Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Stretta al collo e video indagato l’amico del cubano arrestato
Il sindacato di polizia: «L’agente va premiato». Anche Zanettin presenta un’interrogazione in parlamento
VICENZA Il giorno in cui il suo amico Denis Jasel Guerra Romero era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, per essersi rifiutato più volte di fornire i documenti alla polizia, aveva pubblicato su Instagram il video di quello che era accaduto in piazza Castello. Un video diventato virale - ha superato ampiamente il milione e mezzo di visualizzazioni - in cui si vede chiaramente il poliziotto chiedere i documenti, il 21enne sfuggire e l’agente reagire prendendolo per il collo, tra le urla degli amici che tentavano di difendere il giovane. Ora quel filmato dato in pasto alla rete costa una denuncia al 16enne cubano di San Vito di Leguzzano, convocato ieri mattina in questura. Assistito dall’avvocato Chiara Bellini, il minore ha ammesso di essere stato lui, lunedì, a postare il video di meno di un minuto, a cui corredo aveva scritto: «Ragazzi aiutatemi a condividere questo atto di razzismo». E così è stato informato di essere indagato. Per violazione della legge sulla privacy. Gli atti verranno inoltrati alla procura dei minori di Venezia. Il sedicenne quasi se lo sentiva che ci sarebbero state delle ripercussioni anche per lui. Su Instagram, nelle ore successive all’arresto dell’amico, l’adolescente dell’Alto Vicentino aveva scritto: «La storia non finisce qui, quando finito con lui toccherà a me, mi verranno a prendere a casa perché ho difeso il mio migliore amico e vedremo di cosa sarò accusato». Ora lo sa. E non è detto che si proceda nei suoi confronti pure per quanto scritto in merito all’agente, nel momento in cui ha placcato l’amico. «..Il poliziotto stava già iniziando a toccarlo, lo prende e comincia a strozzarlo, a sto punto io ed un mio amico ci avviciniamo per staccarlo e lui cerca di estrarre la pistola verso di me...». Accertamenti sono in corso per capire se questa versione dei fatti sia veritiera, se non dovesse esserlo si troverà a rispondere di calunnia o diffamazione. Un aspetto, questo, tra i tanti al vaglio della questura che sta sentendo i diversi testimoni e sta lavorando all’indagine interna, per «valutate le tecniche operative usate». E se il capo della polizia, Franco Gabrielli, ha annunciato che «nei confronti dell’operatore agiremo per la scorrettezza della modalità con la quale lui ha operato», Franco Maccari, vice presidente nazionale del sindacato di polizia Fsp, è invece dell’idea opposta. «Il poliziotto di Vicenza deve essere premiato proprio per la sua capacità di non aver consentito il reiterarsi di numerosi reati, di avere messo a rischio la propria incolumità affrontando un soggetto che avrebbe potuto reagire in maniera ancora più pericolosa dopo aver rifiutato di esibire i documenti, di essersi allontanato dagli operanti e poi scappato in bicicletta, sempre circondato da un’orda di “figli di papà” che si dovrebbero chiamare a responsabilità per le contumelie, le offese, l’impedimento fisico agli operatori di polizia di compiere il proprio dovere e quanto obbligatorio per legge». Per Maccari, inoltre, vanno inoltre «chiamati a responsabilità i genitori di tutti i ragazzi “goliardicamente ribelli”».
Infine, anche il parlamentare vicentino di Fi Pierantonio Zanettin ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno per sapere «se l’indagine interna era già conclusa quando il capo della polizia si è pronunciato» e se le sue «modalità comunicative siano in linea con i canoni della sobrietà, riservatezza e rispetto per il personale della polizia». Un’interrogazione è già stata redatta dal presidente della direzione nazionale di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli e dalla deputata vicentina di Fi Maria Cristina Caretta, che hanno criticato Gabrielli.