Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Le finte nozze tra stranieri gli costano un anno e 8 mesi
Patteggia il marocchino arrestato dalla polizia
VICENZA Era finito agli arresti domiciliari a giugno, accusato di aver organizzato matrimoni combinati tra donne romene e cittadini nordafricani i quali così regolarizzavano la loro posizione in Italia. Un’unione farsa tra due stranieri che si incontravano per la prima volta il giorno del «sì» in municipio. Un business per il promotore della truffa che ora ha chiuso il procedimento penale scendendo a patti con la giustizia. Un anno e otto mesi di reclusione è quanto ha patteggiato Mohamed Aabari, 70enne italiano di origini marocchine residente a Creazzo. Gli veniva contestato il favoreggiamento della permanenza dell’immigrazione clandestina.
Per i poliziotti della squadra mobile era l’ideatore dei matrimoni fittizi, colui che organizzava il tutto, un servizio di preparazione e assistenza che effettuava al marocchino di turno ad un prezzo che poteva variare dai quattromila ai seimila euro (a seconda delle disponibilità dello sposo). Due i matrimoni che per l’accusa il 70enne era riuscito a far celebrare, a Vicenza e Creazzo, altri erano invece in programma, anche nel Veronese, ma l’emergenza coronavirus li aveva fatti posticipare. Due le romene denunciate, disposte a sposarsi dietro compenso, da quanto appurato il trenta per cento delle somme incassate da Aabari. Romene in difficoltà economiche, spesso prese dalla strada. A rischiare una denuncia anche i due sposi, cittadini marocchini residenti nel Vicentino, che potrebbero pure vedersi ritirare il titolo di soggiorno. L’indagine degli investigatori, durata oltre due mesi e passata anche attraverso intercettazioni telefoniche, è partita da accertamenti dell’ufficio immigrazione della questura e da specifiche segnalazioni del Comune di Vicenza, dopo che in alcune pratiche erano emerse irregolarità. In particolare nelle fasi istruttorie alle celebrazioni dei matrimoni tra la cittadina romena, quindi comunitaria, e il marocchino, extracomunitario. Questi era già in Italia ma il permesso di soggiorno era scaduto e il matrimonio gli permetteva di rimanere sul suolo italiano con un titolo valido, e non da clandestino. Ma quel «sì» in municipio era solo una messinscena: finito il rito ognuno tornava a casa propria.