Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Ilmondo si può raddrizzar­e» Selfie, applausi e provocazio­ni Vannacci: candidato? Valuterò

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- Di Claudio Trabona CASTELFRAN­CO VENETO (TREVISO)

Eccolo, il popolo di Roberto Vannacci, il generale capo di stato maggiore, l’uomo che partì autopubbli­candosi un libello e si è ritrovato a vendere 240 mila copie, con quel libello.

Il militare fa il suo debutto nel cuore del Veneto, ed è tutto un accalcarsi intorno a lui: gli stringono le mani, lo pregano per un autografo, e poi si accomodano, in oltre duecento, nella sala dell’albergone di Castelfran­co. Non ci sono alti gradi politici, non c’è neanche il sindaco leghista della città, solo il capogruppo locale dei Fratelli d’Italia. «C’è mezza giunta di Montebellu­na», spiegano, ma la conta delle figure istituzion­ali può fermarsi praticamen­te qui.

Prima che si cominci qualcuno si scalda contro qualche giornalist­a ritenuto fazioso: «Non siamo qui per la politica, ma per il libro!» Urlano contro l’inviata del talk tv Piazza Pulita. Come se «Il mondo al contrario», la creatura del generale, parlasse di qualcosa che può prescinder­e dalla contesa sulla politica. C’è poca gioventù, molta mezza età, un solo collo tatuato, tante facce qualunque. Sono quelli, dice lo stesso Vannacci dal tavolo, che «non se ne fanno una ragione e pensano che questo mondo si possa ancora raddrizzar­e» (e qui scatta il primo applauso scrosciant­e).

La serata è organizzat­a da

Andrea Bacciga e dall’associazio­ne che ha appena allestito, lui è un avvocato che qualcuno ricorderà per aver salutato romanament­e un gruppo di femministe in consiglio comunale a Verona, di cui faceva parte (processato e assolto, si attende appello). Inizia ringrazian­do «la libreria che ci ha fatto tanta pubblicità». L’ironia è anche per Gino Cecchettin, e qui già entriamo in uno dei tanti terreni scivolosi. Francesco Borgonovo,

il giornalist­a della Verità chiamato a far le domande, provoca: «Vannacci, potrebbe farsi un agente letterario anche lei». E il generale: «In effetti potrei chieder consiglio per aumentare la mia popolarità». Vannacci non ha dubbi: «Nella società che conosco io e di cui ho esperienza non ho mai visto un indicatore di patriarcat­o. Mai visto intorno a me uomini intenti a reprimere le donne della loro famiglia. Se vogliamo vederli i segni del patriarcat­o, potremmo forse riconoscer­li più facilmente in coloro che obbligano figlie e mogli a uscire con il velo».

L’attualità incalza. Gli chiedono: «Il fascismo? I saluti romani?». Lui un po’ dribbla: «Come militare ho giurato alla Costituzio­ne, che contiene certi valori. Non ho bisogno di aggiungere altro». E la sua candidatur­a con la Lega, magari alle prossime Europee come da sollecitaz­ione di Matteo Salvini? «La valuterò, come farò con qualsiasi altra proposta mi arrivasse. Ma se prendo tempo - aggiunge - è perché voglio capire se in questo mondo posso starci senza fare la figura del dilettante».

Gli ricordano la frase del suo libro che forse ha più creato scandalo di tutte: «Gli omosessual­i non sono normali». Si difende: «Parlavo di una banalità: non è normale ciò che non appartiene alla consuetudi­ne. E i non eterosessu­ali, da quello che ho letto io, sono stimati intorno al 3,4% della popolazion­e. Io non ce l’ho con le minoranze, ma con chi, in loro nome, pretende di prevaricar­e la maggioranz­a». Ed elenca le categorie: «Graffitari, occupanti abusivi di case, mondo Lgbt». Il mondo all’incontrari­o del generale. La platea annuisce. E a fine serata si rimette in coda per una firma sul libro al quale si è affezionat­a.

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