Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
IL DIRITTO DI AVERE PAURA
Parlano tutti tranne noi e pure ci accusano, ma chi rischia di più?
In questi giorni in cui i docenti sono tornati sulle prime pagine dei giornali, inesorabilmente parlano di scuola politici, sociologi, giornalisti, psicologi, ma la categoria interessata è sempre assente. La cosa è bizzarra poiché siamo noi i più competenti conoscitori delle dinamiche di un’aula, siamo noi che sappiamo cosa significhi avere per cinque ore al giorno una trentina di adolescenti/bambini davanti, siamo noi il cui lavoro consiste nel colloquiare emettendo tutti insieme fiato e saliva – esattamente i primi veicoli di trasmissione del virus. Eppure veniamo ignorati mentre ogni giorno l’esperto di turno ci attacca per sierologici mancati e app non scaricate; addirittura una onorevole Cinque Stelle suggeriva una quarantena per tutti i docenti prima dell’inizio della scuola. Il sierologico gratuito si può fare fino al 4 settembre. Ma già dopo tre giorni molti imprecavano contro i docenti cattivi che si rifiutavano di fare il test. Un appunto, ricordando che comunque il test è volontario: i miei studenti terminali, quelli che incontrerò (con o senza mascherina?) tra un paio di settimane, hanno passato l’estate a giocare a calcio.
Aviaggiare forse in Croazia, a spritzettare in allegro assembramento nella piazza del loro paese. Anche a fronte del fatto che questa estate l’età dei contagiati si è abbassata vertiginosamente, non sarebbe più opportuno invitare loro a fare il test?
Il 14 di settembre si muoveranno circa 9.000.000 di persone. Gli insegnanti sono meno del 10 per cento: mi chiedo quale misteriosa logica garantisca o comprometta la salute in aula se il test lo fanno solo loro. Chi accusa i docenti dovrebbe ad ogni modo «star sereno»: la maggioranza non vede l’ora di tornare in qualsiasi condizione si rifili loro per sicura e quindi la posizione a cui do voce non esaurisce quella della categoria. Siamo però tantissimi insegnanti e genitori a nutrire perplessità e timori che nascono dalla lapalissiana contraddittorietà con cui a scuola si vuol spacciare per sicurezza quello che non lo è altrove. Per coerenza prendo l’esempio del settore pubblico, dove i lavoratori sono tutelati dietro ad un plexiglas, interagiscono con una persona adulta per volta, lavorano in locali con accessi contingentati e parzialmente in smartworking. Noi saremo gli unici chiusi in una stanza con trenta persone appartenenti a gruppi non esattamente noti per rimanere immobili, con cui dovremo interagire parlando, ovvero emettendo fiato e saliva.
In queste condizioni l’esposizione al virus è perfino più alta di quella di un sanitario, che ha tutti i dispositivi di protezione che noi non avremo. Nemmeno del plexiglas sulla cattedra siamo apparsi degni. Meglio investire sui banchi girelli.
Poi c’è la questione mezzi di trasporto. Alle superiori moltissimi studenti viaggiano per almeno mezz’ora in bus indere. corosamente stipati nelle corse per l’ingresso e l’uscita. Orari scaglionati allevieranno il problema, ma non lo risolveranno: gli studenti che ci troveremo davanti avranno viaggiato in condizioni ideali per il contagio.
Sembra che comunque la questione sia stata genialmente risolta con una accurata analisi filologica per cui pare che assembramento sui mezzi di trasporto derivi anticamente da Riunione Famigliare. Tutti congiunti in bus (probabilmente perché si viaggia appiccicati). Poi mi immagino intimare in classe a Rossi di mantenere il metro di distanza da Bianchi e Rossi che risponde: «Ma prof! Ho passato 40 minuti seduta in braccio suo in autobus!».
In parte, quegli studenti appartengono a quella fascia di età che sembra veicolare il contagio con disinvoltura, accusandone poco i sintomi ma portando in giro massicce cariche virali che potrebbero far molto male ai loro docenti e ai loro familiari. Di questo non si parla mai. Non una parola, nemmeno per quei lavoratori fragili a cui con un colpo di spugna di mezza estate è stato cancellato il diritto di lavorare da casa. Da settimane il mantra ripetuto all’infinito è riapriremo la scuola ad ogni costo in sicurezza. Miozzo poi ammette l’ovvio: certo qualche contagio ci sarà, l’Rt crescerà un po’. Già questa ammissione stride con l’idea di scuola luogo sicuro. Non si può dire che la scuola riaprirà in sicurezza e che ci saranno inevitabilmente dei contagi nello stesso fiato.
E’ un esercizio di Bipensiero Orwelliano che mi rifiuto di imparare. Di Covid si muoUno è già troppo. Ad ogni costo non rimerà mai con sicurezza. E mentre a mio avviso la stampa asseconda la filastrocca dei evvivaildirittoallistruzione, in pochi ci credono davvero. Altrimenti ci si sarebbe mossi prima: c’era tutto il tempo e c’erano delle strade praticabili alternative per garantire una sicurezza che almeno si avvicinasse a quella di altri ambienti lavorativi.
Paradossalmente gli unici che ci credono davvero siamo noi, che quando la scuola riaprirà ci saremo e faremo del nostro meglio. Ci venga però lasciato il diritto ad avere paura, ci venga riconosciuto che questa paura è fondata, e ci venga risparmiata l’ennesima campagna denigratoria.
Nessuno è riuscito finora a convincermi che la questione principale non sia educativa, ma politica ed economica. Ad ogni costo rima con elezioni, e con prove generali di tenuta del sistema. C’è bisogno di dare risposte a tutti i genitori che devono andare a lavorare e di avere il loro voto e c’è bisogno di testare il sistema contro una seconda ondata se il vaccino non dovesse arrivare in tempi brevi, per controllare il virus e non permettere che il virus controlli noi. Non riesco a pensare ad occasione migliore per fare le prove di circa 9.000.000 di persone che si muovono contemporaneamente e, eventualmente, apportare i dovuti correttivi. Eventualmente. Se qualcosa dovesse andare male. Ma a quel punto le scuole potranno richiudere: le elezioni ci saranno già state e si potrà far tesoro dei risultati del test.E’ un’ottica diversa da quella dominante.
E’ una storia diversa da quella narrata. Forse vale la pena raccontarla.
Vivremo davanti a trenta ragazzi che hanno passato l’estate a divertirsi con minori protezioni che in ufficio
Dovrò dire a Rossi di star lontano da Bianchi sapendo che uno era in braccio all’altro sull’autobus