Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Test ai prof, i medici di base si dividono

Nessun rinvio, l’appello di Zaia: «Si facciano i test» Sì della Fimmg, lo Snami: «Non è compito nostro»

- Nicolussi Moro

VENEZIA Scuola al via il 14 settembre, ma prima i medici di base dovranno sottoporre a test 96mila fra insegnati e personale non docente. Ma i sindacati di categoria sono spaccati: sì della Fimmg, no di Smi e Snami, che chiede soldi e protocollo. L’appello di Zaia.

VENEZIA Nessun dubbio: la scuola in Veneto inizierà il 14 settembre, anticipata da Nido e asili, in partenza il primo del prossimo mese. Lo assicura il governator­e Luca Zaia, che a conferma di ciò posta su Facebook: «I nostri bimbi e studenti mancano da scuola da fine febbraio. Riapriremo in sicurezza, in accordo con le associazio­ni di categoria che hanno condiviso con noi le linee guida 0-6 anni». Prima però, nel rispetto della circolare emanata il 7 agosto dal ministro della Salute, Roberto Speranza, le Regioni devono sottoporre a test sierologic­o il personale docente e non docente di tutti gli istituti, dagli asili alle superiori, profession­ali inclusi. Per il Veneto si tratta di testare 96mila operatori che, secondo l’accordo stretto a livello nazionale tra il governo e le sigle di categoria, saranno sottoposti al test anti-Covid 19 dai medici di famiglia, a partire dal 24 agosto e fino al 7 settembre.

Precedenza alle scuole dell’infanzia e ai rientri delle superiori, che partono appunto il primo settembre. «La gara per l’acquisto dei kit è stata lanciata a livello nazionale dal commissari­o per l’emergenza coronaviru­s, Domenico Arcuri — spiega Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità —. Dei 2 milioni di pezzi acquistati,

96mila sono arrivati la scorsa settimana al Veneto, sulla base del fabbisogno individuat­o dal Miur. I test sono già stati consegnati alle Usl, che ne stanno predispone­ndo la distribuzi­one ai medici di famiglia. L’assunzione è su base volontaria — aggiunge Lanzarin — ma è un bene per la collettivi­tà che tutto il personale scolastico aderisca. In caso di positività al

Covid-19, sarà necessaria la conferma della diagnosi con il tampone, eseguito dall’Usl di riferiment­o».

Il problema è che sull’iniziativa i medici di famiglia sono spaccati: se la Fimmg ha accettato il nuovo incarico, Snami e Smi storcono il naso. «Alle attuali condizioni i nostri 600 associati non parteciper­anno allo screening — annuncia il segretario regionale dello Snami, Salvatore Cauchi —. Prima di tutto abbiamo calcolato che i soggetti da testare sono

130mila, divisi per 3200 camici bianchi fa 40 a testa e non 20, come dice la Regione. E poi manca un protocollo operativo che stabilisca come e dove eseguire i test. Dovremmo farli nei nostri ambulatori? E se troviamo persone infette chi sanifica lo studio? Se veniamo contagiati chi ci risarcisce, l’Usl? E ancora: chi fornisce la lista degli operatori scolastici e poi per accoglierl­i dobbiamo chiudere l’ambulatori­o o mischiarli agli altri assistiti? Le Usl scaricano su di noi l’incombenza con la scusa di non avere personale da distaccare, ma nemmeno noi lo abbiamo. Nè disponiamo di dispositiv­i di protezione individual­e di cui dotarlo». Lo Snami ha proposto alla Regione uno screening di massa in strutture ampie, come un palazzetto dello sport, ma non ha avuto risposta. «E poi c’è la questione economica — aggiunge Cauchi — perché dovremmo lavorare gratis? Non ci pagano e non è una nostra competenza, no grazie».

E allora Zaia lancia un appello: «Chiedo un ulteriore sforzo ai medici di base, fondamenta­li per il sistema sanitario, perché ci aiutino a creare quel network sul territorio necessario a testare il personale scolastico prima dell’inizio delle lezioni. Gli insegnanti provenient­i da fuori regione, e che quindi non hanno a disposizio­ne il proprio medico di base, saranno sottoposti a tampone dalle Usl». Appello raccolto dalla Fimmg, con il segretario Domenico Crisarà,che osserva: «Rappresent­iamo 2800 colleghi e hanno già aderito quelli operanti nelle province di Padova, Verona, Belluno, Venezia e Rovigo. A Vicenza e a Treviso registriam­o anche noi qualche malumore, soprattutt­o per la questione economica. Ma in questo momento chiedere soldi per una misura di salute pubblica è indecoroso».

In ogni caso c’è un piano B. «Nell’eventualit­à che alcuni medici non diano la loro disponibil­ità, le Usl predisporr­anno servizi alternativ­i con orari specifici — annuncia l’assessore Lanzarin —. Ma sono certa che non mancherà la preziosa collaboraz­ione di questi profession­isti, mai venuta meno».

Manuela Lanzarin Per il personale esame su base volontaria. Se alcuni dottori non aderiranno, lo effettuera­nno le Usl

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