Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uccide la compagna, opera rimossa
VENEZIA «Non un atto di cancellazione ma un segno di cordoglio». Così Palazzo Grassi spiega la decisione di di rimuovere «Don’t Let the Darkness Eat You up» (Non lasciare che l’oscurità ti divori), l’opera di tre metri per nove e mezzo dell’artista inglese Saul Fletcher che fino al 12 agosto era esposta a Punta della Dogana per la mostra «Untitled 2020 – Tre sguardi sull’arte di oggi». È stata tolta dopo che Fletcher lo scorso luglio a Berlino ha ucciso a coltellate la compagna Rebeccah Blum e si è tolto la vita. Stimata storica dell’arte e talentuosa curatrice dalla California alla Germania, da anni Blum era negli alti e bassi di una relazione lunga e complicata con l’artista autodidatta, che nei periodi di depressione più acuta si richiudeva nel suo studio senza mai uscirne. Gli amici della coppia hanno parlato di seri problemi di equilibrio mentale di Fletcher e nel mondo dei galleristi e dei curatori la cosa non era un segreto.
E l’opera installata a Punta della Dogana, con quel titolo e quell’arcobaleno a tempera che tenta di farsi spazio tra frammenti di materiale vario e incoerente, pare un’istantanea su una condizione personale e relazionale in bilico tra buoni propositi e pulsioni violente. Caravaggio era un omicida e frequentatore di postriboli, la vita sregolata di Mozart è stata immortalata da Milos Forman, Günter Grass che ruppe il velo sull’omertà dei tedeschi nei confronti del nazismo con il suo romanzo «Il tamburo di latta» confessò di essere stato arruolato giovanissimo dalle SS. La riflessione del rapporto tra la vita dell’artista e la sua opera è antichissima e irrisolta e il femminicidio compiuto da Fletcher ha innescato un reload che divide il mondo dell’arte. La gallerista londinese Alison Jacques, amica della Blum, ha rimosso tutte le tracce dell’opera di Fletcher dal suo sito: «Per rispetto di Rebeccah. Spero che anche il resto del mondo dell’arte faccia la cosa giusta». L’istituzione culturale di Palazzo Grassi ha riflettuto a lungo. «La decisione di togliere l’opera di Saul Fletcher è frutto di un processo decisionale unico.- spiega il direttore Bruno Racine - Sin dal principio abbiamo affrontato le diverse opzioni, come lasciare l’opera in mostra accompagnata da un messaggio di emozione sincera che abbiamo voluto esprimere immediatamente. Accadeva in un momento in cui i fatti erano ancora poco chiari, ma l’opzione di rimuovere l’installazione era già in discussione. Si trattava però di una decisione da prendere in modo collettivo: istituzione, curatori e tutti gli artisti coinvolti. C’era quindi un pensiero che doveva maturare nel confronto reciproco. Non c’è una regola su come affrontare questo genere di situazioni. Per esprimere il lutto, abbiamo optato per la rimozione fisica dell’opera,che rimarrà però in catalogo, a dimostrazione di come non si tratti di un atto di cancellazione, ma di un segno di cordoglio». «Se un artista uccide la compagna, meglio che rimanga un ricordo: una testimonianza in negativo è meglio un niente – ribatte lo storico dell’arte Vittorio Sgarbi – L’opera parla anche in memoria della Blum e sollecita un pensiero negativo per l’artista . La gallerista Jacques fa una scelta di rappresentanza di un privato. Una fondazione come quella di Pinault non può comprimersi su questa posizione». «Avrei lasciato l’opera lì, non mi sarei neanche posto il problema», concorda il filosofo Massimo Cacciari.
«Ritirarla è stata una sciocchezza sesquipedale – s’infervora il presidente del Teatro Stabile del Veneto Giampiero Beltotto – Mai ritirare niente: è una fuga, il richiamo delle tenebre del politicamente corretto, l’orrore di questa civiltà che nega la pulsione e l’errore. L’opera, esposta, avrebbe potuto ricordare l’orrore dell’omicidio. Fin dal ginnasio ci insegnano la differenza tra essere una brava persona ed essere un sommo artista. Louis-Ferdinand Céline, che amo come scrittore, probabilmente come uomo era orribile. L’artista ha fatto una brutta azione? Scrivilo vicino. Ma fammi vedere l’opera». D’altro canto, ci sono esistenze d’artista così sregolate che la biografia supera l’opera «e spiegano il successo di artisti come Jean Michel Basquiat», riflette il direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini Massimo Luca Barbero. Il mondo ha avuto oltre 400 anni per mettere distanza tra l’omicidio che compì Caravaggio e la maestria delle sue opere. L’assassinio di Fletcher è fresco, è un femminicidio in piena regola, crimine che brucia nella carne viva della consapevolezza sociale. «Il mondo dell’arte può scegliere se mostrare o censurare fatti di cronaca - argomenta Chiara Casarin, direttore artistico del Museo Canova di Possagno – Sono contraria alla censura di ogni tipo. Ma a volte togliere significa far vedere di più, a patto che sia una scelta proattiva: rimuovo l’opera se voglio schierarmi fortemente contro il femminicidio e il suicidio».