Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Che errore far tornare il pubblico negli stadi»

- di Gloria Bertasi

«Il virus c’è e circola, ma nelle Terapie intensive i ricoveri sono bassi». Il virologo Giorgio Palù, professore emerito al Bo e docente a Philadelph­ia, boccia la riapertura degli stadi («non sono beni primari come lo è la scuola») e anticipa: «I mesi a venire sono i più critici».

VENEZIA Al primo starnuto, anche se la febbre non supera i fatidici 37,5 gradi, i bambini sono rimandati a casa da scuola e scatta l’iter per il test, con enormi disagi per Usl, pediatri, scuole e famiglie. E questo accade proprio quando si parla di riaprire gli stadi al 25 per cento di capienza e mentre alcune regioni tornano ad imporre le mascherine, al chiuso e all’aperto, a fronte di contagi in costante incremento. «Il virus c’è e circola, ma le rianimazio­ni non sono intasate», rassicura Giorgio Palù, docente emerito di Microbiolo­gia al Bo, professore di neuroscien­ze a Philadelph­ia ed ex presidente della Società europea di virologia.

Professore, partiamo dalle scuole: serve davvero fare sempre i tamponi? A Treviso di oltre tremila eseguiti, solo 2 sono risultati positivi.

«Posso solo dire che i bambini fino all’adolescenz­a si infettano e si ammalano meno, non muoiono e trasmetton­o meno il virus. Detto questo, in Italia i ragazzi stanno in casa fino ai 30 anni e magari, anche se è raro, con una carica virale alta possono contagiare un soggetto più debole. La svolta sarà con i test salivari, più rapidi e su cui da poco è stato pubblicato uno studio. Il tampone, poi, su un bambino può non dare prelievi adeguati. Detto questo, comprendo la situazione di difficoltà».

Ieri abbiamo avuto 210 contagi e da metà agosto registriam­o mille positivi a settimana: a luglio erano 90.

«Con 20 ricoverati a ieri nelle Terapie intensive e 201 in area non critica direi che siamo a nulla rispetto ai 450 di marzo e aprile. Dobbiamo allarmarci quando la crescita del virus è esponenzia­le come accade nei focolai, meno se è lineare, come sembra essere oggi. Ma, ribadisco, il virus c’è e circola».

Mascherine sì, mascherine no?

«Ero di recente a Napoli (la Campania giovedì ha reintrodot­to l’obbligo, ndr) e la sera ho visto una marea di giovani senza mascherina. Lo stesso accade altrove, anche qui, sempre di sera quando le temperatur­e sono più basse e non c’è il sole ad abbattere il virus. Le mascherine proteggono».

Riaprirebb­e gli stadi?

«Aprire le discoteche fu un errore clamoroso, guardate che è accaduto in Sardegna, regione, prima, Covid-free. Negli stadi poi ci si sgola... Comprendo gli interessi economici ma non sono beni primari. Non sono scuola, cultura, industria e produzioni. Anche a me piace il calcio, ma ora è meglio guardarlo in television­e».

Con il freddo avremo una recrudesce­nza del Covid-19?

«Non faccio previsioni ma abbiamo davanti il periodo più critico, più per gli anziani e gli adulti che per i giovani. Dobbiamo tenere conto dei dati clinici, ne abbiamo quasi 100mila, visto che in Italia sequenziam­o poco il genoma. Potrebbe ripresenta­rsi la necessità al massimo di lockdown mirati, locali».

Quando dice che sequenziam­o poco il genoma si nota una vena critica...

«Dovremo studiare di più per prepararci al futuro, questo virus la cui mortalità è del 5 per mille contro il 30 e 10 per cento di Mers e Sars ci ha insegnato che bisogna investire sulla virologia, servono profession­isti che studino i virus».

Cos’altro dovremmo fare?

«Investire sulla medicina territoria­le, su quella scolastica: la sanità non è fatta solo di ospedali. Anzi, abbiamo visto cosa è accaduto in Lombardia perché si ricoverava­no tutti gli affetti dal virus. Potenziamo i medici di base. Diamo loro risonanze, tac, laboratori di analisi».

E singolarme­nte?

«Abbiamo visto che non servono riunioni fisiche di gruppo, che si può lavorare a distanza. Abbiamo anche imparato che ci si può salutare con un inchino. E potremmo imparare a fare come in Giappone: indossare la mascherina anche per un banale raffreddor­e».

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(Foto, Bergamasch­i) In attesa Genitori e bambini in coda per il tampone a Padova
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Giorgio Palù docente emerito di Padova
Il professore Giorgio Palù docente emerito di Padova

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