Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Centinaia di prof chiedono di non rientrare
Covid, richieste di esenzione da docenti in particolari condizioni di salute. Palumbo: «Stiamo valutando»
VENEZIA Chiedono al loro dirigente scolastico di essere esonerati. Sono centinaia, personale docente e non docente, le richieste dal Veneto di non rientrare in aula il 14 settembre. Personale che chiede l’esonero per motivi di salute e che temono di comprometterla alla riapertura delle scuole. Numeri prudenzialmente stimati al ribasso ma che costituiscono già così una bomba innescata. Carmela Palumbo, titolare dell’Ufficio scolastico generale: «Nuovo problema da valutare».
C’è chi ha il diabete e
VENEZIA ha superato la sessantina. Chi l’asma e l’allergia, chi con una polmonite estiva pensava d’aver contratto il Covid e invece ha scoperto di soffrire di una malattia autoimmune, chi si sta riprendendo dall’ultimo ciclo di chemioterapia. Sono prof e amministrativi della scuola che, fino a sei mesi fa, pur da «lavoratori fragili» si gestivano la loro fragilità e in classe ci andavano ogni mattina. Ora, invece, di fronte alle cento scuole chiuse per Covid in mezza Germania, chiedono al loro dirigente scolastico di essere esonerati. E sono centinaia, personale docente e non docente, le richieste dal Veneto di non rientrare in aula il 14 settembre. Numeri prudenzialmente stimati al ribasso ma che costituiscono già così una bomba innescata.
Lo spiega Carmela Palumbo, titolare dell’Ufficio scolastico generale: «Il problema degli spazi, dei banchi e mille altri sono già alle spalle delle nostre scuole, il tema del personale che non rientrerà invece è attuale». Ieri, dopo l’incontro tra governo e Regioni sulla scuola conclusosi nell’ennesimo rinvio, il governatore Luca Zaia attacca (Ma come lui, va detto, anche il collega dem emiliano Stefano Bonaccini): «Siamo ancora in alto mare, bisogna trovare un punto di equilibrio dettato da ragionevolezza e buon senso, cosa che in questo momento a livello nazionale non c’è. Come Regioni abbiamo fatto e stiamo facendo la nostra parte con grande senso istituzionale, ma il tempo stringe e si fa fatica a immaginare come il Governo possa fare in pochi giorni ciò che andava ragionato e organizzato già dagli scorsi mesi». La confusione, parere condiviso da Zaia ai sindacati della scuola passando per quelli dei trasporti, regna sovrana e il governatore chiude: «La gente ha diritto di sapere come e con che mezzi i propri figli andranno a scuola» ma la frammentazione degli interlocutori romani pesa «nonostante questo - chiude Zaia siamo pronti a lavorare giorno e notte perché il 14 settembre non sia una seconda Caporetto dello Stato». Mentre ieri si registrava lo scontro fra i ministri Speranza e De Micheli sui bus e anche sulle mascherine in classe non si trovava la quadra, il vice ministro del Miur Anna Ascani, a Treviso per un incontro elettorale, spiegava che le mascherine «governative» saranno a disposizione delle scuole «nei momenti in cui il distanziamento non è garantito».
Mentre la politica discute, i sindacati mettono sul tavolo l’emergenza dei prof che in classe non ci possono tornare. Sandra Biolo, Cisl, spiega: «L’età media del personale della scuola, circa 70 mila persone, è piuttosto alta, quindi è prevedibile ci sia una più alta incidenza di patologie ma sulla procedura non c’è chiarezza, i dirigenti sono in grande difficoltà». Pure sull’organico perché nonostante la nomina ieri di 52 nuovi dirigenti scolastici e l’assunzione di 220 amministrativi l’organico è ancora sotto di 140. Situazione preoccupante anche per Marta Viotto, Cgil: «Non è chiara la definizione di lavoratore fragile. Ma i dirigenti scolastici sono già subissati di richieste». Il problema è duplice, come spiega Anna Paola Marconi, dirigente dell’Istituto comprensivo di San Martino Buonalbergo: «Manca la testa, vale a dire una definizione precisa di lavoratore fragile, una check list con le patologie contemplate, e la coda, cioè chi certifica che il dipendente non può rientrare in classe? E come viene collocato? In malattia? Ma tecnicamente non è malato, è l’interazione con l’ambiente scolastico che può essere pericolosa per alcuni soggetti». Ma soprattutto chi decide? Ormai ogni scuola si è dotata di un medico competente che fa una prima valutazione sul prof armato di cartella clinica e di una consulenza preventiva col proprio medico di base. Il medico competente può valutare che per lavorare sia sufficiente passare da una mascherina chirurgica a una FFP2 con l’eventuale aggiunta di visiera, come si farà quando un bambino deve essere medicato. Ma se la valutazione conferma l’impossibilità di interagire con l’ambiente scolastico che succede? «Si rinvia alla commissione medica regionale? si chiede Marconi - ma il primo posto libero sarà dopo sei mesi». E intanto? Intanto non
è chiaro se si possa chiedere un supplente perché il prof nel limbo non ha collocazione contrattuale. Un pasticcio che necessiterebbe di un accordo sindacale nazionale con valenza temporanea per sbrogliare la matassa. Lavoratori della scuola che potrebbero essere reimpiegati in segreteria, come con le docenti incinte. Ma dipenderà dai numeri. «Io ho 180 docenti - spiega ancora Marconi - e posso ipotizzare che il 35-40% dei miei professori possa rientrare in questa casistica». Numeri, potenzialmente da capogiro. «La sorveglianza sanitaria straordinaria contenuta nel dl Rilancio - spiega Palumbo - include una gradazione. Si stabilisce se c’è una parziale o totale inidoneità alle mansioni ordinarie». Vale a dire che si possono evitare al prof in questione il collegio docenti o le uscite didattiche. Ma il problema resta e al momento non ha soluzione.