Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Test, il sindacato richiama i medici di base: «Sbagliato rifiutare di farli»
Il segretario regionale della Fimmg, Crisarà: «Sbagliato opporsi, dobbiamo fare la nostra parte per riaprire le scuole»
PADOVA «Effettuare i test al personale scolastico è un dovere morale». Domenico Crisarà, segretario regionale della Federazione Medici di Famiglia, richiama i colleghi del fronte del «no»: «Collaborate».
PADOVA «Non è il momento di polemizzare: in una situazione del genere non possiamo chiamarci fuori, ma collaborare per rimettere in moto questa regione, le scuole, ogni servizio utile». Quasi un dovere morale, insomma, dopo i mesi di pandemia e del relativo caos scatenato dal Covid-19. Domenico Crisarà, segretario regionale della Federazione Italiana Medici di Famiglia (Fimmg), non è un tipo che le manda a dire: alla categoria chiede piena disponibilità in una fase chiave, vale a dire l’effettuazione di quei test sierologici rapidi che permetteranno di riaprire le scuole a partire dal 14 settembre. Crisarà, infatti, non ha gradito per niente il «no» opposto da alcune decine di colleghi alla chiamata effettuata dalla Regione, che ha chiesto ai medici di famiglia di mettersi a disposizione per eseguire i test su insegnanti e personale scolastico. «Un dovere morale - esclama - di fronte al quale ogni altra rivendicazione deve passare in secondo piano».
Alcuni professionisti, però, si ritengono esposti a troppi rischi nell’esaminare decine di individui.
«Non capisco proprio quale sia il problema: ogni persona che si presenta in ambulatorio, anche solo per un semplice mal di schiena o un problema di emorroidi, potrebbe essere positiva al Covid. Pungere un dito non comporta alcun pericolo aggiuntivo rispetto ad una qualsiasi visita ordinaria. Dopodiché stiamo parlando di una media di 2225 persone a testa da esaminare in due settimane. Massimo di 35. Non è certo la fine del mondo».
Nel Veneto, i test interessano circa 96 mila persone e sono cominciati lunedì scorso, 24 agosto. L’adesione è su base volontaria e prevede l’esecuzione, come specifica la Regione, di un esame sierologico tramite test «pungi-dito», comunemente chiamato anche «saponetta». In caso di positività (ne sono già emerse svariate) sarà necessaria la conferma con il tampone molecolare, che sarà carico dell’Usl di riferimento. Una situazione, secondo Crisarà, perfettamente gestibile, perlomeno in Veneto.
Allora come spiega le decine di dinieghi?
«Anzitutto si tratta di una minoranza di medici di famiglia, perlopiù rappresentati da un paio di sindacati. La Fimmg rappresenta l’80% dei professionisti e le adesioni sono state massicce. È il caso di Padova, dove rivesto anche la carica di segretario provinciale: in caso contrario avrei lasciato la segreteria. Le aggiungo un dettaglio importante».
Prego.
«Malgrado i tempi stretti, nonostante la lista dei pazienti ci sia stata messa a disposizione solo il 20 agosto, i kit sono stati distribuiti. Quando manca qualcosa i nostri associati provvedono ad acquistarlo di tasca propria. Li rimborseremo».
Par di capire, quindi, che ritiene ingiustificabile la posizione di chi non parteciperà alla campagna.
«In una situazione del genere non si può dire di no. Siamo ancora in emergenza sanitaria, è nostro dovere dare una mano alle istituzioni ed ai cittadini. Non è il momento di sollevare problemi irrilevanti o questioni di denaro, se non a costo - fra l’altro - di compromettere l’immagine della categoria. Più avanti potremo anche parlare di rivendicazioni, adesso dobbiamo soltanto impegnarci il più possibile. Tanto più se il nostro lavoro è essenziale per la riapertura delle scuole. Le chiedo: vogliamo tornare alla sola didattica a distanza, ad una scuola classista, riservata solo a chi può permettersi di acquistare computer o dispone di Internet ad alta velocità? I danni psicopedagogici causati da un’ulteriore chiusura delle scuole sarebbero gravissimi».
Lei stesso, però, in piena pandemia sporse parecchie denunce per la mancata fornitura dei dispositivi di protezione individuale agli ambulatori, come guanti e mascherine.
«Denunciai in procura Inail e Inps, feci oltre 15 esposti. Ma si trattava di un contesto diverso. E se non altro adesso non abbiamo più carenze di materiale».
Era anche il periodo in cui la figura del medico veniva esaltata quasi come un eroe.
«Noi svolgiamo semplicemente il nostro lavoro. I mesi scorsi sono stati tremendi, abbiamo fronteggiato una pandemia inattesa, ma non ci sentiamo eroi. Sappiamo perfettamente cosa comporta questa professione, così come ne è al corrente, per esempio, un vigile del fuoco che corre a spegnere un incendio. Proprio in questo senso parlo di collaborazione doverosa con le istituzioni: è nostro compito fornire quel contributo che consenta di rimettere in piedi questa regione, di ripartire in piena sicurezza».
A proposito di questo, proprio per lo spirito di abnegazione dimostrato in piena emergenza vi promisero un po’ di tutto. Molti operatori turistici persino le vacanze gratis. È successo?
«Ai medici di famiglia direi proprio di no. Magari sarà avvenuto con qualche medico ospedaliero, a noi nessuno ha offerto niente».
Siamo ancora in emergenza, non è il momento delle rivendicazioni