Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Blitz al centro profughi in cella i capi della rivolta
Il sindaco di Treviso: «Si deve continuare ad usare il pugno di ferro con chi delinque»
TREVISO L’accusa è pesante: sequestro di persona, devastazione e saccheggio. I quattro profughi africani che avevano fomentato i disordini all’ex caserma Serena di Treviso, dopo l’isolamento deciso per i contagi, sono stati arrestati dagli uomini della questura. «Ci auguriamo che questo possa convincere gli ospiti della necessità di mantenere dei comportamenti corretti» ha commentato il questore Vito Montaruli.
TREVISO I quattro profughi africani che avevano fomentato i disordini all’ex caserma Serena di Treviso sono stati arrestati dagli uomini della questura. Ora non possono più guidare le rivolte interne e (così sperano tutti) le tensioni andranno scemando. I giovani sono finiti in carcere al termine dell’indagine giudiziaria sulle violenze dell’11 e 12 giugno scorsi con l’accusa di sequestro di persona, devastazione e saccheggio. «Ci auguriamo che questo possa convincere gli ospiti della necessità di mantenere dei comportamenti corretti e collaborativi per definire una situazione di rilevanza sanitaria» ha commentato il questore Vito Montaruli. Tutti avvisati. E il percorso di richiesta dell’asilo per tutti e quattro potrebbe interrompersi rapidamente. L’operazione condotta ieri mattina presto dagli agenti della Digos di Treviso con la squadra mobile, l’unità di soccorso pubblico e reparti di rinforzo è un passaggio importante nelle dinamiche interne alla Serena, oggi uno dei focolai più grandi del Veneto.
La cronaca è nota: a metà giugno un operatore della società che gestisce la Serena su incarico della Prefettura, Nova Facility, era stato trovato positivo al virus e l’Usl 2 aveva avviato uno screening sui trecento ospiti, posti in quarantena con divieto di uscire. Ne era nata una violenta protesta contro tamponi e isolamenti: tredici medici e operatori si erano dovuti chiudere in guardiola per sfuggire ai facinorosi che impedivano loro di uscire dai cancelli, fra spinte, minacce e lanci di pietre. Gli ostaggi erano stati liberati dalle forze dell’ordine e quel fatto, grave e violento, si è rivelato solo l’inizio: gli stessi rivoltosi avevano poi devastato alcune stanze e saccheggiato dei distributori di generi alimentari. «Episodi senza precedenti, i più gravi da quando è stato creato il Cas alla Serena» dicono in questura. Sono state fondamentali le denunce, le testimonianze e le immagini riprese dalle telecamere. Al momento dell’arresto due profughi si trovavano nelle loro stanze, uno era uscito volontariamente dal percorso di protezione; il quarto è già in carcere dal primo agosto per reati successivi e la devastazione dell’infermeria. Hanno fra i 23 e i 31 anni e provengono da Gambia, Mali, Costa d’Avorio e Senegal. Dopo due mesi l’indagine della Digos, condivisa con la Pm Andreatta e il Gip Zulian, si è conclusa ma il caso Serena non è chiuso. Il 31 luglio il focolaio si è riacceso arrivando a 257 positivi fra profughi e operatori e le violenze sono ricominciate con lanci di sassi e proteste, rendendo impossibile mettere in atto il piano di prevenzione disposto dalla Prefettura e dall’Usl 2 che prevedeva la divisione di positivi e negativi. Pare che siano sempre stati quei quattro facinorosi a impedire di attuarre il piano e sono in corso ulteriori accertamenti investigativi per capire se anche gli episodi seguenti sono da imputare agli arrestati. Ora si spera almeno che le rivolte siano definitivamente concluse senza i “leader” che tenevano sotto scacco gli altri migranti e la caserma. «Ora è necessario continuare ad usare il pugno di ferro - dice il sindaco Mario Conte - per far capire che chi delinque finisce in carcere» e ringrazia polizia e magistrati il gestore Gian Lorenzo Marinese: «Questo ci consentirà di seguire finalmente le indicazioni dell’autorità sanitaria che fino ad oggi, per la presenza di quei soggetti da noi denunciati, non siamo riusciti ad attuare».