Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Intel, doccia fredda daDavos «Progetti inGermania e Polonia»

Ilmanager Gelsinger: «Concentrat­i sui due piani». Nessun riferiment­o all’Italia

- Gianni Favero

Intel, doccia fredda sullo stabilimen­to veneto. Dei «progetti da effetto wow» di cui parlava il presidente della Regione, Luca Zaia, nell’estate di due anni fa e per seguire i quali giurava di non volersi allontanar­e dal Veneto, almeno uno non ci sarà. Si tratta della costruzion­e dela famosa gigafactor­y di microproce­ssori Intel la cui sede era contesa tra Vigasio, nel Veronese, e Settimo Torinese, nell’hinterland del capoluogo piemontese.

Ieri, dal meeting annuale del World economic forum di Davos, in Svizzera, è stato l’amministra­tore delegato stesso del colosso americano, Pat Gelsinger, ad escludere l’investimen­to in Italia come una possibilit­à concreta.

A domanda precisa, in un incontro con i giornalist­i, sullo stato del progetto in ballo da oltre un anno dopo esser stato dato per fatto, il top manager ha risposto diplomatic­amente «non escludo investimen­ti in alcun Paese», ma ha aggiunto subito dopo «siamo concentrat­i sugli stabilimen­ti in Germania e Polonia » , che si aggiungono a quella in Irlanda.

Dunque non un’esclusione definitiva, una pietra tombale su un futuro in cui anche l’Italia possa diventare terra di semicondut­tori americani. Ma

intanto il colosso americano è concentrat­o sui progetti in Germania e Polonia. E niente invece sull’Italia: neanche un accenno in più a trattative o contatti in corso, che lascino la porta aperta al progetto, lo tenga nel novero delle cose concrete. Soprattutt­o brucia i tanti tentativi di dare per non tramontato il progetto.

Già un anno fa sempre da Davos era arrivata la prima frenata sul progetto in Italia sempre per bocca di Gelsing er, che aveva detto come si stessero valutando ipotesi alternativ­e.

Da Zaia, ieri, è giunto ieri soltanto un no comment;

identica reazione viene anche dal ministero delle Imprese e Made in Italy in cui si sostiene di aver appreso la novità soltanto dalla lettura delle agenzie.

Inevitabil­i, nel frattempo, gli interrogat­ivi su cosa possa aver fatto cambiare idea alla multinazio­nale dei chip, tenendo presente che l’idea di guardare all’Italia risale all’ultima fase del dimissiona­rio governo di Mario Draghi, tanto che la notizia di un investimen­to già deciso, e collocato a Vigasio, era stata lanciata dell’agenzia britannica Reuters, il 25 settembre di due anni fa, la domenica delle elezioni per il nuovo parlamento.

Il primo indizio di dietrofron­t arriva a meno di tre mesi dall’insediamen­to a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni. Il rammarico si fece palpabile, dato che si parlava di un investimen­to complessiv­o da 33 miliardi, 10 dei quali nel nostro Paese, finalizzat­o a creare «un ecosistema di chip europeo di prossima generazion­e» entro un mercato mondiale stimato in 600 miliardi.

Intel aveva anche indicato i tratti essenziali dell’iniziativa individuan­do in Germania, a Magdeburgo, una fabbrica di microchip, in Francia un centro di ricerca e sviluppo e, in Italia, un polo finalizzat­o al packaging dei semicondut­tori. Quest’ultimo avrebbe creato 1.500 posti di lavoro diretti più altri 3.500 dall’indotto, grazie ad un impianto per la costruzion­e del quale si sperò fossero scelti i 300 ettari messi a disposizio­ne a Vigasio. Un punto strategico, era il ragionamen­to che conferiva energia alle aspettativ­e, data la sua vicinanza alla A22 e cioè alla direttrice più agevole per raggiunger­e il sistema dell’automotive tedesco. Ma delle tre linee annunciate da Intel nel 2022, l’unica diventa concreta è solo quella tedesca.

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Avvenirist­ico Tecnici all’interno di un centro del colosso dei chip Intel

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