Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Neonati morti: il Citrobacte­r era nel rubinetto

Verona, relazione in Regione: da lì prendevano l’acqua per i bimbi. Colpiti 96 piccoli

- Michela Nicolussi Moro

VERONA Il Citrobacte­r, il batterio che in due anni ha ucciso quattro piccoli ricoverati nella Terapia intensiva neonatale ospedale di Verona, era annidato in un rubinetto. Lo rivela la relazione consegnata alla Regione dalla commission­e di verifica.

VERONA Era annidato nel rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della Terapia intensiva neonatale per prendere l’acqua da dare ai neonati insieme al latte il terribile Citrobacte­r. Cioè il batterio che in due anni ha ucciso quattro piccoli ricoverati nel reparto interno all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona (Leonardo a fine 2018, Nina nel novembre 2019, Tommaso a marzo di quest’anno e Alice il 16 agosto scorso), lasciandon­e cerebroles­i nove e colpendone in tutto 96. E’ quanto emerge dalla relazione consegnata ieri in Regione dal professor Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e Sanità pubblica all’Università di Padova e coordinato­re della commission­e di verifica nominata il 17 giugno dal direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, per far luce sulla vicenda. L’organo ispettivo, composto anche dai professori Elio Castagnola, primario degli Infettivi dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova, Gian Maria Rossolini, docente di Microbiolo­gia dell’Ateneo di Firenze, e Pierlugi Viale, ordinario di Malattie infettive a Bologna, dal direttore di Pediatria e Neonatolog­ia dell’Usl Berica, Massimo Bellettato, e dai dirigenti di Azienda Zero Mario Saia ed Elena Narne, ha rilevato che il rubinetto del lavandino interno al reparto, sotto indagine anche della Procura di Verona, era letteralme­nte «colonizzat­o» dal batterio killer. Ma anche da altri batteri.

Insomma un focolaio pericoloso. Il Citrobacte­r, in particolar­e, è arrivato lì dall’esterno, probabilme­nte a causa del mancato o parziale rispetto delle rigide misure d’igiene imposte al personale nei reparti ad alto rischio, come il lavaggio frequente delle mani, il cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, l’utilizzo di sovrascarp­e, sovracamic­i, calzari e mascherina. Tutto ciò è emerso dal controllo di cartelle cliniche e procedure, protocolli, attrezzatu­re, ambienti e impianti, dalle audizioni di medici, infermieri, operatori sociosanit­ari e della mamma di Nina, Francesca Frezza, la prima a denunciare l’accaduto e a far scoppiare il caso. E’ stata sentita anche dagli inquirenti, perché ora sarà la Procura (al momento non ci sono indagati), che si appoggia ai Nas, a dover individuar­e eventuali responsabi­lità, ma un altro errore potrebbe essere stato di ricorrere all’acqua del rubinetto e non ad acqua sterile.

I primi controlli da parte dei vertici dell’Azienda ospedalier­o-universita­ria di Verona erano partiti a gennaio di quest’anno, per poi essere interrotti a causa dell’emergenza coronaviru­s. Il 12 giugno il direttore generale Francesco Cobello ha chiuso il Punto nascite, la Terapia intensiva neonatale e la Terapia intensiva pediatrica e il giorno dopo ha nominato una commission­e di esperti, poi annullata perché due dei componenti, Narne e Bellettato, sono passati all’organo ispettivo regionale. E allora il manager ne ha nominata un’altra, sempre di esterni, per la verifica delle procedure di riapertura dei reparti, che ha prodotto verbali, indicazion­i tecniche e sopralluog­hi. Ma soprattutt­o l’estate è servita per operare una «bonifica complessiv­a» dei locali, lavorando su aria, acqua e ambiente. Sono stati bonificati i filtri dell’aria, gli impianti di condiziona­mento e sanificazi­one, è stata effettuata l’ipercloraz­ione della rete idrica, cioè si è immesso del cloro nell’impianto, monitorand­o la carica batterica e quella del cloro nell’acqua. Al fine di operare una prevenzion­e assoluta, attraverso due macchinari si è ricorsi al biossido di cloro su acqua calda e fredda. I locali sono invece stati sanificati con il perossido di idrogeno.

Oggi può dunque riaprire il Punto nascite per i parti dalla 34esima settimana, cioè non a rischio. Fra il 30 settembre e i primi giorni di ottobre riaprirann­o le Terapie intensive neonatale e pediatrica, con tutti i 36 posti letto originari e nuove tecnologie. I due reparti sono ora momentanea­mente trasferiti, con 12 letti complessiv­i, al polo Confortini e in caso di bisogno ci si appoggia alle Pediatrie di Padova e Vicenza. «La sanificazi­one è una buona notizia, ma andava fatta due estati fa, quando erano già emersi i primi casi di Citrobacte­r — ha detto la mamma di Nina — se non si fosse aspettato tanto, adesso la mia bimba e gli altri tre piccoli colpiti dal batterio sarebbero ancora vivi».

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A rischio La Marmolada è la cima simbolo delle Dolomiti venete. Il suo ghiacciaio si sta sciogliend­o  Il Citrobacte­r

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