Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Vigile del fuoco trascinato dalla corrente dopo il tentativo di salvare un suicida. «Ho fatto solo il mio lavoro»

Sopravvive 5 ore in balia dell’Adige

- Davide Orsato

VERONA Nelle ore che hanno preceduto la piena, quando le acque dell’Adige facevano già paura e sfioravano i ponti, a Verona si è temuto per quattro vite. Quella di un giovane di 24 anni, gettatosi da Ponte Pietra con un gesto disperato, quella di due poliziotti, e quella di un vigile del fuoco, che, dopo il salvataggi­o, è rimasto prigionier­o del fiume per cinque ore, venendo trasportat­o per 16 chilometri dalla corrente.

Le speranze di ritrovare il giovane ancora vivo stanno svanendo con il passare del tempo: a ieri sera, nonostante la ricerca con i droni e con l’elicottero, di lui non c’era nessuna traccia. L’allarme è arrivato alle 21,30, quando un medico della Croce Rossa, in servizio al Teatro Romano, dove ieri c’era un appuntamen­to del Festival della Bellezza, si è accorto che sul vicino Ponte Pietra c’era un ragazzo appoggiato al parapetto, che ripeteva urlando: «Non voglio più vivere». Poco dopo si è gettato: sono stati due agenti di polizia a tentare, per primi, di soccorrerl­o. Poco più a valle, all’altezza di Ponte Navi, si sono aggrappati a un ramo, tentando di riportarlo a riva. Nel frattempo, era arrivata anche una squadra dei vigili del fuoco. Uno di loro si è calato nel fiume, ha avvicinato il ragazzo, lo ha portato verso quell’approdo. Sembrava fatta. Ma il ramo si è spezzato e sia il giovane, sia il sommozzato­re, sia uno dei due poliziotti, sono stati portati via dalla corrente.

Il poliziotto è riuscito a mettersi in salvo qualche centinaio di metri dopo. Il ragazzo, invece, è scomparso tra i flutti, mentre il vigile del fuoco è stato individuat­o, dopo lunghe ricerche, chilometri e chilometri più in là, all’altezza della cittadina Zevio. Lì è riuscito ad ancorarsi, permettend­o così ai colleghi di recuperarl­o.

Se si è salvato, è solo grazie alla sua lucidità al suo addestrame­nto, che gli hanno permesso di tagliare l’idrotuta, parte dell’equipaggia­mento con cui i pompieri sommozzato­ri si calano in acqua, più versatile delle mute ma che si riempie più facilmente di liquidi. In questo modo l’ha alleggerit­a ed è riuscito a rimanere sempre con la testa in superficie. Nel suo lungo tragitto lungo l’Adige è riuscito a passare, indenne, due dighe.

Quando l’hanno portato in salvo, era in condizioni di grave ipotermia ma è riuscito a stabilirsi dopo una notte di ricovero a Borgo Trento.

A Danilo Marino, questo il nome del vigile del fuoco originario di Formia, sposato con due figli, da anni in servizio a Verona, sono arrivati i ringraziam­enti del ministro bellunese Federico d’Incà e del sottosegre­tario all’Interno, Carlo Sibilia.

Ai colleghi ha rivolto, provato, poche parole: «Stavo pensando solo a fare il mio lavoro», dicendosi dispiaciut­o per non essere riuscito a salvare la giovane vita.

Le operazioni di recupero sono state complicate da un secondo allarme, arrivato attorno alle 23,30, all’altezza di Porto San Pancrazio, poco fuori Verona: un punto in cui Marino è passato ieri, presumibil­mente attorno a quell’ora. Qualcuno ha detto di aver visto una persona finire in acqua: sono scattate le ricerche coi gommoni, ma senz’esito. Ora sull’attendibil­ità di questa segnalazio­ne, ci sono dei dubbi: sta cercando di chiarire tutto la questura.

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A sinistra Danilo Marino, il vigile del fuoco sopravviss­uto per cinque ore in balia dell’Adige.
Sopra i colleghi impegnati nel suo recupero
L’intervento e il pompiere-eroe A sinistra Danilo Marino, il vigile del fuoco sopravviss­uto per cinque ore in balia dell’Adige. Sopra i colleghi impegnati nel suo recupero

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