Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

103 «Ganna ricorda il grande Moser È favorito alla crono»

Silvio Martinello analizza le difficoltà delle tappe in Veneto

- L. F.

«V incere in Veneto è un bellissimo ricordo che porto con me». Si emoziona Silvio Martinello, quando col pensiero torna a quel 13 giugno del 1991: undicesima tappa del Giro d’Italia, da Pozza di Fassa si scendeva a Castelfran­co Veneto. Volatona che lo sprinter padovano vinse davanti a Stefano Allocchio; terzo Svorada, quarto Mario Cipollini. I principi delle volate all’epoca. Quella fu la settanta quattr esima edizione della Corsa Rosa, dominata da Franco Chioccioli. Fu la prima delle due tappe (la seconda ad Atene nel 1996) vinte al Giro dall’olimpionic­o di Atlanta.

Silvio Martinello, il Giro quando arriva in Veneto respira aria di casa. Non crede?

«La Regione investe nel ciclismo per promuovere il nostro territorio. Diciamo che le tappe venete sono ormai una costante»

Due gli arrivi; il primo a Monselice e il giorno dopo tocca alla crono del Prosecco. Ce li descrive?

«La frazione di Monselice è solo apparentem­ente interlocut­oria. In realtà gli ultimi 50 chilometri presentano due salite sui Colli Euganei: il Roccolo, bello tosto, e Calaone. Strade strette e tortuose che si prestano agli attacchi. Può venir fuori una fuga. La cronometro del Prosecco da Conegliano a Valdobbiad­ene è un appuntamen­to atteso dagli uomini di classifica. Perché è la classica giornata che fa classifica. Sarà uno spettacolo per tutti gli appassiona­ti».

E magari Filippo Ganna infila un’altra perla…

«Frazione adatta a lui. Finora ha entusiasma­to più di tutti. Ha un motore di grossa cilindrata e i mezzi per poter pensare più in grande. Mi ricorda Francesco Moser, che un Giro lo ha vinto. In futuro potrebbe essere un obiettivo anche per Ganna. Nemmeno lui può ora dire quali siano i suoi limiti; ha davanti uno scenario molto ampio, può fare grandi cose».

Com’è questo Giro d’Italia d’autunno?

«Partendo dal Sud, siamo stati fortunati. L’incognita è la terza settimana quando la corsa salirà in quota allo Stelvio e al Colle dell’Agnello. Speriamo nella clemenza del meteo in modo da evitare stravolgim­enti nel percorso».

Chi arriva in rosa a Milano?

«Con Thomas e Yates fuori di scena e altri usciti dalla corsa, vedo molto bene il nostro Nibali. Vincenzo corre da padrone del Giro. Per me il favorito numero uno è proprio lui».

Il Veneto e il ciclismo: quest’anno abbiamo avuto i campionati italiani a Cittadella. Tornerà anche una classica?

«Mi risulta che la richiesta fatta da Pippo Pozzato e Johnny Moletta, gli organizzat­ori del campionato italiano a Cittadella, d’inserire in calendario il Giro del Veneto sia stata accolta. È una corsa dalla grande tradizione che purtroppo non si disputa da anni. Non sarà facile trovare spazio e collocarla in un calendario fittissimo. Ci stanno lavorando, speriamo si possa disputare già dal 2021».

Veniamo a lei. Sono passati pochi giorni da quando ha annunciato la sua candidatur­a alla presidenza della Federcicli­smo. Cosa l’ha spinta a fare un simile passo?

«Ho sciolto la riserva. È un lavoro che porto avanti da mesi. Volevo capire se nel movimento esistesse la volontà di cambiare. L’ho colta parlando molto con gli operatori; ora dobbiamo essere bravi a convertire questa voglia di cambiament­o in consenso. Non sarà semplice, il sistema elettorale è un po’ complicato: ci conteremo il 13 e 14 febbraio 2021. Sono fiducioso, mi sto impegnando molto e credo di poter proporre soluzioni ai tanti problemi che affliggono il ciclismo italiano».

Quali sono i più preoccupan­ti?

«L’attività di base giovanile era già in difficoltà. Il Covid e la crisi economica l’hanno messa in crisi. La mancanza di risorse è un problema per uno sport che vive di sponsorizz­azioni. Centinaia di ragazzi tra gli juniores rischiano di trovarsi senza sistemazio­ne al momento del passaggio di categoria. Ma le criticità investono anche il profession­ismo che deve ritrovare una dimensione più consona alla tradizione italiana. Ganna ha solo 24 anni, e sta facendo grandi cose, ma da anni non abbiamo una squadra italiana con licenza World Tour».

Le sue proposte?

«Non basta un uomo solo al comando, come avviene adesso con un presidente che decide tutto. C’è bisogno di collegiali­tà e riunire le menti migliori del nostro movimento. Dobbiamo ritrovare dialogo, unità e quella forza che solo facendo squadra possiamo esprimere. Il nostro movimento deve rialzare la testa. Per questo ho deciso di lanciarmi in questa sfida. Da una settimana, quando ho fatto l’annuncio della mia candidatur­a, non vivo più, ma significa che c’è attesa e speranza: e io spero di poter dare le giuste risposte di cui il nostro ciclismo ha bisogno».

” Per la vittoria finale dico Nibali. Speriamo nel meteo clemente la terza settimana

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