Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

E i selfie stick superano il muro

Un centinaio gli irriducibi­li dell’avvistamen­to

- Di Camilla Gargioni

Non è un muro a infrangere i sogni del popolo del red carpet. Fan, curiosi, appassiona­ti si sono adattati alle nuove regole della Mostra trovando comunque un modo per inseguire i propri beniamini. È finita l’epoca dei sacchi a pelo accatastat­i vicino al tappeto rosso e degli appostamen­ti in Darsena Excelsior e Darsena Casinò per strappare selfie e autografi: di fronte al Palazzo del Cinema si arriva intorno alle sei, un’ora prima della proiezione. Il muro è invalicabi­le, tranne che per i bracci telescopic­i delle GoPro e chi improvvisa video con i selfie stick. Allora, le persone (che in poco tempo diventano un centinaio) si spostano tutte davanti agli spiragli d’ingresso e sulle transenne che consentono l’accesso alle auto. Mentre la sicurezza ricorda di mantenere le distanze, inevitabil­mente queste vengono meno. «Ho visto su una storia Instagram che è arrivata a Venezia Ester Exposito, l’attrice della serie tv Èlite – racconta Tommaso, studente universita­rio di Mestre, appeso a una transenna –. Sono partito subito, anche se sono in piena sessione. Quattro anni fa ho incontrato Johnny Depp, l’ho visto dove ora c’è il muro. Data la situazione, è giusto che ci sia: certo, è un grande limite per gli appassiona­ti».

Poco distante da dove arrivano le auto con le star, c’è l’ingresso per gli spettatori che si muovono a piedi. Lì, altre transenne e altri curiosi, continuame­nte intimati di mantenere le distanze. Si staccano dal gruppo Fabio e Giuditta, già venuti al Lido l’anno scorso dalla Sicilia. «Abbiamo il nostro accredito, siamo qui per vedere i film – dicono – speriamo di conoscere comunque qualche attore o regista, magari a qualche prima in sala. È un peccato che ci sia il muro: le persone finiscono per ammassarsi comunque».

Di giorno, nella calma surreale che domina il Lido, i fan non si arrendono: il red carpet è la terrazza dell’Excelsior, rimasta libera. Sono in pochi (una decina) sotto il sole cocente, ma agguerriti. Tre ragazze sorridono dietro la mascherina, guardando sul telefono i selfie rubati (a distanza) a Matt Dillon. Tra di loro c’è Riccardo, studente di moda a Caserta, che sfoggia Cate Blanchett stampata sulla mascherina. «Quando ho saputo del muro, ho pianto – spiega concitato, buttando l’occhio intorno per assicurars­i che non stia passando la sua beniamina – è il sesto anno di Mostra per me, dormivo con il sacco a pelo sul red carpet insieme ad amici conosciuti qui. Ora è tutto inaccessib­ile». Era l’unico fan ieri, in Darsena Casinò, all’arrivo della giuria: uno dei luoghi dove l’anno scorso ci si accalcava per un autografo, ora è deserto. Così come la terrazza dell’Excelsior, che è rimasta però senza limitazion­i e dove comunque qualcuno si affaccia speranzoso. Per entrare nell’hotel, la febbre viene misurata sia all’ingresso sia all’uscita, con le pistole. Per spostarsi da un’area all’altra della Mostra, invece, il mantra è esporre il proprio badge il cui codice a barre viene scannerizz­ato ogni volta. La mascherina, ormai si sa, è la conditio sine qua non: spesso si viene intimati a indossarla correttame­nte, soprattutt­o in sala. Alle conferenze stampa, le cuffie vengono sanificate a ogni uso e il tavolo delle conferenze stampa pulito al cambio dei partecipan­ti.

Un primo giorno senza folle, che racconta una passione per il cinema che i muri, le transenne e le mascherine non possono fermare.

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Fan e cinefili non si arrendono di fronte al muro e tentano di riprendere i loro beniamini

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