Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Losguardolungo eilbisognodi riscatto
Perché, come abbiamo ripetuto spesso su queste colonne, certe dinamiche si generano e si possono leggere (ed eventualmente contrastare) solo assumendo uno sguardo «lungo», cioè capace di vedere lontano.
La prima dinamica destinata a produrre effetti dirompenti è quella demografica. Fissando lo sguardo al 2050, tanto per avere un punto di riferimento, l’Italia avrà meno abitanti (5 milioni in meno) e sarà popolata da vecchi (4,5 milioni in più di persone con oltre 65 anni). Tradotto: avrà meno persone che lavorano, più persone che percepiscono una pensione; più persone in condizioni di salute precarie. I grandi temi della nostra agenda collettiva sono affrontati – così incalza il Censis – con un approccio emozionale: tutto è emergenza e genera paure irrazionali e di breve momento, ma niente, o poco, viene affrontato con un approccio maturo. Questo atteggiamento è del tutto coerente con lo spirito del tempo – individualista, narcisista, che ci porta a “consumare” esperienze – e, se pure coglie le criticità per quello che sono, non le elabora: tre italiani su quattro sono convinti che stiamo andando verso una società sempre più ineguale; che la crisi porterà rancore, e dunque violenza, e perdita diffusa di benessere; che le guerre sempre più vicine alle porte di casa nostra potranno assumere nuovamente connotazioni mondiali; che la sanità pubblica (lo pensano 7 italiani su 10) perderà il suo carattere universalistico. Ma queste paure, individuali, non riescono a diventare progetti collettivi. I tassi di occupazione sono cresciuti, è vero, e hanno raggiunto il livello più alto di sempre; però molte imprese non riescono a trovare manodopera; molti giovani vanno all’estero (l’Italia, su questo bisogna essere chiari, è ad oggi un Paese di emigrazione più che di immigrazione) e quello che sembrava uno stillicidio sta prendendo la forma di una emorragia; e in ogni caso, quanto a livelli di occupazione, il nostro Paese rimane quasi 10 punti percentuali al di sotto del dato medio europeo (poco più del 60% contro quasi il 70%). L’Italia sta affrontando anche una nuova stagione di diritti civili: sempre più forte è la richiesta che lo Stato non interferisca sulle scelte cui si ritiene di rispondere solo alla propria coscienza, a partire dalla forma delle famiglie. Due persone su tre, e oltre, sono d’accordo sui matrimoni tra persone dello stesso sesso; sono favorevoli all’eutanasia; ritengono giusta l’adozione da parte di single. Sembra, commenta il Censis, di vedere due Italie: una che continua ad avere un fascino irresistibile se guardata dall’alto del nostro patrimonio culturale e ambientale; l’altra che si trascina, se guardata dal basso di una quotidianità nella quale i grandi nodi aperti non riescono a rimettere in marcia un disegno di rilancio collettivo. Un ciclo si chiude, ma quello nuovo sembra arrivare per inerzia, senza un progetto collettivo di cambiamento. Parlando di Scuola, di transizione digitale, di problematiche ambientali, di deficit infrastrutturale, di tutela del territorio, di decrescita demografica (e ci fermiamo qui) si avvertono sempre più chiari i segni di una diffusa lamentela, che però non ha il coraggio e la forza di diventare protesta e forza di riscatto.