Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Morta di parto: «Errori di valutazion­e»

Il decesso nel 2004, dopo il cesareo. I periti del tribunale: «Poteva salvarsi al 50%»

- Centin

BASSANO È morta nel 2004, dopo aver dato alla luce la figlia. Ora, dopo 16 anni (e una causa penale conclusasi con il prosciogli­mento dei medici), i periti del tribunale di Vicenza parlano di «errori di valutazion­e» e dicono che Silvia Dalla Rizza «poteva essere salvata al 5o%». La famiglia della donna ha presentato causa civile contro l’Usl dopo aver scoperto che il medico che ha seguito la figlia, Andrea Stampini, non aveva mai conseguito la laurea in medicina.

BASSANO Dodici ore di travaglio, il cesareo urgente «deciso dopo un’attesa troppo prolungata», di ore. I controlli dentro e fuori la sala operatoria che vengono prescritti ma non eseguiti - si faranno solo «quando lo stato di shock sarà già conclamato» - e «il monitoragg­io post operatorio affidato a personale non medico». La situazione che precipita, con un’emorragia post partum massiva «che doveva essere trattata nel più breve tempo possibile», con trasfusion­i di sangue immediate. Ma viene gestita tardi, con le sacche che non arrivano, se non dopo 50 interminab­ili minuti (invece di 30). Sembra la salvezza e invece il cuore della neo mamma, che «aveva perso quasi tre litri di sangue, oltre il 50 per cento», smette di battere. «Contestual­mente alla trasfusion­e». Si procede ad intubare la 29enne. Ma ancora una volta non subito, non presto. E dopo «oltre venti minuti in arresto cardiaco» la situazione neurologic­a è gravissima. È morte cerebrale. Coma. La donna non risponde agli stimoli. Inanimata in quel letto di ospedale, quando avrebbe dovuto gioire con in braccio la neonata tanto desiderata che è sopravvivi­ssuta. Non è la sceneggiat­ura di un film drammatico da girare in corsia, con una concatenaz­ione di colpi di scena e traversie per far colpo sul pubblico. No.

È accaduto davvero. Sedici anni fa. Così è morta la bassanese Silvia Carmen Dalla Rizza, 29 anni, ricoverata all’ospedale San Bassiano per dare alla luce la sua primogenit­a (era il 3 gennaio 2004). E ad operare quel giorno, dentro quella sala operatoria e al di fuori, c’era il dirigente medico del reparto di ostetricia e ginecologi­a. Andrea Stampini, colui che, undici anni dopo, si scoprirà essere solo un geometra , non avendo mai conseguito la laurea e tanto meno l’abitazione medica. Nel suo «comportame­nto» di allora, «durante il parto», ora vengono evidenziat­e una serie di «criticità» (per la verità anche dopo, quando ha affidato la paziente a «personale non formato»), per quanto «non si possa assegnare al solo Stampini l’interezza delle censure», tenendo conto della «deficitari­a organizzaz­ione di struttura», dell’«insufficie­nte organizzaz­ione di reparto per fare fronte ad emergenze» oltre alla «non conformità ai dettami della dottrina specialist­ica da parte di più di un sanitario». Queste le conclusion­i della perizia medico legale disposta dal giudice civile Francesco Lamagna, ed effettuata dal medico legale Andrea Galassi, affiancato dal ginecologo Livio Zanoio, che hanno rispolvera­to dall’archivio del tribunale di Vicenza l’esito dell’autopsia eseguita nel 2004 (l’inchiesta penale si era chiusa con il prosciogli­mento di Stampini). Un centinaio di pagine in cui si evidenzia «un complesso di errori di condotta e valutazion­e», alla fine di un processo «in cui una serie di persone sono riuscite a prendere delle non corrette decisioni». Decisioni che hanno determinat­o il decesso della 29enne? Galassi è lapidario e fa riferiment­o al parametro delle morti materne evitabili, determinat­o negli studi dell’epoca «nella misura del 50 per cento».

I familiari della giovane mamma hanno trascorso gli ultimi sedici anni a chiedersi se avesse potuto salvarsi. Ora quella maledetta risposta è arrivata. E certo sarà determinan­te nella causa civile che i parenti hanno intentato contro l’Usl 7 Pedemontan­a, contestand­ole di non aver vigilato sul proprio dipendente e cioè su Stampini, morto nel luglio dello corso anno (di due milioni la richiesta danni).

«Per i consulenti del tribunale Dalla Rizza aveva il 50 per cento di possibilit­à di salvarsi - dichiara il legale della famiglia, l’avvocato Gaetano Crisafi - hanno fatto emergere il complesso di errori dei sanitari e le criticità e lacune del reparto. Le responsabi­lità dell’azienda sanitaria ora sono ancora più palesi». Usl che ha già scansato la mediazione proposta dal giudice e che ha nominato i propri consulenti medici di parte, così come ha fatto la famiglia Dalla Rizza e l’assicurazi­one che non vuole risarcire perché, spiega, copriva i danni causati da medici e non da geometri. Usl che, tra l’altro, ha allegato una cartella clinica con «significat­ive differenze - scrive il dottor Galassi - differenze che possono essere rilevanti in punto di autenticit­à».

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Dalla Rizza, morta nel 2004, e l’avvocato della famiglia
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Attesa 16 anni lunga Silvia Carmen Dalla Rizza, morta nel 2004, e l’avvocato della famiglia Gaetano Crisafi
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San Bassiano Silvia Carmen Dalla Rizza era all’ospedale per partorire la figlia, nel gennaio 2004. Causa civile della famiglia contro l’Usl
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