preparare la cena. Non senza mortificarli con «lamentele pretestuose», rimproverandoli senza averne motivo, lanciando loro contro delle ciabatte. E li metteva in forte imbarazzo girando completamente nudo per casa, ostentando le parti intime e non c’era verso che si rivestisse nonostante le loro rimostranze. Comportamenti questi che i figli hanno raccontato alla madre la quale ha presentato denuncia in procura, che ha avviato un’indagine nei confronti dell’uomo. All’epoca gli era stato revocato l’affido e al 52enne non era più stato permesso di vedere i due ragazzi, che ora dovrà anche risarcire.