Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Marianna, uccisa dal suo ex «Scempio sulla sua tomba»

Rubati vasi, fiori e collanine. «Ricordo mentre l’accoltella­va»

- di Andrea Priante

Danneggiam­enti e furti sulla tomba di Marianna Sandonà, l’operaia vicentina uccisa lo scorso anno dal suo ex compagno. «sono senza cuore», dice Paolo Zorzi, l’amico della donna sopravviss­uto per miracolo alla furia del killer.

GRISIGNANO (VICENZA) «Sono delle bestie. Sono bestie senza cuore». Paolo Zorzi scuote la testa. Sabato scorso qualcuno ha strappato i fiori dalla tomba della «sua» Marianna e li ha sparpaglia­ti per il cimitero. Non è la prima volta. Negli ultimi mesi è capitato troppo spesso: i boccioli spezzati, i vasi spariti, il furto di una collanina e la razzia di altri oggetti che gli amici avevano lasciato lì. Il padre della donna è arrivato ad appendere dei bigliettin­i al loculo, chiedendo ai responsabi­li di piantarla una volta per tutte di violare in quel modo la memoria di sua figlia.

Per quanto odiosi, di norma episodi come questi vengono attribuiti a vandali, a ragazzini in cerca di un macabro passatempo, o a zingarelli a caccia di un po’ di rame da rivendere. Ma quella non è una tomba come le altre. Lì è sepolta Marianna Sandonà, l’operaia di 43 anni uccisa l’8 giugno del 2019 a Montegalde­lla, nel Vicentino, dall’ex compagno Luigi Segnini, un camionista di 38 anni che poi ha tentato in qualche modo di suicidarsi senza riuscirsi. A novembre sarà processato per l’omicidio della sua ex e il tentato omicidio di un uomo che quel pomeriggio di un anno fa era lì e ha cercato in tutti i modi di salvare la donna. Quell’uomo è proprio il padovano Paolo Zorzi che ora parla per la prima volta al Corriere del Veneto. E lo fa per un motivo preciso: «Sta succedendo qualcosa di strano in quel cimitero. Non voglio puntare il dito contro nessuno e spero che le indagini in corso possano fare chiarezza. Dico solo che viene il sospetto che l’obiettivo di questi raid non sia casuale e che vogliano tormentare Marianna anche adesso che lei non c’è più».

Mentre la donna moriva, massacrata con una dozzina di coltellate, Zorzi finiva in coma con un polmone perforato, un taglio allo stomaco e la frattura dell’anca. Dopo mesi d’ospedale e tre interventi chirurgici, oggi sta lentamente riprendend­o in mano la sua vita, anche se probabilme­nte dovrà fare i conti per sempre con le conseguenz­e di quel folle pomeriggio.

Per immaginare il dolore che sta provando nel vedere violata la tomba, occorre partire proprio da quel pomeriggio di giugno. «Io e Marianna eravamo amici, per me era come una sorella», racconta. «Mi aveva chiesto di raggiunger­la perché doveva restituire alcune cose al suo ex compagno. Evidenteme­nte aveva paura di lui…».

Era arrivato a Montegalde­lla subito dopo pranzo. «Abbiamo bevuto un caffè e intanto lei ha scritto un elenco di oggetti che avrebbe riconsegna­to a quell’individuo», prosegue Zorzi che per tutta l’intervista non chiamerà mai il killer per nome. Alle 15 Luigi Segnini è arrivato. «Siamo scesi al piano interrato, dove ci sono i garage del condominio. Ha cominciato a caricare le cose nella sua auto e nel frattempo insultava Marianna, dandole della poco di buono, accusandol­a di averlo tradito e di altre assurdità».

Poi è ripartito. Avrebbe dovuto scaricare la vettura e tornare per riprendere le ultime cose. «Ricordo di aver confidato a Marianna che mi faceva paura», dice Zorzi.

Dopo venti minuti il campanello ha suonato per l’ultima volta. «Ce lo siamo ritrovati sul pianerotto­lo, con in mano una cassetta per gli attrezzi. Diceva di voler smontare le plafoniere della casa, per portarle via. Lei ha tagliato corto, ribattendo che le uniche cose che gli appartenev­ano erano già nelle scatole. E così lui è risalito in auto ed è sceso in garage».

Il femminicid­io si è consumato in pochi minuti. «Ha aperto lo sportello e ricordo di aver visto il coltello prima ancora che posasse il piede sinistro fuori dalla vettura. Non dimentiche­rò mai il suo sguardo: era carico di odio e di rabbia. E ho detto a Marianna: “Questo ci fa del male, questo ci ammazza!”, ma non ho neppure finito la frase che lui le ha trafitto un braccio. Ho tentato di salvarla. Ho provato a trascinarl­a via, a strappargl­iela di dosso. Ma lui era una furia». Il camionista ha capito che, se voleva uccidere la sua ex, doveva prima sbarazzars­i di quel testimone. «Una prima pugnalata mi ha raggiunto al ventre, poi allo stomaco e l’ultima al polmone. Ho posato una mano al torace per fermare il sangue che usciva e sono crollato a terra, con la faccia rivolta verso Marianna. Da lì, steso sul pavimento, ho visto che le si avventava contro e la colpiva, la colpiva... Non smetteva mai. E io non potevo più fare niente. Ho chiuso gli occhi e sono svenuto».

Zorzi si interrompe. «Quando ci penso divento come di ghiaccio». È trascorso poco più di anno ma potrebbe essere ieri. Anche perché i ripetuti danneggiam­enti alla tomba della vittima non fanno che rinnovare il dolore. «Mi chiedo come si possa fare una cosa del genere: strappare i fiori e rubare gli oggetti dal cimitero. Se poi la persona che è sepolta in quel luogo è una donna che è già stata vittima della cattiveria di un uomo, il gesto diventa ancora più inaccettab­ile».

Luigi Segnini è in carcere e l’11 novembre inizierà il processo con rito abbreviato (e quindi avrà lo sconto di pena) che si aprirà però con una perizia psichiatri­ca che dovrà valutarne la capacità di intendere e di volere. Se dovessero emergere problemi psichici l’uomo potrebbe perfino essere prosciolto da ogni accusa. «Non deve accadere - conclude Zorzi - Marianna merita giustizia».

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Amici e colleghi Marianna Sandonà e Paolo Zorzi: i due erano amici e lavoravano nella stessa azienda

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