Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Chiarello, leindaginicontinuano donBruno: veritàarduadatrovare
Il giallo diNogarole, 45 anni fa la sparizione. Oggi la fiaccolata per non dimenticare
Non sembra esserci modo di sbrogliare il mistero. Sono passati 45 anni da quel 10 gennaio 1979, un mercoledì come oggi, l’ultimo giorno in cui Nadia Chiarello è stata vista in vita. Quella sera, terminato il turno di lavoro alla conceria Italia ad Arso di Chiampo, dove lavorava da qualche mese come segretaria, la diciassettenne di Nogarole sparì nel nulla, per poi venire ritrovata morta nove giorni dopo nelle vicinanze dell’azienda, adagiata su una buca coperta dalla neve. Nonostante i familiari abbiano sempre sostenuto che la ragazza sia stata uccisa volontariamente, dopo qualche mese il caso venne archiviato assieme a una denuncia contro ignoti per omicidio colposo per incidente stradale.
Chiara Parolin, legale della famiglia Chiarello, ha esaminato le carte del 1979, quando le indagini si erano concentrate prima su un presunto fidanzato della diciassettenne, pista rivelatasi però inconsistente, e poi sulla ricerca di un’auto con eventuali segni di ammaccatura, anche in questo caso senza risultati. «Ho potuto visionare i verbali delle denunce sporte dal padre di Nadia - spiega Parolin -, mentre fra gli atti non risulta alcun interrogatorio, nemmeno quello del presunto fidanzato. Dalle relazioni del brigadiere che aveva seguito le indagini non emerge sostanzialmente nulla, mentre il medico legale ipotizza che, in base alla morte per trauma cranico, possa essere stata investita » . La mancanza di una verità giudiassieme al continuo chiacchiericcio e mormorio nella Valle del Chiampo, ha spinto la sorella Barbara a chiedere giustizia sui giornali e in tv, e nel novembre del 2021, a quasi 43 anni dai fatti, la procura di Vicenza ha annunciato la riapertura delle indagini. Da allora bocche cucite in via Gallo, anche se qualche notizia è arrivata dall’avvocato Parolin. A suo dire sarebbero state prese in esame due missive anonime, inviate alla famiglia e costituite da alcuni ritagli di giornali, oltre alla registrazione di un testimone dell’epoca. Inoltre, sarebbero stati interrogati alcuni protagonisti di allora, in primis gli ex lavoratori della conceria, i quali avrebbero manifestato però una forte reticenza. Tra coloro che sono stati sentiti dai militari di recente c’è anche don Bruno Sette, 88 anni, all’epoca dei fatti parroco di Nogarole. In quei terribili giorni, il sacerdote fu una delle persone più vicine alla famiglia di Nadia e, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo, aveva dichiarato ai giornalisti che probabilmente la giovane doveva «difendersi da qualcosa più grande di lei». Oggi don Bruno vive all’interno della canonica di Lobia di Persegara, nel Padovano, e si dice pessimista riguardo alle nuove indagini. «Sono più di quarant’anni che dico le cose a carabinieri, familiari e giornalisti, e non ho nulla di nuovo da aggiungere - le parole del prete -. Per quanto riguarda la ricerca della verità, temo che anche questa volta sia una presa in giro, anche se spero che si vada fino in fondo».
A credere fortemente nella risoluzione del caso è la famiglia Chiarello che per la prima volta, grazie all’aiuto dell’associazione Penelope Veneto Onlus, ha organizzato una manifestazione (la prima da 45 anni) per questa sera ad Arso, con partenza alle 19,30 dal piazzale di via Castiglione e l’arrivo nel luogo dove venne ritrovato il corpo senza vita della ragazza, alla quale sono attese parecchie persone. Fra i partecipanti anche l’attuale sindaco di Nogarole, Romina Bauce, che nonostante sia nata un anno dopo la scomparsa di Nadia ha un legame particolare con la vicenda: quella sera del ‘79 il padre Mario, vicino di casa dei Chiarello che lavorava a San Pietro Mussolino, avrebbe dovuto accompagnare a casa la ragazza, non trovandola però nel punto dove era solito aspettarlo.