Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
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La polizia ha individuato e denunciato un romeno senza fissa dimora
Ha imbrattato con il proprio sangue una colonna del palladiano Palazzo Chiericati in piazza Matteotti. Individuato e denunciato dalla polizia, al romeno di 53 anni senza fissa dimora il «prurito» artistico è costato anche un avviso orale da parte del questore Dario Sallustio. L’episodio risale alle 19.15 di venerdì. Un passante ha avvertito le forze dell’ordine dopo avere visto un uomo intento a scrivere su una delle colonne. In piazza Matteotti è intervenuta una volante della polizia e gli agenti hanno trovato l’uomo ancora all’opera. Con gli agenti della questura, che intanto hanno fermato il romeno, sono accorsi anche gli uomini della polizia locale. L’uomo ha ammesso tranquillamente di essere l’autore della scritta («Sai ro») ma davanti agli agenti non è riuscito a dare una giustificazione o un significato all’abbozzo di frase. Da quanto è emerso da una prima ricostruzione il cinquantratreenne si è ferito al dito di una mano o con una bottiglia di vetro o, seconda ipotesi, mentre cercava di tagliarsi le unghie. Dopo essere stato sottoposto ad una visita medica, l’uomo è stato foto segnalato e denunciato per deturpamento e imbrattamento di cose altrui commesso su cose di interesse storico e artistico. E, come detto, è stato destinatario di un avviso orale firmato dal questore.
Insomma, la «suggestione» del sangue su un palazzo storico e aristocratico non muove la fantasia di una Agatha Christie ma l’ironia di un Evelyn Waugh. Un’ironia mutuabile nella circostanza che pochi mesi fa, vicino a quella colonna, il sindaco Giacomo Possamai invitò a non elargire oboli agli sbandati per non alimentare un fenomeno circolare di degrado. «La condanna nei confronti di un gesto come questo è ferma e totale a prescindere dai danni provocati» commenta ora il sindaco. Richiamando, per inciso, un altro episodio di imbrattamento, diverso nella genesi, strumenti ed effetti, ma compiuto anche allora da stranieri: due soldati del contingente Usa a Vicenza. La «tela», allora, fu la Basilica. «A differenza della complessa operazione portata a termine dai restauratori sulla Basilica – continua Possamai - in questo caso la scritta è facilmente rimovibile ed è quasi scomparsa già con l’attività di sola pulizia, resta il principio che non è tollerabile che siano imbrattati i monumenti della città». Fatto sta sarà necessario comunque l’intervento delle Belle arti. Nonostante, in tema di pulizia, almeno a occhio nudo sia difficile distinguere la colonna imbratta dalle altre.
Ma quanto accaduto venerdì richiama sia la tutela del patrimonio architettonico sia l’affollamento di sbandati sotto i porticati, sotto gli ingressi riparati dei condominii, sotto gli anfratti urbani ogni volta che la città è sferzata dalla pioggia. Succede in centro storico, succede anche a ridosso del centro storico con la polizia locale impegnata ieri mattina ad allontanare un senza tetto dall’ingresso di un’abitazione in corso Santi Felice e Fortunato. Succede in via Napoli, con gruppi di tossicodipendenti e senza dimora a iniettarsi droga indisturbati. Dall’opposizione l’ex sindaco Francesco Rucco ricorre al sarcasmo. «Ma il problema non era stato risolto? » , si chiede.
Barboni
Torna il problema dei senzatetto che dormono davanti a palazzi e condomini
"Possamai La condanna nei confronti di un gesto come questo è ferma e totale a prescindere dai danni provocati
Ieri mattina in cattedrale a Vicenza è andata in scena la rappresentazione di un mondo ideale, ben diverso dagli scenari di guerra internazionali odierni. Il contrasto è stato nella sua omelia durante la «Messa dei popoli» il vescovo Giuliano Brugnotto: «Oggi, tante etnie diverse stanno rendendo omaggio allo stesso Dio, in modo diverso ma in pace e armonia, mentre le tenebre stanno ancora avvolgendo la terra, come testimoniano i 25 giovani ucraini ospiti dell’Azione cattolica, accolti in questi primi giorni dell’anno da alcune famiglie». Ai ragazzi (che sono stati ricevuti dal vescovo prima della celebrazione), è stato attribuito dai fedeli un lunghissimo applauso. Loro hanno potuto assistere alla messa da una prospettiva inusuale, quella del presbiterio, dov’erano presenti anche i vicari episcopali e i cappellani dei 16 Centri di fede che accolgono la variegata comunità degli immigrati cattolici. Il duomo ieri mattina era colmo, come di rado si vede ai giorni nostri, nonostante la pioggia battente, l’ influenza e il Covid, di cui soffrono tante persone. La messa è stata curata dall’Ufficio diocesano per la Pastorale dei migranti, diretto da padre Sergio Durigon e, non a caso, il libretto liturgico preparato per l’occasione è stato titolato «Festa dei popoli». Perché di questo si è trattato, grazie ad una liturgia che ha lasciato spazio ai diversi modi che esistono nel mondo di rendere grazie a Dio: dal canto intervallato dal battito delle mani e dai cenni di danza della comunità ghanese, al composto Atto penitenziale della Comunità filippina, al Gloria accompagnato da un tamburo e dal flauto di pan dei fedeli dell’America Latina. Le liturgie della parola e le preghiere dei fedeli (in nove diverse lingue) sono state lette da esponenti dell’Africa anglofona e delle comunità romena, ucraina, francofona, latino-americana, italiana e srilankese. Alcune ragazze di questa comunità hanno aperto la processione dell’offertorio con una danza, accompagnate da piccoli bimbi vestiti come angioletti. Dopo gli anni del Covid che ne hanno limitato il potere espressivo, questa ennesima edizione, partecipata, variopinta e festosa, ha saputo rappresentare quell’unità dei popoli spesso invocata da Papa Francesco. Sue le riflessioni che hanno dato il titolo alla Festa: «Migranti: liberi di scegliere se migrare o restare». «Una libertà – ha ricordato il vescovo, citando il Papa – limitata dall’iniqua distribuzione dei beni che non garantisce il diritto di non migrare e da un Occidente in molti casi “predatore” di beni. Qui si viene a cercare una vita nuova: all’Italia e all’Europa, spetta il compito di fornire un’accoglienza strutturale e ordinata, come ha sottolineato alcuni giorni fa la presidente del consiglio Meloni».